Festa di popolo e pure pagina dolorosa di un popolo che si combatte, dopo vent’anni di regime, antifascisti contro fascisti: il 25 aprile del 1945 è la data simbolo, ma è dall’estate del ’43 che l’Italia comincia ad essere liberata, pezzo a pezzo, con l’armistizio, l’arrivo degli Alleati in Sicilia, la risalita della Penisola, la lotta partigiana che si concentra più a Nord. Alle 8 del mattino del 25 aprile 1945 uno dei capi del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, Sandro Pertini, ai microfoni di Radio Milano Liberata proclama l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. Quel giorno stesso Milano viene liberata dai partigiani; ancora qualche giorno e arrivano le truppe degli Alleati.
Un anziano legge il giornale nel giorno della Liberazione
L’avanzata dei soldati – soprattutto di quelli statunitensi – è fissa nella memoria delle popolazioni che li incontrano soprattutto al ricordo dell’opulenza e della facilità con la quale distribuivano cibi sconosciuti per un paese in guerra, che si nutriva di patate, pane nero, polenta, riso, cipolle, verdure.
Classe 1933, Ennio Nozza la guerra la vede con gli occhi di un bambino e da anziano ha deciso di rievocare le sue memorie per i nipoti. Il suo diario dei giorni della Liberazione di Milano è conservato all’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, una vera e propria istituzione della memoria, ed è stato incluso nel libro Liberazione Quotidiana, di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi che è uscito il 15 aprile in libreria, edito da Succedeoggi Libri.
Ecco uno stralcio del racconto della festa rappresentata dall’arrivo degli americani, che con i loro camion si fermavano a distribuire generi alimentari al centro delle piazze. I ragazzi, impressionati dalla fisicità e dai sorrisi smaglianti dei soldati afroamericani, entrano in contatto per la prima volta con gomme da masticare, sigarette e con una bevanda sconosciuta. Così scrive Nozza: «Stava bevendo direttamente dalla bottiglia che teneva in mano. Lo guardai incuriosito, scese dal camion e si avvicinò a me. Gli arrivavo sì e no poco più su della cintola. Allungò la sua manona nella cabina del camion e prese una bottiglia simile a quella che stava bevendo. Fece saltare il tappo metallico che la chiudeva e me la offerse facendo il gesto di bere. La presi, mi sentivo a disagio. Il contenuto era un liquido scuro e dalle bollicine che faceva mi sembrava molto gasato. Mi invitò con un simpatico sorriso a bere. Più per cortesia che per gola ingurgitai un sorso di quella roba. Buona, ma accidenti, se era gasata. Mi ritornarono le bollicine su per il naso pizzicando fino a farmi piangere gli occhi. Sempre ridendo il soldato americano mi fece capire a gesti che dovevo bere piano piano e ci riprovai. Veramente buona, quella bibita mi piaceva, aveva un sapore che non conoscevo. Molto più dolce e saporita della nostra gazzosa. Gli risposi con un sorriso e lo ringraziai, avevo bevuto per la prima volta la Coca Cola».
Genova, Italia. La città appena liberata
Dal sito dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci traiamo invece il prezioso racconto di Francesco M. Falli, che ricostruisce cosa accadde a suo padre Luigi, bambino a Vicchio, piccolo paese del Mugello, quando arrivarono gli Alleati della la V° Armata, nell’estate del 1944. «La sera stessa del loro arrivo i bambini vennero tutti invitati a una specie di festa, nella villa dove ora era il Comando delle truppe Alleate; e la cioccolata che avevano conosciuto solo in forma solida pochissime ore prima, era adesso offerta in forma…liquida; vasche di cioccolata; bottiglie di cioccolata, contenitori pieni di cioccolata data a tutto il paese!…. I bambini impazzirono, ne bevvero dei litri a testa, e la sera il medico condotto del paese e i medici delle truppe Alleate ebbero il loro daffare non per ferite belliche, ma per i mal di pancia che avevano colpito i bambini, e non solo, di Vicchio. Poi nei giorni seguenti la situazione migliorò nettamente, anche per la parte del vitto e della logistica; e questi contadini toscani entrarono in contatto, dice mio padre, con un mondo mai visto, quello della opulenza USA; lui ricordava una specie di sedia da dentista che sistemò, con appunto un militare dentista, la bocca a diversi abitanti; poi citava camion giganteschi con otto ruote, mai visti prima; ed i chewing gum che venivano distribuiti in quantità incredibili, da tutti».
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