“La cucina in televisione è inflazionata, ci sono tanti bluff”. Intervista a Renzo Arbore

1 Mar 2025, 11:28 | a cura di
La cucina della Lousiana e quella pugliese hanno molto in comune se il legante è Renzo Arbore. Sul curriculum1600 concerti in tutto il mondo e una grande passione per il cibo. Tutta la storia di Renzo Arbore e del suo dietro le quinte culinario

Musicista, cantautore, clarinettista, autore televisivo e radiofonico, conduttore, showman, compositore. I sostantivi per identificare quello che è Renzo Arbore, sono tanti. Eppure all’appello ne manca uno: buongustaio. Alla veneranda età di 87 anni cucina con passione le sue ricette pugliesi, disquisisce del gâteau di patate – ancora oggi – con l’amica Marisa Laurito, ed è stato un grande frequentatore degli eventi del Gambero Rosso. Oggi, che è in libreria con il libro “Bontà vostra. Vita, opere, opinioni e quant'altro” (RaiLibri, 2024) non potevamo esimerci dal raccontare il dietro le quinte della sua spettacolare vita culinaria.

Lei è un “amico” del Gambero Rosso, sbaglio?

Frequentavo il Gambero Rosso, alla vecchia Città del Gusto, a Marconi, ho partecipato a molte cene di grandi chef.

Ricorda un evento in particolare?

Sì, una lezione di cucina per single di Fulvio Pierangelini. E anche una gara di cucina fra quattro chef.

Fine anni Novanta, il Gambero Rosso arriva in televisione su RaiSat. Seguiva il canale?

Lo seguivo molto, sì.

Cosa ha rappresentato il canale televisivo del Gambero Rosso in quel periodo?

Per noi appassionati di cucina nazionale e internazionale era molto importante, abbiamo imparato molte cose.

Lei cosa ha imparato?

Ho scoperto le complicazioni e le raffinatezze del gusto che non si conoscevano e che ancora adesso pochi sanno.

C’è una delle “complicazioni e raffinatezze”, come dice lei, che le è rimasta impressa?

Il riso ai sassi. Mi colpì molto. I sassi venivano “coltivati” nel Po e poi venivano accoppiati al riso in questa ricetta molto curiosa.

Quando dice le “raffinatezze del gusto non si conoscevano”, cosa intende?

Non si conosceva ancora l’alta cucina e c’era una certa diffidenza per il tema. Io stesso ero diffidente.

Come mai?

Era la prima volta che si vedevano piatti riempiti con una scarsa quantità di cibo (sorride, ndr) e degli intrugli difficili da interpretare. Poi, però, ci siamo un po’ abituati.

Quindi, cosa ha rappresentato il canale televisivo del Gambero Rosso all’epoca della sua fondazione?

Una novità.

E adesso, dopo questi anni di “educazione” all’alta cucina, com’è il percepito della gente sull’alta cucina?

L’importanza che si dà adesso all’alta cucina è fin troppo esagerata, e ci sono anche tanti bluff.

Cosa intende? 

Quando ho partecipato a eventi, convention, mi è capitato di essere rimasto deluso da alcuni cuochi che impiattavano cose fasulle.

Cosa ricorda, invece, della televisione culinaria?

Degli anni antichi ricordo Aldo Fabrizi, uno dei primi a parlare di gastronomia romana, poi c’era anche Ave Ninchi che ricordo bene.

Dalla “tv educativa” di Gambero Rosso a quella di oggi: come è la televisione culinaria adesso?

La cucina in televisione è inflazionata. Anche sui social: ci sono centinaia di cuochi, alcuni anche bravi, chef non famosi, che però ti invitano a fare la vera carbonara, i vermicelli e vongole fujute napoletani, la frittata di maccheroni e, soprattutto da Napoli, c’è la scoperta esagerata dello street food.

Cosa significa questo?

Tanti hanno la possibilità di parlare di cucina anche se non titolati. E poi ci sono i vari Cannavacciuolo con trasmissioni ad hoc giustamente preoccupati che non siano svilite le ricette importanti.

Oggi li guarda i programmi di cucina?

Sì, guardo “Little Big Italy” con Francesco Panella e confermo che dovunque sono andato all’estero a mangiare cucina italiana è sempre stata rivisitata malamente.

Altre trasmissioni?

“4 ristoranti” con Alessandro Borghese e una volta, ora non viene più trasmesso, mi piaceva il programma con Chef Rubio “Camionisti in trattoria”.

Ha dei ricordi culinari legati al periodo in cui conduceva i programmi come “Quelli della notte” o “Indietro tutta!”?

Sì, c’era un ristorante “Candido” dalle parti di via delle Medaglie d’Oro a Roma. Dopo la faticata di “Quelli della notte” andavamo lì a mangiare piatti della cucina romana, ricordo che l’abbacchio di Candido era indimenticabile. Finivamo alle 4 del mattino.

Musica e cibo hanno un legame?

I musicisti sono dei buongustai…

Cosa intende?

Sanno dove andare a mangiare dopo ogni esibizione. Conoscono quelli aperti la notte dove si mangia bene e servono bene.

C’è un ristorante per musicisti che frequenta ancora?

Dante in Prati. Fa una buona cucina romana, le alici arracanate, le lumachine. Molto buono. Frequentato da musicisti e gastronomi.

Ricorda un aneddoto legato a un pranzo mentre era in tour con la sua band?

Ho girato tutto il mondo, in tutto ho fatto 1.600 concerti, per cui abbiamo mangiato ovunque. Ricordo una volta con i miei musicisti dell’Orchestra Italiana, che sono quindici, andammo in Cina. Ordinarono un granchio da 500 dollari, il King Crab con delle chele lunghissime. Lo servirono su un tavolo enorme e loro l’hanno divorato.

