Fuori la plastica mono uso, dentro le piante di plastica. Sembra una supercazzola, direbbe un certo conte Mascetti nella Firenze di Mario Monicelli e invece è la realtà: esce dai ristoranti sotto forma di utensili e contenitori, rientra nella veste di piante. Una contraddizione, peraltro altamente simbolica, che contamina ormai in maniera dilagante gli arredi dei nuovi locali. Piante di plastica? «Sì, perché sennò poi chi le innaffia! Oppure, sono troppo alte, non ci arriviamo a mantenerle e poi si rovinano». Queste le due risposte più comuni che si ottengono dai ristoratori quando si fa notare che, nel 2024 e in piena fase di normative plastic free, quelle piante di plastica messe ovunque sono fuori tema e fuori luogo. Soprattutto in un ristorante o in una pasticceria, in un forno o in un bar, ovvero attività che custodiscono sempre un sano messaggio di genuinità. Quindi alcune domande diventano necessarie perché, se è vero che la pianta in arredo è l’oggetto green per eccellenza, come si fa a immaginarla di plastica? È un torto doppio alla natura delle cose. Perché ancora se la tavola e il servizio, nonché lo storytelling dei social e dei comunicati stampa, ti bombardano di etica e selezione e ricerca, a sostegno di un mondo migliore e sostenibile, come fai a lavorare tra pareti verdi di cerfoglio di plastica? Le alternative esistono, ma se non hai senso della cura e della costanza verso un verde e neanche ti va di mettere attenzione in un’alternativa, c’è da domandarsi se puoi davvero avere una visione coerente anche in cucina.
I numeri della plastica in Italia e in Europa
L’Europa occidentale è il secondo mercato mondiale di materie plastiche per florovivaismo, con una percentuale per articolo che si avvicina al 75% per fiori e piante, comprese quelle grasse (dati UnivDatos 2024-2032). In un articolo AGI del 25 marzo 2023, si cita una crescita del 25% nel mercato europeo di piante in plastica solo nelle vendite della catena Leroy Merlin. Insomma, se la faccenda sulla plastica mono uso fuori dal mercato europeo è legge, con tutte le sue annesse complicazioni e interpretazioni, quella che riguarda le piante è una questione di stile, di coerenza e di coscienza.
Il 68% dei consumi di plastica per la produzione di articoli da florovivaismo è concentrato in Asia, ma il primato di produttori di piante e fiori ornamentali spetta al Nord Europa e sono ingenti gli investimenti nella creazione di microplastiche sempre più vicine a un grado di realismo perfezionista. Olanda, Italia, Francia e Germania sono i paesi che coprono l’88% dei consumi totali di plastica per florovivaismo (fonte plastmagazine.it).
La sostenibilità si morde la coda
Il principio è sempre quello del biglietto da visita. Al netto dei dati, voi vi trovereste a vostro agio in un locale che vi parla di green e di ecosostenibilità, arredandosi in certi casi addirittura con dei centrotavola di piante di plastica? Grasse magari, perché vanno di moda. Inizia a capitare spesso di trovarsi seduti sotto interi soffitti di pendenti e liane tropicali, finte. Ovviamente non si può pretendere che tutti si allineino ai casi più virtuosi, con in sala dei banani meravigliosi e a tavola dei fiori freschi recisi, così come di certo non si può nemmeno far finta di niente davanti a dei rametti di erbe aromatiche con l’acqua marrone (è capitato), ma la verità è che ci sono alternative per tutti. Esiste il secco, esiste lo stabilizzato, esiste la semplicità del niente ed è davvero difficile credere a certi ideali, se ci si piega invece alla razionalità di progettazione di alcuni architetti o alla facilità di manutenzione di un verde finto meramente ornamentale.
In linea di principio, c’è da chiedere a quei cuochi, pizzaioli o pasticceri se userebbero mai dei fiori eduli finti, meramente per estetica. Forse no. Per questo andrebbero combattete tutte le battaglie possibili, che non sono molte, per eliminare le cose ”finte” da quanto di vero viene fatto ogni giorno con fatica per esprimersi. Non è solo una questione di sostenibilità, che di fatto è un concetto controverso con l’uomo stesso a dimostrarsi insostenibile per il pianeta, c’è da convincersi che sia piuttosto una questione di credibilità. Il mercato delle piante in polimeri è in forte crescita e continuerà a esserlo, secondo le previsioni di mercato, questo perché la cura degli interni e il bello del verde (come colore) continuano a conquistare l’estetica dei luoghi in cui si passa del tempo. Adesso però, mettendo da parte l’immagine che appare sui display delle bacheche da social, bisognerebbe scegliere se si vuole vivere, lavorare o mangiare in un set fotografico di materiale finto o se piuttosto, con consapevolezza, si preferisce dare respiro a qualcosa di vero.