Miseria e nobiltà, mitico o invivibile: così è cambiato il quartiere multiculturale di San Salvario a Torino

21 Dic 2024, 12:11 | a cura di
San Salvario è tutto e il contrario di tutto. C'è chi dice che è in declino, per altri rimane un posto unico, con i locali migliori della città (e presidio di normalità e legalità)

Miseria e nobiltà, mitico o invivibile, San Salvario è tutto e il contrario di tutto. Chi dice che è in declino, per altri rimane un posto unico, con i locali migliori della città. Certo ha fatto un bel cambiamento negli ultimi vent’anni, da quando hanno cominciato ad aprire i primi locali. Fino ad allora era stato uno spazio di degrado a ridosso della stazione, dove non ci si avventurava la sera. Un periodo buio – non solo metaforicamente - che rischia di tornare, con risse e spaccio in aumento e petizioni dei residenti e dei gestori di locali. Perché qui i locali sono una roccaforte di normalità e legalità. E per fortuna resistono, anzi ne apre sempre qualcuno. A SanSa – come viene anche chiamato da chi ci vive e ci viene - la movida è un presidio, pensa un po’.

Il quartiere dei migranti

Ufficialmente il quartiere San Salvario  nasce a metà ‘800, dopo l’abbattimento della cinta di mura nel 1840 e l’arrivo della ferrovia da Genova, anche se la zona era abitata fin dall’epoca romana. Nel ‘600 c’erano solo due elementi forti: il Castello del Valentino, allure da Castello della Loira, fatto costruire dalla Madama Reale Cristina di Francia, e dal lato opposto del viale che lo fronteggiava (oggi corso Marconi) il convento di San Salvario, progetto dell’architetto Amedeo di Castellamonte, e attorno poche abitazioni. Poi da metà Ottocento sull’onda dell’espansione edilizia la zona viene lottizzata, aprono vie nuove secondo il piano regolare dell’urbanistica sabauda- corso Massimo d’Azeglio, via Madama Cristina, via Nizza, e perpendicolarmente corso Valentino, oggi Marconi, corso Raffaello, corso Dante. E nasce il quartiere di San Salvario, multietnico e multiconfessionale fin dalle origini.

Arriveranno qui prima gli immigrati dal sud, poi quelli dal mondo di oggi, e in fatto di luoghi di culto oltre alle chiese cattoliche – la più iconica quella dei Santi Pietro e Paolo in via Saluzzo - anche la chiesa valdese (costruita nel 1853) e la sinagoga ebraica (costruita nel 1884), due edifici realizzati dopo lo statuto Albertino del 1848 che garantiva la libertà di culto. Un quartiere che anche oggi mescola le vite e le atmosfere. Qui sono vissuti Cesare Lombroso - e in via Pietro Giuria c’ è il Museo di Antropologia Criminale che lui stesso fondò nel 1876 - e il sensitivo torinese Gustavo Adolfo Rol. Da vedere c’è molto: il Museo di Anatomia, il Museo della Frutta, l’Orto Botanico fondato nel 1729 per volere di Vittorio Amedeo II, il parco del Valentino, la Biblioteca Natalia Ginzburg, il gran mercato di piazza Madama Cristina, sotto le tettoie. Ci sono il piccolo Teatro Baretti, programmazione d’essai (anche di cinema) e il grande Teatro Colosseo, dove si sono esibiti e si esibiscono star della musica (da Barry White a Vecchioni, per dire), l’urban retreat Tomato nell’ex Albergo Moderno e la Casa del Quartiere negli ex bagni pubblici di via Morgari, punto di riferimento e centro di attività. C’è la libreria Trebisonda dove ci ferma a leggere sul divano. Insomma cultura, storia, animazione. E, soprattutto, ci sono i locali.

Non solo cibo e vino

I locali di food & wine hanno soppiantato il piccolo commercio della zona? In parte sì, ed è un po’ il limite del quartiere, che vive due vite separate, una diurna e una della notte. Ma ci sono le eccezioni, e non poche. Intanto in via Madama Cristina rimangono diverse botteghe d’una volta – la coltelleria Gia Gianola, la cartoleria Cantamessa, l’erboristeria, negozi di moda vintage, gallerie  e artigiani d’arte  con il marchio Made in SanSa.

Il mercato di piazza Madama Cristina è una referenza. Sotto le tettoie, in settimana ospita banchi di frutta e verdura, compreso il settore dei contadini, e la domenica a rotazione mercati a tema: la Fiera del Disco con un trionfo di vinili, Emporium di moda creativa e oggettistica. Le panetterie sono un po’ la cifra del quartiere. Ficini, tre pani nella guida del Gambero, affacciato proprio sulla piazza del mercato, è sempre affollato, Sergio Scovazzo di Fornai in Fermento di Santena, cintura torinese, ha aperto la sua sede torinese in via Madama Cristina, a due passi dal Teatro Colosseo, e in via Berthollet il panificio Ubertalle dal 1970, con angolo caffè. In via Bernardino Galliari 14, nel cuore del quartiere, a pochi passi dalla Sinagoga, Bertino, panificio storico,è in attività dal 1854, quinta generazione sempre in mano alla stessa famiglia. E Andrea Bertino continua a produrre nell’antico forno, elettrificato solo nel 1947. Pane “grigio” con farina tipo 2, farina di chia, e crusca, al pane “nero” , integrale, il pane bianco, tutti certificati kosher. E in via Belfiore 51 ha aperto il suo minuscolo forno-bottega l’irlandese Ben McEldowney: Forno Belfiore è il primo microforno agricolo di Torino e non poteva che aprire a San Salvario, quartiere dove nascono le tendenze.

