Si chiama Quisimangia, il primo punto ristoro di casa Mutti, azienda parmigiana specializzata nella lavorazione delle conserve di pomodoro, luminoso esempio di quell’imprenditorialità familiare di marca tipicamente italiana, in cui la vita aziendale è strettamente connessa a quella personale. Uno spazio uno e bino: di giorno mensa aziendale per i dipendenti dell’headquarter di Montechiarugolo, di sera (ma solo in un secondo momento) ristorante aperto al pubblico, per generare un «ulteriore indotto economico per il territorio confermando Parma come meta gastronomica d’eccellenza all’interno della Food Valley».
L’idea di base è di declinare i valori fondanti dell’azienda anche nel punto ristoro: «qualità e sostenibilità» dicono da Mutti, «dove vedere realizzata la nostra visione di un mondo in cui il benessere e la sostenibilità ambientale sono due facce della stessa medaglia». Ecco allora che per occuparsi della parte più propriamente ristorativa, chiamano un nome di peso come quello di Da Vittorio a Brusaporto, è infatti VCook, il ramo della famiglia Cerea dedicato al catering, a gestire la cucina.
Carlo Ratti, Francesco Mutti, Bobo Cerea.
Per quanto riguarda la sostenibilità, quella è percepibile sin dal progetto architettonico: scarti di pomodoro usati nella resina dei pavimenti interni, nuove tecnologie di controllo ambientale. Lo firma lo studio Carlo Ratti, lo stesso che ha creato la casa di Francesco Ratti, figlio di Marcello (patron dell’azienda, scomparso l’11 ottobre), dal 1994 amministratore delegato di Mutti. Non una casa qualsiasi, ma un edificio realizzato in collaborazione con Italo Rota in una ex fattoria trasformata in abitazione e costruita intorno a un albero, chiamata The Greenary. Come già in quel progetto, l’obiettivo è integrare spazi naturali e ambienti artificiali, per creare uno spazio a misura degli uomini che lo vivranno. «Siamo partiti da un gesto piuttosto semplice e primordiale: ricavare terra dalla terra, alzando una zolla per costruire un nuovo spazio» spiega l’architetto «abbiamo pensato a uno spazio dinamico e aperto, in cui le persone non sono solo sotto la zolla e immersi nel verde, ma anche in un luogo in cui incontrarsi».
Tutt’intorno, su una superficie di più di un ettaro, un giardino dedicato a piante locali e prodotti di origine regionale, curato dall’architetto paesaggista Paolo Pejrone. Tutto ancora da scoprire, invece, per quanto riguarda la proposta gastronomica: «saranno studiati menu completi ed equilibrati per i dipendenti, che potranno portare a casa quel che no consumano sul posto». Anche questo significa sostenibilità.
Foto Carra Parma
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