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Dove mangiare

La piccola taverna nascosta nel centro storico di Napoli dove si mangia una buona cucina tradizionale

Nives Monda ha aperto Taverna di Santa Chiara nel 2014 dopo aver lasciato il suo lavoro da revisore di conti. Ecco cosa si mangia

  • 12 Aprile, 2025

Nives Monda sembra una creatura aliena, arrivata da un altro pianeta, perché è assolutamente distante da ogni convenzione, tenendo anche conto che, pur essendo una ristoratrice, l’ultimo dei suoi obbiettivi è il guadagno. I soldi non le interessano, la sua Taverna a Santa Chiara è soprattutto un impegno sociale, l’attività che da sempre nella vita la assorbe in maniera totalitaria. Ha grande passione per il cibo e per la zona antichissima di Napoli. Così da revisore dei conti, nel 2014 lascia tutto e decide di cambiare vita rilevando un piccolo ristorante. Trentotto posti su due piani. Sull’insegna c’è scritto “eretici, folli, santi”, eretici perché distanti dalla fede cattolica, seppure impegnatissimi nel sostenere i poveri e quanti hanno bisogno di aiuto, sia nel quartiere, che altrove, ovunque. Folli per il fatto che fare ristorazione in questo vicolo un po’ abbandonato è un’impresa molto difficile. Santi in quanto nella taverna una volta alla settimana si ospitano le persone che non possono permettersi di andare al ristorante. Siamo proprio di fronte la bellissima basilica di Santa Chiara, famosa in tutto il mondo, e ormai è cosa nota che qui si mangi molto bene.

Cosa si mangia da Taverna di Santa Chiara

Cucina napoletana improntata sul principio di creare una rete virtuosa con i contadini della Campania, quelli che lavorano curandosi della biodiversità del proprio territorio e nel rispetto dell’ambiente. Scopriamo così che è grande ed estesa la comunità di agricoltori, pastori, casari entrati a fare parte della famiglia della taverna. Entriamo pure con fiducia, non saremo delusi, la cucina profuma di buono e di pulito: possiamo gustare minestre della tradizione napoletana, così come le paste da grani antichi coltivati nel beneventano.

Ogni prodotto nel menu porta il nome e cognome del suo produttore. E allora ecco l’ottima zuppa di scarole e fagioli dente di morto di Acerra, il riso con la verza, la pasta e piselli Centogiorni del Vesuvio, gli imperdibili ziti alla genovese. Non manca mai il baccalà fritto, che sa tanto di osteria partenopea, il ragù, le polpette al sugo, la carne alla pizzaiola, le alicelle fritte. Il tagliere di salumi e formaggi mette insieme sempre prodotti diversi, ricercati con cura tra i piccoli artigiani del settore.

Una taverna rinata diverse volte

Con Nives lavora lo chef e socio Potito Izzo, in piena sintonia sia in cucina che nella conduzione del progetto. La sala al piano superiore è illuminata da un balconcino che affaccia all’interno di Santa Chiara, l’alto campanile sembra di toccarlo con le mani, e anche questa si rivela un’esperienza esclusiva. La taverna è rinata più volte, ha alle spalle almeno 40 anni prima che subentrasse Nives.

Ma c’è una delle sue storie di rinascita che è particolarmente toccante. In seguito alle restrizioni del periodo Covid, i conti non tornavano, fino a svuotare le casse e a portare alla disperazione i due proprietari. Come ultima spiaggia, a Nives salta in mente di provare a lanciare una campagna di crowdfounding e pubblica un video dove parla sinceramente di quello che sta accadendo al suo locale. In tantissimi si sono ricordati di quanto fosse generosa e solidale e, in appena due giorni, è riuscita a recuperare la cifra necessaria per risolvere debiti e pagamenti vari.

I soldi continuavano ad arrivare e il suo forte senso di comunità l’ha spinta a portare avanti una sorta di “economia a sostegno del vicolo“, una vera e propria battaglia per contrastare la chiusura delle botteghe del centro. Tutt’oggi un impegno sentitissimo in quanto il turismo di massa sta spazzando via le piccole botteghe e Nives cerca in tutti i modi di mantenerle vive e unite.

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