Se l’ape scomparisse saremmo messi male, praticamente alla canna del gas. Non solo non avremmo il dolcificante più antico della storia: senza l’operoso insetto salterebbe un sistema, un equilibrio che dura da sempre, e dovremmo fare a meno di tante cose. Tra cui il cibo. Le stakanov dell'arnia sono indicatori ambientali, sentinelle della natura, una cartina di tornasole, come la pianta di rose a inizio del filare della vigna che come un campanello d’allarme indica lo stato di salute della vite. Rappresentano la salvaguardia di un’attività antichissima e di una classe di lavoratori, gli apicoltori, che oltre a essere gli operai delle proprie operaie presidiano anche il territorio, una funzione essenziale di cui si parla sempre troppo poco. Troppo spesso infatti non consideriamo le api importanti come dovremmo. Sono fondamentali per l’impollinazione delle piante. «Un cupido naturale, un messaggero d’amore inconsapevole che porta il polline fecondante da un fiore all'altro», sorride Francesco Panella, nel mondo del miele da oltre quattro decenni, già presidente dell'UnApi, Unione nazionale associazioni apicoltori italiani, e oggi direttore della rivista L'apis.
Servizio gratuito di impollinazione
Tranne la melata, ottenuta dalla secrezione zuccherina prodotta da un insetto parassita che vive sulle piante, il miele è figlio del nettare dei fiori che l’ape raccoglie tra la primavera e l’inizio dell’autunno. Durante la bottinatura prende anche il polline che accidentalmente si posa sul suo corpo, svolgendo un importante servizio all’agricoltura. Importante e gratuito.
Per questo produttori di frutta e verdura, consorzi di mele in Trentino e Alto Adige, di agrumi in Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia chiedono agli apicoltori di posizionare gli apiari tra gli alberi e i campi coltivati delle proprie aziende. In Italia centrale – tanto citare alcuni nomi – il marchigiano Giorgio Poeta con i suoi apiari aiuta l’impollinazione di frutti di bosco, soprattutto fragole e lamponi, in un’azienda vicino Amatrice (con la speranza di fare a luglio l’esclusivo miele di lampone), mentre Fabio Iacovanelli, ultima generazione di Adi Apicoltura di Tornareccio (CH), nel Foggiano presta lo stesso servizio in una realtà che produce porro e cipolla.
Apicoltura attività agricola senza terra
“Affascinante paradosso” definisce l’apicoltura Giancarlo Naldi, presidente dell’Osservatorio Nazionale Miele, «l’unica attività agricola che si può fare senza terra, grazie alla gentile ospitalità degli agricoltori che sono disposti a pagare il servizio impollinazione». Un servizio che ha un valore economico di tutto rispetto, stimato circa 153 miliardi di euro l’anno a livello mondiale, dei quali circa 22 in Europa e 2,6 per l’Italia. Quindi dobbiamo ringraziare l’ape – e altri insetti – se sulle nostre tavole arrivano ciliegie, albicocche, meloni, mele, arance, zucche, pomodori, cetrioli, frutti di bosco e tanti altri vegetali: da loro dipende l'80% delle piante che producono cibo e quasi il 90% delle piante selvatiche con fiore.
Perché l'impollinazione è importante
L’impollinazione influisce non solo sulla quantità e la dimensione di frutta e verdura ma anche sulla qualità del prodotto finale. «Oggi esistono le microapi elettroniche ma non è la stessa cosa, sono una falsa soluzione, è rinunciare ad avere un’agricoltura sostenibile e soprattutto non sono efficaci come le api vere – entra nel dettaglio Paolo Fontana, naturalista, entomologo e ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach di Trento dal 2009, presidente della World Biodiversity Association e da 37 anni apicoltore – Diversi studi dimostrano che il frutto ottenuto dall’impollinazione di api, bombi, farfalle e altri insetti dà risposte organolettiche decisamente migliori».
“Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita” diceva Albert Einstein. «Il problema non è solo questo, l’uomo troverebbe una soluzione, in Cina si fa l’impollinazione manuale – commenta Francesca Paternoster, che insieme insieme alla sorella Elena gestisce Mieli Thun, l'azienda del padre Andrea vicino la Val di Non e con alveari sparsi in tutta Italia – la questione è che mangeremo la fragola che sa di mela e la mela che sa di lampone». Fino ad alcuni anni fa con l’impollinazione gli apicoltori ci campavano. Come Carlo Amodeo, apicoltore che vicino Palermo produce mieli con l’ape nera sicula Presidio Slow Food –il nostro fatturato per l’80% derivava dall’impollinazione, ora non è più redditizia, anche il prezzo degli sciami è sceso».