Come cambierà il mondo degli influencer con le nuove regole introdotte dall’Agcom? Si può parlare di fine del “Far West”, come ha detto il presidente Giacomo Lasorella? Lo abbiamo chiesto a Simone Giacomini, fondatore della media agency Stardust, che segue 500 talenti, tra creator, influencer e ambassadors.
Le nuove regole stabilite dall’Agcom saranno veramente efficaci per combattere la pubblicità occulta?
«Al di là delle anticipazioni dei giornali, aspettiamo di leggere il testo completo per una valutazione più ampia. Sicuramente vanno nella giusta direzione. Due sono gli aspetti per noi particolarmente interessanti. Il primo riguarda la creazione di un tavolo tecnico per l'adozione di un codice di condotta a cui parteciperanno anche gli influencer, gli addetti ai lavori e le agenzie. È molto positivo che l’Agcom pensi di scrivere le regole con quelli che conoscono a fondo anche gli aspetti più tecnici di questa professione. Il secondo punto positivo è che oltre alla trasparenza sui contenuti di carattere pubblicitario pare che le linee guida prendano in considerazione anche la tutela dei diritti fondamentali delle persone e dei minori che è un tema che ci sta molto a cuore e su cui lavoriamo da anni in Stardust».
È importante che le nuove regole vengano estese anche ai creator più “piccoli”?
«Certo, il danno lo può fare una persona che ha 10mila follower come una che ne ha un milione. A noi come agenzia cambia poco, nel senso che se qualcuno fa un pasticcio con un brand lo fa. Punto. A prescindere da quanti follower abbia. Quindi io le regole le estenderei a tutti, altrimenti chi ha 999mila seguaci può fare quello che vuole? Non mi sembra corretto».
Come cambierà il modo di fare pubblicità sui social?
«Non credo si modificherà molto, perché queste regole sulla trasparenza esistono già e l’Agcom introduce solo dei meccanismi per renderle più cogenti. Tutto ciò va nel senso di rendere quello dell'influencer un settore sempre più professionale oltre che regolamentato e questo è estremamente positivo. Un tempo c’era davvero il Far West nel settore dell’influencer marketing. Sicuramente ci sarà maggiore attenzione sui contenuti che si pubblicano, ma dovrebbero essere anche le agenzie a educare e guidare i talenti. Anche le stesse piattaforme dovrebbero adottare dei meccanismi di sorveglianza dei contenuti che vengono pubblicati».
I food influencer avranno conseguenze particolari con queste nuove norme?
«No, non credo. In teoria i food influencer sono anche più preparati rispetto ad altri. Perché un conto è chi va su Tik Tok per fare balletti o truccarsi, un conto è una persona che decide di diventare food influencer e quindi ha già una certa preparazione in questa materia. Non si tratta quasi mai di sprovveduti, ma di persone già strutturate».
Le regole influiranno anche sul percorso dei giovani talenti che vogliono diventare influencer?
«Il cambiamento ci dovrà essere, lo spero, ma sarà in senso positivo. Ovvero dovrà esserci maggior senso di responsabilità. I ragazzi che vogliono fare questo mestiere devono capire che stare su un social e avere un seguito, non importa quanto alto, vuol dire avere un ruolo e una responsabilità, ogni volta che pubblicano un contenuto. Un talento trova sempre la sua strada e se la trova in un ambiente più sano di quello che c’è ora tanto meglio».
Come si può riconoscere un falso influencer?
«Se parliamo di influencer prodotti con l’Intelligenza Artificiale la questione è seria. Distinguere gli account degli avatar da quelli di persone vere sarà sempre più complicato ed è una faccenda preoccupante. Per discutere di pubblicità sui social ci abbiamo messo 20 anni, vediamo quanto ci metteremo ad affrontare il problema dell’Intelligenza Artificiale. Riconoscere i profili fake, invece, è molto semplice, basta confrontare il numero di follower con le interazioni. Se un account ha un milione di seguaci, ma pochissimi like e commenti, vuol dire che qualcosa non torna e che i follower sono stati acquistati».
Influencer e beneficenza: quali sono le mosse giuste per evitare errori?
«In Stardust abbiamo fatto e continuiamo a fare progetti di social impact marketing ma non collegati a raccolte di fondi. L'obiettivo è attirare l'attenzione della GenZ su temi legati alla tutela dell'ambiente, della salute, e del sociale come i progetti realizzati a supporto di campagne social del WWF, della Lega Italiana per la Lotta contro i tumori e di Telefono Azzurro. A breve partirà anche una campagna sui diritti delle donne. Le associazioni benefiche hanno bisogno degli influencer per fare circolare i loro messaggi e le loro attività ad ampi numeri di persone e, in particolare, alle generazioni più giovani. Per farlo bene però occorre grande senso di responsabilità e noi in Stardust lavoriamo per formare i creator oltre che sugli strumenti per fare al meglio il loro mestiere, anche sul dare loro il senso della responsabilità che hanno verso le communities che li seguono».