Altra cifra del quartiere gelaterie, che qui sono d’eccellenza: la prima ad aprire è stata Mara dei Boschi in via Berthollet, 3 coni nella guida del Gambero, poi ci sono Papalele, new entry con Gabriele Monero in corso Marconi, Modo in via Madama Cristina, più in là nella stessa via la gelateria contadina Roseleto. San Salvario versione diurna annovera anche luoghi un po’ speciali per il caffè, a cominciare da Orso, laboratorio del caffè di via Berthollet, che ha trasformato la tazzina in una esperienza sensoriale, e poi Samambaia in via Madama Cristina, dove il caffè si tosta tutte le settimane dal 1910. E le colazioni veg di La colazione di Sara in via Saluzzo, dolci senza latte e senza uova ma ugualmente golosi. San Salvario crea tendenze, come si è detto, e lo conferma.

Imprese sociali e ristorazione dal mondo

Le proposte food rispecchiano la multietnicità del quartiere. Così ci sono pizzerie celebrate, proposte di cucina piemontese e proposte dal mondo, Africa, Asia e Sud America comprese, dal ristorante Mar Rosso di via Pellico, cucina eritrea e del Corno d’Africa, alla cucina libanese e mediorientale di Eria in via San Pio V. E poi la cucina messicana di El Beso in via Galliari, quella argentina di Pasion in via Pellico, quella cinese di Oh Crispa in via Belfiore e di Tuttofabrodo in via San Pio V, la cucina giapponese di Yamamoto e di Sans Souci, una creperie storica come Adonis…un melting pot di culture e tradizioni che fra alti e bassi rimane la cifra di San Salvario. Con alcuni “zoccoli duri” che sono mete imprescindibili di chi viene a SanSa. E che- sorprendentemente – sono soprattutto piemontesi-italici, un ritorno alla tradizione. Il più nuovo (premiato appunto come novità nell’ultima guida dei Cento sui locali torinesi) si chiama l’Uliveto, lo ha aperto lo chef Claudio Lochiatto (che è stato da Opera, Condividere , Spazio 7) e propone una verace cucina calabro-piemontese, fra ‘nduja e acciughe al verde, “maccaruna” al cacio e pepe arrosticini e baccalà.

Tappa obbligata Scannabue (anche per la gastronomia d’asporto) con un gran vitello tonnato, la guancia di vitello brasata al Barbera, c’è la grissinopoli (cotoletta impanata nei grissini, un cult torinese, il nome arriva pensa un po’ da Salgari vissuto a Torino) del classico Alba, i piatti piemontesi della gastronomia irriverente” D’Amblé. L’impresa sociale Vastè in via Bethollet impiega persone fragili e ripropone anche piatti della celebrata gastronomia Steffanone (di cui è erede il patron Marco Valente che l’ha fondata).Ci sono posti come il Caffè dell’Orologio dove venire a bere un buon vino con qualche sfizio o sedersi ai tavoli d’antan e gustarsi l’impeccabile cucina di Elisabetta fatta di tajarin, plin, vitello tonnato capunet, vecchie ricette rilette in chiave contemporanea. C’è Barbagusto, anima da “piola” e cucina di conseguenza (qui le migliori piole di Torino): acciughe, insalata russa, tomini verdi e rossi, agnolotti alla salsiccia di Bra e tajarin. Da Rossorubino enoteca e ristorantino, cucina piemontese-ligure fra crocchette di brandacujun e la cruda al coltello e il vitello tonnato. Da Madama Piola si gustano i leggendari plin firmati dallo chef Christian Milone. E poi c’è Coco’s dal 1973 “la” piola per eccellenza di San Salvario, atmosfera unica e cucina ruspante, tappa imperdibile.Insomma nel multietnico quartiere di San Salvario alla fine trionfa la tradizione. E bisogna esserci. Se persino il grande pescivendolo Gallina ha aperto una seconda sede qui in via Baretti una ragione ci sarà pure, no?

A San Salvario ogni insegna è un locale

Lungo l’elenco dei locali della notte, dove si comincia con l’aperitivo e si finisce a tirar tardi, fra tapas, vini e cocktail, e fra nuove aperture e rotazioni c’è sempre qualcosa di nuovo. Ma quel che fa di San Salvario un porto sicuro della movida (per capirci, ma il termine è assai poco amato ormai) sono quegli indirizzi che resistono alle mode (e spesso aprono "succursali in altre zone della città).

Affini è un indirizzo storico, con spazio cucina, da sempre legato al vermouth che produce. E nel locale di via di via Belfiore per esempio lo si spilla anche da una botticella: vermouth di Torino alla giapponese con l’aggiunta di wasabi e zenzero. E ha aperto una sede no alcol al Mercato Centrale. Il Lanificio San Salvatore di via Sant’Anselmo (e una nuova sede al Murazzi del Po) propone lo storico vermuth Peliti’s, incredibile storia di un vermuth nato in India e creato dal piemontese Federico Peliti per la Casa Reale Inglese. Mixology innovativa, con proposte di ricerca e food creativo da D.One, e poi Gorilla, Dash, Krimikal, La Cuite, il Deep Blue … Niente a che vedere con uno shottino e via: a San Salvario anche il cocktail ha una storia, come il quartiere. Se riuscirà a tener fuori lo spaccio, e a contenere le aperture dei banglamarket “sempre aperto” dove si vende soprattutto alcol i, San Salvario può ancora raccontare belle storie torinesi.

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram