Origenes, Mater Iniciativa ma anche il Nordic Food Lab. In tante parti del mondo si creano progetti di raccolta e documentazione del patrimonio agroalimentare, ora anche uno chef abruzzese vuole catalogare i prodotti della regione ordinandoli in base all'altitudine.
Quote. Che cosa è
Quote. Si chiama così l'iniziativa di Franco Franciosi del ristorante Mammaròssa ad Avezzano, attraverso la quale lo chef abruzzese vuole catalogare i prodotti commestibili abruzzesi in base all'altitudine. “Si tratta di una serie di eventi – il primo si è tenuto in Val di Fua nella dimora del pastore Amerigo Lanciotti - mirati a riscoprire prodotti dimenticati, quelli che caratterizzavano la vita quotidiana di un tempo, e specie vegetali commestibili”. Attingendo alla grande varietà climatica e ambientale di una regione che riunisce, in poco più di diecimila chilometri quadrati, altitudini diverse: “Per passare dalla costa dei trabocchi al Gran Sasso, che tocca quasi i 3mila metri di altezza, basta percorrere una cinquantina di chilometri”, racconta Franco.
La prima “puntata” di Quote in Abruzzo
Lo chef abruzzese già da tempo, nel suo ristorante Mammaròssa, ha approntato un menu in base all’altitudine d’origine degli ingredienti utilizzati, quindi il pesce arriva dalle coste abruzzesi, le pietanze di carne vertono principalmente sugli ovini, molte le erbe di montagna. Per una cucina di filiera, o meglio, una specie di antologia della varietà paesaggistica e climatica della regione.
Ma con il progetto Quote, Franco aumenta la posta in gioco. “L'obiettivo è di disegnare le coordinate gastronomiche dell'Abruzzo con un lavoro di ricerca sul territorio che metta insieme prodotti agricoli, allevamenti, tradizioni locali”. Un approccio che si nutre e continuerà a nutrirsi (il progetto è work in progress) di viaggi ed eventi, e che non può scindere i sapori dalle storie che li hanno resi possibili. Pensiamo per esempio a quella di Amerigo Lanciotti - che ha ospitato la prima puntata di Quote - il pastore custode della Val di Fua, nato e cresciuto a Cartore, al confine tra Lazio e Abruzzo.
Abruzzo. Quote: una giornata in Val di Fua con il pastore Amerigo
“Lo volete il sorgetto?”. Se capitate da queste parti verso le otto di mattina, Amerigo vi accoglierà così, offrendovi il primo prodotto della lavorazione della ricotta, che lui plasma a forma di topolino. Per raggiungere la valle c’è da salire a piedi attraverso pareti rocciose e boschi, una passeggiata di salute che lui, nonostante i suoi settantanni portati benissimo (“È l'aria di montagna!”), si fa più volte a settimana perché la sua famiglia vive e lavora tra Avezzano e Celano, “qui mia figlia, insieme al marito, ha un punto vendita con i miei prodotti”. Si chiama Macelleria Tirabassi, un'attività che lo aiuta a far quadrare i conti sebbene il mestiere del pastore oggi non sia granché redditizio.
La vita del pastore
Eppure Amerigo ha scelto di farlo, il pastore. “Prima lavoravo nel Corpo forestale in Toscana, ma quando mi si è presentata l'occasione di ritornare in questa valle, non ci ho pensato due volte. Qui venivo quando ero un bambino – la sua è una famiglia di pastori - a soli dodici anni mungevo le pecore, facevo il formaggio, mi facevo da mangiare. Lo vedete questo – indicandoci la struttura con dentro le forme di formaggio a stagionare – un tempo non esisteva. In una sola stanza ci si dormiva e si produceva il formaggio. Erano delle capannine in pietra con tetto in legno dove si alternavano zolle di terra e letame per renderlo impermeabile”.
Un escamotage che non si usa più, ora le capanne sono state sostituite da costruzioni decisamente più resistenti, ma scarseggiano i pastori. “Il nostro è un lavoro praticamente in perdita, pure per me che vendo tutti i formaggi che produco e gli agnelli che nascono. Il problema sono i prezzi stracciati a cui dobbiamo soccombere”.
La Val di Fua
Ma di lasciare il mestiere, e la Val di Fua, non se ne parla neanche per sogno. “La valle deve vivere. Qui, sabato scorso, eravamo solo in due a pranzo, ma quando è arrivato il momento del caffè eravamo in trentotto”. Ed è un po' quello che è successo a noi. Prima si sono aggiunti due ragazzi passati di lì solo per riempire la borraccia, poi altri tre che volevano delle indicazioni, ed è così che una tavolata di dieci persone si è trasformata in una festa. “Sapete quanti caffè preparo in un anno? Più di tremila!”.
Un dato utile anche per la forestale: “Periodicamente fornisco una stima di quante persone transitano. Sono davvero molte”. Effettivamente Amerigo per chi percorre il Cammino dei briganti (100 km di cammino tra paesi medievali e natura selvaggia tra Abruzzo e Lazio) è una star e punto di riferimento a tutte le ore del giorno.
Dalla mattina, quando lo si trova intento a preparare il formaggio, al pranzo - lui un piatto di pasta non lo nega a nessuno. Emblematiche le sue forchette dai denti allargati: “Ti permette di afferrare più pasta possibile. In tempi di fame era la salvezza!” - all'ora del caffè o nel pomeriggio mentre aspetta che il gregge, guidato dai suoi cani fedeli, ritorni alla base. “Verso le 17.30 le pecore ritornano, io le mungo, mi faccio da mangiare e poi sto due, tre orette seduto qui, sulla sdraio”. Che dà sulla vallata, a pochi passi dal Lago della Duchessa.
“Io sono qui e mi sono ripromesso che ogni giorno deve essere una festa. Per me questa valle è tutto, sette anni fa qui non si fermava un'anima, oggi, invece, è una festa e domani sarà la stessa cosa. La montagna bisogna viverla, su questa valle ci salgo anche d'inverno, da solo. Era il 13 dicembre quando il lago, completamente ghiacciato, appariva come una lastra cristallina, uno spettacolo che ho immortalato facendomi un selfie dato che non passava nessuno a cui chiedere una foto!”, racconta con gli occhi lucidi di emozione Amerigo. D'altra parte, la sua, non è solo la storia di un mestiere, ma è una vera storia d'amore.
E di storie così ce ne sono tantissime. Ecco perché Quote speriamo possa diventare una cassa di risonanza di un territorio incredibile, ma spesso sottovalutato. “Noi abruzzesi siamo testardi e intimi”, confessa Franco Franciosi, “ma quando si tratta di far cordata in onore dell'Abruzzo non siamo secondi a nessuno”. L'Abruzzo si muove.
a cura di Annalisa Zordan
foto di Alberto Blasetti