È giusto aspettarsi dai ristoratori o dagli chef un qualsivoglia ruolo sociale? Lo abbiamo chiesto a Matias Perdomo, chef e proprietario di Contraste a Milano. «L’unico compito sociale che mi posso assumere è quello di far tornare i giovani ad amare questo mestiere».
«Blocchiamo il lusso», hanno scritto gli attivisti di Ultima Generazione in occasione del primo blitz al ristorante di Cracco, denunciando il costo di un pranzo per due nel ristorante stellato. «Mentre quasi due terzi degli italiani faticano ad arrivare a fine mese, c’è chi vive il privilegio di non dover scegliere tra un risotto d’autore e i pasti di un mese», hanno scritto nel comunicato. Ma il lusso si può bloccare? Ed è corretto aspettarsi dai ristoratori o dagli chef un qualsivoglia ruolo sociale? Domande che ci siamo posti allo specchio – chi fa il nostro lavoro, che sia critico o giornalista gastronomico, a meno di non essere per nulla empatico si sarà sentito almeno una volta preda della vacuità di alcuni argomenti che stava per andare a trattare – domande che avremmo voluto porre al diretto interessato ma che, comprensibilmente, non ha voluto rilasciare interviste sul tema. Domande che probabilmente rimaranno senza risposte certe anche se il nocciolo della questione l’ha centrato Matias Perdomo, chef e proprietario di Contraste a Milano e di Roc (Rosticceria Origine Contraste), servizio delivery che può contare sui fornitori e gli operatori del ristorante e su un laboratorio di 250 mq grazie al quale il team è ben attrezzato pure per i catering.
«Oggi il vero lusso è rappresentato dalla cultura e dalla consapevolezza, bisogna prendersi il lusso di andare in profondità nelle cose, oggi non siamo più abituati ad andare in profondità, degli articoli leggiamo solo il titolo e spesso persone e luoghi vengono etichettati dopo una diagnosi superficiale». Lo chef uruguayano fa esplicito riferimento al collega veneto, preso come “simbolo del fine dining come simbolo del lusso come simbolo dell’inaccessibile”, scrive Andrea Cuomo in un articolo che spiega bene quanto sia sbagliata la lotta di classe che usa il cibo. «Di fronte o vicino al Ristorante Cracco ci sono Dior, Prada, Louis Vuitton, è davvero strano che l’unico imputato sia Cracco. Gli attivisti di Ultima Generazione si sarebbero dovuti prendere la briga di informarsi, di andare in profondità, avrebbero compreso quanto il “giusto prezzo” del risotto di Cracco non contempla solo il costo delle materie prime, che comunque hanno un costo se pensiamo alla selezione che c’è a monte», commenta Perdomo. «Un ristorante gourmet non può essere paragonato allo street food, sono due esperienze diverse. Così come sono due esperienze differenti andare al Teatro alla Scala a vedere l’Opera seduti in galleria o in platea. Temo che se andasse di moda l’Opera, se si iniziassero a fare dei reality in tema, ci sarebbero aspre critiche pure su questo. Tornando a Cracco, è una persona che lavora da 40 anni, non è mai stato uno polemico, ha sempre rischiato in nome della cultura. Perché, è sempre utile sottolinearlo, la gastronomia è cultura».
Uno degli appelli di Ultima Generazione a Cracco è di offrire un pasto gratuito ogni giovedì ai meno abbienti, gli chef devono avere un obbligo sociale? «Ogni giorno passo di fronte a una delle sedi di Pane Quotidiano (associazione laica, apartitica e senza scopo di lucro con l’obiettivo di assicurare cibo ogni giorno gratuitamente alle fasce più povere della popolazione, ndr) e la fila fuori è sempre più lunga, mette angoscia. Cosa posso fare io? Nel mio piccolo cerco di avere un’azienda economicamente e socialmente sostenibile, pagando il giusto i fornitori e i nostri 34 collaboratori. Cercando di consentire loro un equilibrio tra vita privata e lavoro, da qui la decisione di aprire solo la sera (tranne il weekend) per permettere a tutti di avere due giorni e mezzo di riposo a settimana. Non salvi il mondo ma fai star bene il tuo intorno, contagiando attraverso un modello sostenibile in una società che non lascia il tempo per una crescita personale e in una realtà che non aiuta affatto, tra affitti alle stelle, costi lievitati e politici che spesso ci vedono come nemici», aggiunge Perdomo, che tornando alla domanda conclude: «Forse l’unico compito sociale che mi posso assumere è quello di far tornare i giovani ad amare questo mestiere».
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