L’abito non fa il monaco. È proprio il caso di dirlo quando si parla della colomba pasquale: l’impasto è quello del panettone classico, la forma è diversa, ma al netto di farciture come canditi e uvetta, il dolce è simile. Almeno per l’industria dolciaria, almeno da quel 1934 quando Dino Villani, capo della pubblicità dell’azienda Motta, ebbe l’intuizione geniale che lo ha portato fino ai nostri giorni.
La colomba è riuscita a “monopolizzare” la Pasqua di tutto il nostro paese prendendo il sopravvento rispetto a torte pasqualine, fugasse e pastiere. Nel 1934, come racconta lo storico Alberto Grandi, «Villani ebbe l’idea di sfruttare i macchinari delle officine dolciarie di Milano che rallentavano dopo il super lavoro natalizio per produrre il panettone ed ebbe l’idea di usare lo stesso impasto del panettone per realizzare un dolce molto simile come sapore, ma con la forma della colomba». Lo scopo era di non lasciare il comparto produttivo a casa spegnendo totalmente i macchinari, e avere una fonte redditizia anche in altri periodi dell’anno.
Di lì a poco tante altre aziende dolciarie provarono a replicare l’esperimento e a prolungare la permanenza sugli scaffali del panettone anche nei mesi successivi al Natale. «Nel primo Carosello della storia del 3 febbraio 1957 compare la pubblicità di Alemagna che in febbraio pubblicizzava il panettone, l’idea era quella di allungare la vita al prodotto e svincolarla dal Natale». A Milano il panettone si mangiava anche a febbraio, il 3 del mese, giorno dedicato a San Biagio. Tradizione vuole che una contadina, dopo aver dimenticato il dolce in parrocchia poco prima di Natale, andò a riprenderlo proprio il 3 febbraio. Con sorpresa scoprì che era rimasto integro. Il parroco pensò fosse stato merito di San Biagio.
Ma cosa c’era prima della colomba? «C’era la torta pasqualina, a Napoli la pastiera, tutte preparazioni tradizionali legate al consumo della uova», spiega Grandi. L’uovo infatti è il simbolo della rinascita, della nuova vita, un simbolismo legato dunque alla resurrezione di Gesù Cristo come racconta il Vangelo. I testi sacri cristiani hanno influenzato molto la tradizione a tavola nel periodo di Pasqua, e non solo. Come si racconta in una puntata del podcast DOI – Denominazione di origine inventata di Grandi e Daniele Soffiati, «pane azzimo, agnello, erbe amare sono citati nell’ antico testamento» in relazione all’esodo degli ebrei dall’Egitto, la parola pasqua deriva dal greco páskha, dall’ebraico pesa, che significa passaggio. E di agnelli ed erbe per preparare delle torte o schiacciate, se ne consumano ancora oggi in Italia, soprattutto nel preparare le leccornie di Pasqua.
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