«Il problema della Puglia è che si è sempre venduta come un posto da orecchiette (pure fatte male) e vino» dice Antonio Zaccardi. Lo chef chietino ha le idee chiare sulla regione che l'ha accolto 6 anni fa, quando ha lasciato il team di Enrico Crippa al Piazza Duomo, dove era sous chef, per prendere in mano redini del Pashà di Conversano da cui è uscito un paio di giorni fa dopo stagioni di grandi soddisfazioni e altrettante difficoltà.
In questi anni ha potuto vedere pregi e difetti della regione che l'ha accolto. Una regione molto battuta dal turismo, nazionale e internazionale ma in cui - secondo lui - c'è ancora molto da fare per una crescita complessiva. Le nuove aperture, e gli investimenti, che pure ci sono, sono per lo più di misura minima: mancano in sostanza progetti più visionari e quelli che ci sono, arrivano da fuori. Basta seguire l'interesse delle grandi catene alberghiere: Rocco Forte, Four Seasons, Belmond (che ha acquistato la Masseria Le Taverne), cui si aggiungono anche il Vista della famiglia Passera a Ostuni, o La Maviglia Golf & Spa Resort a Maruggio in provincia di Taranto, un investimento che dovrebbe toccare i 200 milioni di euro. I presupposti non mancano. Bisogna vedere solo cosa riserva il futuro.
La Puglia è una meta turistica, tutta apparenza?
Se ci si pensa è l'unica regione in cui il numero di ristoranti stellati diminuisce invece che aumentare, Bari ha 300mila abitanti e neanche una stella... Un motivo ci sarà.
Quale per esempio?
Un territorio può crescere se ci sono investitori seri che puntano a lavorare bene su obiettivi chiari, invece in Puglia c'è molta ristorazione media o bassa che guarda solo ai mesi estivi.
Si punta troppo al turismo di fascia bassa?
Ci si deve chiedere: che qualità di turismo voglio attirare? Quella che mangia un panzerotto e magari butta la carta in terra o quella che cerca cose diverse? Chi può spendere 500 euro per una cena in Puglia non saprebbe dove andare.
Ma come, con Borgo Egnazia che attira tantissimi nomi famosi...
Ma se si toglie quello non c'è praticamente altro. A Borgo Egnazia dovrebbero ringraziarla per 10 generazioni per quel che ha fatto per la regione, dando una visibilità incredibile. Ma ci vorrebbero tante strutture come Borgo Egnazia, per far crescere tutto il progetto di una terra che ha tanto, è tra le più belle, ma il punto in cui siamo è fermo.
Quali sono i problemi maggiori?
Innanzitutto la stagionalità: non ci si può limitare solo ai 4 mesi estivi ma bisogna cercare di spalmare il lavoro anche nel resto dell'anno, altrimenti non ce la possiamo fare.
Come ci si riesce?
Per esempio con la comunicazione: bisogna investire in un ufficio stampa importante che ti porti lavoro tutto l'anno, magari spendi 30mila euro per avere un ritorno di 60mila. Ma servono professionisti seri, nella comunicazione e anche in cucina.
Cosa può fare un cuoco?
Se hai dei cuochi che raccontano il territorio in modo nuovo, che sanno far capire quale è la differenza tra un'orecchietta fatta bene e una mediocre, i risultati arrivano, magari lentamente.
C'è qualcuno che lo sta facendo, però
Quel che stanno facendo i Bros' è ammirevole, hanno un'energia incredibile. Io magari l'ho fatto a mio modo, con la mia professionalità, ma era una comunicazione personale, in cui ho investito il mio tempo.
I Bros', solo loro?
No, per carità: le piccole realtà ci sono, anche nella trattorie, penso a Stefano D'Onghia di Botteghe Antiche di Putignano. Ma mancano grandi investitori pugliesi.