La cucina è sempre stata la sua passione tant’è che la introdusse anche nei suoi programmi…

Sì, ricordo a “Speciale per me, ovvero meno siamo meglio stiamo” nel 2005 pensai di introdurre questo siparietto dello chef César (letto alla francese, ndr.), che poi era Cesare Gigli, regista televisivo, per prendere un po’ in giro i gastronomi. Faceva l’anatra zoppa, bisognava capire quale zampa mancava se la destra o sinistra. Si scherzava sull’alta cucina, era satira.

Marisa Laurito è stata sua collega e ancora amica. Grande appassionata di cucina…

È la nostra gastronoma di fiducia. Marisa ancora cucina per noi, ogni volta che andiamo, ci fa un piatto speciale e qualche volta discutiamo simpaticamente su come fare il gâteau di patate o il timballo di riso.

E qual è il pomo della discordia del gâteau?

Marisa mette il prosciutto e io la mortadella, abbiamo anche fatto degli sketch.

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Nel suo libro “Bontà vostra” si cita il passaggio di un’intervista a Mariangela Melato in cui diceva: «Per anni è stato lui il vero “uomo di casa”: io ero sempre in tournée mentre lui stava a casa e cucinava, e anche bene! È un cuoco eccezionale e ne va fiero. Ho visto il mio corpo ingrassare e dimagrire a seconda dei periodi in cui Renzo era presente nella mia vita. Tenevo un’agenda, e, guardandomi allo specchio, annotavo: «qua c’era Renzo», «qua non c’era Renzo»; a seconda dell’aria più o meno nutrita!”». Cosa le preparava?

Frittate in ogni modo, soprattutto con le cipolle. Poi, pollo arrosto, amatriciana, carbonara, però con il risotto era più brava lei.

E di altre donne con cui ha avuto rapporti, ce n’è una con la predilezione per la cucina?

Mara Venier. Lei fa una pasta e fagioli indimenticabile.

Essendo pugliese, è appassionato anche della cucina della sua terra. Continua a cucinare?

Sì, certo. Ho anche scoperto un negozio a Roma che vende prodotti pugliesi.

E cosa prepara?

Lampascioni, orecchiette con cime di rapa, purè di fave con cicoria, il pancotto con rucola e patate, i funghi cardoncelli, i turcinieddi. Ho sempre i congelatori di casa pieni di prodotti pugliesi pronti per essere usati come ingredienti per le mie ricette.

Della cucina napoletana, oltre al gâteau, a quali piatti è legato.

La cucina napoletana è fantastica. Apprezzo tutto: zucchine cacio e ova, spaghetti alla Nerano… Tutti piatti che mi diverto a fare anche io.

Frequenta ristoranti di alto livello?

Non molto. Cucino a casa e preferisco mangiare la cucina dei mercati, quella verace, se vado in giro.

Cosa mangia?

A Roma vado al Mercatino di Testaccio dove il sabato fanno un ottimo street food, come i moscardini fritti, oppure un’ottima carbonara.

Quindi per ristoranti non capita molto?

A volte vado a mangiare cucina giapponese, ma anche cinese, che mi piace molto, è una cucina speciale.

Dove?

Da Sonia, (Hang Zou da Sonia, ndr.) a Roma dove si prepara la cucina di Hangzhou, una città cinese di 11 milioni di abitanti dove ho fatto anche un concerto.

Quale altra cucina internazionale predilige?

Amo tantissimo la cucina della Louisiana, quella di New Orleans. Ci sono due cucine: la cajiun, che è tipica di New Orleans, popolare e molto buona; e la cucina creola che è franco-spagnola.

Qual è il piatto della cucina della Lousiana che ama?

I crawfish, i gamberi più buoni del mondo. Sono gamberi ferocissimi importati anche in Italia: mangiavano però i pesci e gli altri gamberi e li hanno dovuti abbattere. Ogni volta che andavo negli Stati Uniti li mangiavo molto volentieri.

C’è un altro pesce che mangia?

Mi piace molto l’anguilla e a Roma non riesco più a trovarla. È a rischio estinzione, soprattutto nel lago di Lesina dove una volta c’era il più grande allevamento di anguille.

C’è un piatto che le ricorda l’infanzia pugliese?

Il pancotto con rucola e patate, piatto povero.

Com’è fatto?

Molto semplice: pane di Altamura, foglia di alloro, rughetta di campagna, patate, olio buono extravergine d’oliva pugliese che non manca mai sulla mia tavola e che mi arriva da Altamura.

Cos’altro non manca nella sua dispensa?

Lampascioni.

Beve vino?

Non sono appassionato di vini.

Birra?

Poca birra, per nove anni ho fatto gli spot della birra facendone incrementare del 30% il consumo in Italia: abbiamo avuto un grande successo.

Quindi non ha avuto un grande rapporto con gli alcolici nella sua vita anche passata.

Superalcolici sì. Ho bevuto di tutto. Ho avuto periodi diversi: whisky, cognac, vodka, caipirinha, caipiroska, margarita… Andando in giro per il mondo è stato così.

E adesso li beve ancora?

Il superalcolico che fa meno male alla mia età è rum e Coca Cola, il Cuba libre.

Lo beve ancora?

Pochissimo.

Natalia Tsarkova, la ritrattista ufficiale dei papi e del Vaticano, le ha fatto un ritratto. Se dovesse commissionarle il ritratto di uno chef, quale nome farebbe?

Antonino Cannavacciuolo.

Perché?

È un personaggio molto particolare. Ha l’aspetto di un napoletano incoraggiante. E poi ho seguito le sue vicende sui ristoranti in perdita da migliorare (Cucine da incubo, ndr). Ha una missione anche importante.

 

 

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