Avanzi al ristorante: il problema si chiama – ancora oggi – imbarazzo. Lo dicono i risultati di un'indagine svolta da Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) tra i suoi associati su quanto sia diffuso l'uso di portare via il cibo ordinato e non consumato, che altrimenti andrebbe gettato. Dalla ricerca – presentata nel rilancio dell'iniziativa Rimpiattino - è emersa una maggiore sensibilità al tema degli sprechi alimentari rispetto al passato, ma ancora poca abitudine a fare qualcosa per ridurli, almeno per quanto riguarda il cosiddetto fuori casa che vale il 36% della spesa alimentare. Solo il 15,5% degli italiani, infatti, porta via il cibo non consumato al ristorante. Il motivo della resistenza è soprattutto psicologico: secondo il 50% dei ristoratori, è perché ci si vergogna a chiedere gli avanzi (anche se il 74% degli italiani sono a favore di questa possibilità). Qualcuno (secondo il 19,5% dei ristoratori) trova scomodo dover portare con sé una box, qualcun altro (per il 18,3% degli intervistati) è completamente indifferente al tema.
Un tema che, però, riguarda tutti da vicino, e non solo perché portando a casa il cibo non consumato si troverebbe con un aiuto nel portare in tavola il prossimo pasto, ma anche perché gli avanzi da smaltire sono un problema che pesa sulla collettività: buttare il cibo non solo non è etico, ma grava sul ciclo dei rifiuti che ha un costo per il singolo ristorante e per la comunità, dato l'impatto energetico, ambientale ed economico dello smaltimento.
Cosa è Rimpiattino
In questa ottica nasce l'idea di diffondere buone pratiche che riducano lo spreco, come l'iniziativa Rimpiattino di Fipe e Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base cellulosica). Il progetto, lanciato nel 2019 aveva già avuto un precedente nel 2015 – riflesso dell'esperienza dell'Expo - partito a Milano e poi approdato a Roma. L'idea è semplice: fare in modo di rendere attraente la confezione con gli avanzi, trasformando una pratica virtuosa ma percepita come imbarazzante in qualcosa di tendenza.
Per farlo si parte dal nome contando sulla conversione culturale offerta dalle parole: non più doggy bag, che trasformava implicitamente il cibo avanzato in qualcosa di non più adatto al consumo umano, ma Rimpiattino, giocando con il doppio significato di nascondino e di re-impiattato. Così ciò che un tempo era motivo di vergogna, per questo fatto di nascosto, esce allo scoperto e offre ai cibi una seconda chance, meritando di essere impiattata di nuovo.
Il secondo passaggio è stato creare dei contenitori dal design accattivante, così da poter essere mostrate senza esitazioni. Per questo sono intervenuti il designer Giulio Iacchetti e l'illustratore Guido Scarabottolo che hanno creato due box di forme diverse per confezionare il cibo avanzato e le bottiglie di vino non terminate (perché gli avanzi riguardano anche il vino). Scatole belle e di forte impatto di cui finora sono stati distribuiti 24mila pezzi, in 875 ristoranti in 22 città. Il progetto, infatti, come dicevamo nasce nel 2019, ma poi la pandemia ha imposto una brusca frenata. Oggi, anche alla luce della recente legge che obbliga i pubblici esercizi a mettere a disposizione dei propri clienti i contenitori necessari per portare via il cibo non consumato, Rimpiattino riparte. I ristoratori interessati possono farne richiesta alla Fipe.
Il ruolo educativo dei ristoratori
Un ruolo importante possono averlo i ristorazioni nel promuovere buone pratiche di contrasto agli sprechi alimentari, con un'opera di sensibilizzazione, educazione, spingendo verso nuove abitudini i consumatori, come sottolinea Carlo Montalbetti Comieco di ComiEco che sta lavorando alla fornitura di 20mila Rimpiattini. Una piccola quota rispetto al numero di pubblici esercizi in Italia – circa 120mila – ma l'obiettivo, per ora, è di accendere un faro su questo tema, ammette Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe. E questi contenitori possono contribuire, ma perché la cultura della lotta allo spreco faccia davvero presa tra gli italiani occorre del tempo.
Attualmente la quasi totalità dei ristoratori è già attrezzata per offrire questo servizio – seppur non di design come con il Rimpiattino – e circa il 40% spesso lo propone ai clienti, ma la risposta è ancora molto bassa. La speranza è che aumenti nel tempo e attivando delle pratiche virtuose anche tra le mura domestiche dove lo spreco di cibo è molto alto, lo conferma anche Andrea Segrè, direttore scientifico di Waste Watcher che ha illustrato un nuovo strumento che può aiutare i consumatori a conquistare maggiore consapevolezza sulle cattive abitudini e su come correggerle: la app Specometro, che misura lo spreco alimentare.