
Da chef di una metropoli internazionale di oltre 14 milioni di abitanti a cuoco in un paesino sperduto di poco più di duemila anime. Non è la sceneggiatura dell’ennesima serie tv sulle avventure di un affermato chef stellato (ma il protagonista è anche questo) convertito ai valori della sana vita di provincia italiana, eppure qualche ingrediente in tal senso lo troveremo pure qui. Giacché Antonio Iacoviello, 40 anni di Benevento, è stato per quattro anni l’Head Chef di Gucci Osteria da Massimo Bottura di Tokyo, ristorante che ha conquistato la stella Michelin dopo pochi mesi dall’apertura. Da qui, oggi, il suo approdo a Gaiole in Chianti (SI), dove diventa il nuovo chef non già, però, di un piccolo bistrot, ma di quel ristorante gastronomico che è Il Pievano all’interno di un gioiello come il Castello di Spaltenna, resort di lusso nel Chianti Classico illuminato ormai da anni dal firmamento stellato (Michelin): prima con Vincenzo Guarino poi con Stelios Sakalis. Insomma, lo stacco con cui comincia la nostra storia non potrebbe esser più brusco: dalla vita frenetica di una delle capitali mondiali all’approdo in quella Toscana da cartolina che tutto il mondo ci invidia e che guarda come esempio di Dolce Vita.
Il nostro cuoco giramondo Antonio Iacoviello ha un pedigree professionale di tutto rispetto, vantando nel curriculum esperienze con chef del calibro di Alain Ducasse, René Redzepi, Alfonso Iaccarino, Paolo Barrale e Peppe Aversa. E certo quel mondo che oggi lascia alle spalle ha tutte le caratteristiche dei cliché di una vita intensa se non impossibile: sveglia ogni mattina alle 4.30 per recarsi ancora assonnato al famoso mercato del pesce di Toyosu così da accordarsi con i pescatori. Alle 7.30 – 8 l’arrivo puntuale al ristorante: l’avvio delle preparazioni fino alle 15 con l’inizio dei meeting insieme ai vari responsabili. Un breve stacco per ricominciare alle 17 (e fino alle 22): «Sono stati anni intensissimi – dichiara – e Tokyo non è una metropoli: è un frullatore. Se non stai al passo ti getta subito fuori».
E quanto alla vita nella ben più placida Toscana? Antonio rientra a novembre in Italia e approda da qualche mese in Chianti così da cominciare a riunire la brigata in vista della riapertura del ristorante fissata il 18 aprile (il 25 aprile invece per gli ospiti esterni). Qui il contrasto che lo attende non potrebbe essere più stridente: a partire da una sveglia ben più umana («sempre presto – ci dice – ma mai prima delle sette»), al rito del caffè nel bar del paese («un’istituzione solo italiana» puntualizza), la corsa per tenersi allenato tra paesaggi da cartolina e poi certo l’incontro con i fornitori che sin dall’inizio mostrano tutta la differenza: «Sono loro a portarmi i prodotti, invitandomi a visitare le aziende – prosegue chef Antonio – mi raccontano degli animali e del loro benessere. Quel che ho percepito da subito è un ritmo più lento e rilassato. Qui sto trovando la serenità».
Ed è così che con l’inizio dell’avventura al Castello di Spaltenna una pagina della vita di Antonio si volta definitivamente: «Ciò che lascio e che senza dubbio mi mancherà – dice – è quella suddivisione del Giappone non già in quattro stagioni bensì addirittura in 72. Quelle che cercavo d’inseguire senza mai riuscirci: perché ad esempio c’è un’erbetta o un ortaggio che dopo soli due giorni di vita non è più disponibile fino all’anno successivo. Ed è così per tutto: i carciofi ci sono, ovviamente, ma magari per 10 o 15 giorni e poi basta perché il loro momento sarà concluso. C’è persino una stagione per le merendine al supermercato. In Giappone la fragola è a gennaio e quella merendina alla fragola non la troveremo ancora a giugno».
Ciò che il campano Iacoviello si attende dal rientro in Italia è un impagabile e agognato centro di gravità: a cominciare dalla nuova vita toscana: «Una vita a misura d’uomo che per me resta l’ideale – sostiene lo chef -. L’esperienza in Giappone è stata bellissima, ma sapevo che avrebbe avuto un inizio e una fine. Qui in Toscana avverto già fortissimo quel legame con le tradizioni che altro non è che la vicinanza a una cucina povera, di origine contadina da cui si cerca di trarre il massimo da ciò che si ha».
Tre percorsi degustazione caratterizzeranno l’offerta pensata da Iacoviello per il Pievano: uno interamente vegetale (che si chiamerà “Sempreverde” con protagonisti molti dei vegetali coltivati nell’orto del Castello), un altro – all’opposto – dedicato alla carne (dall’audace promessa contenuta già nel titolo: “Un amore carnale”), infine quel “Ricomincio da tre” dedicato tanto al film di Troisi ma anche a un’esperienza in stile “omakase“, che in giapponese significa “mi affido a te” e che racconterà le avventure e i percorsi intrapresi dallo chef.
La sfida toscana di questo chef dai vasti orizzonti si affida a poche ma nitide linee guida che così Antonio Iacoviello sintetizza: «In tavola ci sarà tanta Toscana, ma combinata a tecniche giapponesi. E poi certo anche la mia terra con i suoi pomodori e la mozzarella. La griglia giapponese, robata, sarà al centro del mio modo di fare cucina: perché sulla brace cuocerò tanto la pasta che l’anatra, il galletto e la triglia. Delle tecniche giapponesi amo la precisione e il rispetto nel manipolare l’ingrediente. Ma anche le cotture che mai saranno invasive. Qui in Toscana voglio lasciare un’impronta: la mia, cui tengo molto».
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