A un certo punto, verso la fine della cena, giusto prima del dolce, al tavolo del Nostrano di Pesaro qualcuno ti porta un album con disegni da colorare, strappa un foglio e te lo porge, assieme a una scatola di pennarelli di tutti i colori. Il disegno raffigura una scena da spiaggia, nel nostro caso una serie di teli distesi sulla sabbia da riempire di bagnanti a piacere. All’inizio noi siamo stati timidi, poi non avremmo smesso più e quando è arrivato il dessert, ad attendere il quale serviva il passatempo, abbiamo terminato con dispiacere. Certamente accade a quasi tutti.
Questa scena riassume lo spirito di un pasto nel ristorante che in dieci anni Stefano Ciotti da Riccione ha condotto alla stella Michelin e al punteggio di 85 nella Guida Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso. Ciotti non è un ragazzino, è classe 1973, ha superato di più di un’incollatura il mezzo secolo, ma ha voglia di divertirsi. E di conseguenza di divertire. Il suo ristorante al centro di Pesaro, davanti al mare e vicino alla Sfera Grande di Arnaldo Pomodoro, simbolo moderno della città marchigiana, è tra i più piacevoli tra quelli – tanti – che ci è capitato di visitare nell’ultimo anno. Ciotti mette in conto l’errore, l’imperfezione (il profilo Instagram del ristorante contiene diverse immagini sbagliate, sfocate, sovraesposte di piatti) come strumento espressivo di uno stato d’animo che non è mai stirato con l’appretto ma ricco di piegoline a volte invisibili nelle quali si annida l’essenza di uno stato d’animo, sempre e comunque a colori.
Lo chef Stefano Ciotti, 51 anni
Nostrano è l’ennesima dimostrazione di come le Marche siano una delle regioni più vivaci gastronomicamente d’Italia, con le punte rappresentate da Mauro Uliassi e Moreno Cedroni, quelli del derby di Senigallia, da Davide Di Fabio alla Gioconda di Gabicce Monte, da Errico Recanati di Andreina a Loreto e da Richard Abou Zaki di Retroscena a Porto San Giorgio. Le Marche si beano della loro lontananza da molto se non da tutto, che trasforma inevitabilmente le tavole interessanti in destinazioni, ciò che dona agli chef libertà e forse un pizzico di incoscienza. Ciotti ha aperto Nostrano quasi dieci anni fa, nel luglio del 2015 (seguirà festone), dopo numerose esperienze in giro per l’Italia, e lo ha lentamente trasformato nel luogo che voleva che fosse: un ristorante accogliente e luminoso, in cui il mare allaga le sale dalle grandi vetrate ma non viene evocato da oggetti oleografici. Del resto Ciotti è consapevole che questa è una terra di contadini almeno quanto di pescatori e che si è sempre sfamata non soltanto con brodetti e spaghetti alle vongole.
Il Colombaccio
Malgrado questo il suo menu principale si chiama Una Giornata al Mare scherza con molti dei luoghi comuni dell’atmosfera balneare, che per lui romagnolo di spiaggia è una memoria personale. Nel suo menu si trovano il Pomodoro gratin del XXI secolo, che attualizza un contorno classico da gita al mare rivisitato con pane croccante ricoperto di olio ghiacciato di aglio orsino, un Cucciolone farcito con crema di foie gras affumicato e un gelato di passito di Verdicchio con delle gocce di balsamico tradizionale, uno Spritz di mare realizzato con un bitter di mare che Ciotti ha creato con il bartender Oscar Quagliarini, il Croccantino finale che mima un gelato con pralinato, arachidi salate e caramellate e amarena di Candiano, solo con yogurt di pecora.
Piselli e acetosa
Poi certo ci sono piatti che non si limitano a canticchiare una hit estiva degli anni Ottanta. C’è una buona Ostrica di primavera, una Gillardeau condita con sugo di ostriche, aglio, olio e peperoncino e un po’ di miso, accomodata su un sorbetto di shiso, basilico e mela verde, fragole e scalogno sottaceto piccante. Ci sono dei Piselli con acetosa e un rimarchevole squacquerone tenuto per tre settimane in un vaso con del koji di riso (il risultato porta molto lontano dall’idea di Mirabilandia che potrebbe dare). C’è l’Agnello tonnato, in cui l’ovino stagionare sotto sale e in frigo prendendo una consistenza quasi da salume, e il pesce rinuncia a fare da protagonista accontentandosi di fare da condimento. Ci sono i Bottoni di triglia e foie gras con sopra i paccasassi, erba spontanea tipica del Conero, e i Maccheroncini di Campofilone in potacchio con cedro e alghe. C’è il Colombaccio marinato nel koji servito con bernese al whisky, fichi verdi canditi e cime di rapa e uno Spiedino di pelle di faraona cotto al barbecue.
La carta dei vini paga pegno al territorio ma “con juicio”, ed è curata dal bravo Ion Chelici. Ci sono anche succhi ed estratti ad alternarsi ai calici di vino. L’ambiente è elegante e un po’ modernista, tavoli in marmo rosa senza tovaglia, sedute di design, ampie vetrate. Il menu Una Giornata al Mare costa 120, ci sono altri due percorsi di classici (sei portate 100 euro, quattro 75) e una carta allargata.
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