La peste suina è arrivata alle porte di Langhirano, il più importante centro di produzione di uno dei prosciutti crudi certificati italiani più famosi al mondo. È in questo comune sulla collina parmigiana particolarmente vocato per la stagionatura delle cosce di maiale, grazie all’incontro tra i venti marini del Tirreno e i refoli montani dell'Appennino, con la complicità dell’elemento umido rappresentato dal torrente Parma, che si trova la maggior parte dei prosciuttifici del Parma Dop.
Un paese sinonimo di un prodotto a livello internazionale, un po’ come Gragnano per la pasta. A pochi chilometri da qui è stata trovata la carcassa di un cinghiale affetto da questa contagiosa malattia, non pericolosa per l’uomo ma mortale per i suinidi, tra i quali i maiali e appunto i cinghiali.
Il Fatto Alimentare giovedì 11 aprile ha pubblicato un articolo dal titolo “Prosciutto di Parma addio?”. Un titolo un po’ forte che però dà la misura della preoccupazione. «Il cinghiale affetto da peste suina è stato trovato nel territorio di Varano de’ Melegari al confine con Sala Baganza e Calestano (quindi a più di 10 chilometri da Langhirano rispetto a quanto scritto da alcune testate, n.d.r.), tra noi e il luogo del ritrovamento della carcassa c’è un altro comune – entra nel dettaglio Paolo Tanara, produttore di prosciutto sia di Parma Dop sia di Filiera Emiliana, di suino bianco e nero, fuori dalla certificazione – però certo la paura è tanta».
Origine della peste suina
I primi casi in Italia di PSA (Peste Suina Africana) – già presente nel nostro Paese ma limitata alla regione Sardegna dal 1978 – sono stati registrati in Piemonte e in Liguria un paio d’anni fa. Da lì l’epidemia si è diffusa in altre regioni, entrando anche in allevamenti domestici di suini e mettendo tutto il comparto, allevatori, addetti sanitari e produttori di salumi, in stato di massima allerta. Nel gennaio scorso sono state trovate alcune carcasse di cinghiali selvatici a Borgo Val di Taro, a 65 chilometri da Langhirano, il primo caso in provincia di Parma. Ad oggi sono 1.855 le carcasse di cinghiali affetti da peste suina rinvenute, oltre 40mila i maiali abbattuti in 9 allevamenti, ad alto rischio i suini di antiche razze rustiche dal mantello scuro che vivono all’aperto.
I tre livelli di restrizioni
Come indicato dal Ministero della Salute, per contrastare l’epidemia di PSA sono state definite a livello europeo – Regolamento (UE) 594/2023 – le zone di restrizione, fondamentali per la tenuta del sistema di regionalizzazione, distinte in tre livelli crescenti di rischio:
- zona di restrizione parte I: area in cui non è stata riscontrata la PSA ma considerata a rischio perché contigua ad aree riconosciute infette (una sorta di area cuscinetto per delimitare con maggior sicurezza le altre due tipologie di aree di restrizione);
- zona di restrizione parte II: con presenza di PSA solo in popolazioni di cinghiali selvatici;
- zona di restrizione parte III: con presenza di PSA nei suini allevati.
Quattro ministeri contro la PSA
Al momento Langhirano si trova nella prima area di restrizione, non in zona “rossa” ma certamente i produttori sono in stato di allerta. «Stiamo aspettando di sapere se queste aree verranno ulteriormente estese oppure no» commenta Tanara. Al momento la situazione è in mano a una gestione interministeriale, nella quale sono coinvolti i Ministeri della Sanità, dello Sviluppo Economico, dell’Agricoltura e anche della Difesa: l’attività di depopolamento dei cinghiali nelle aree infette ha bisogno di mezzi e uomini adeguati, di droni, di contingenti militari per abbattere gli ungulati selvatici. Il commissario straordinario sta aspettando la firma della nomina. Intanto l’export è bloccato e il prezzo del prosciutto di Parma potrebbe diminuire sul mercato interno.
Peste suina non trasmissibile all'uomo
Il Ministero della Salute e i mezzi di informazione lo dicono da anni: i prodotti a base di carne suina possono essere consumati in sicurezza, in quanto il virus della PSA non è trasmissibile all’uomo. Inoltre, come previsto dalla modifica del disciplinare di produzione del prosciutto di Parma, pubblicata l’11 novembre 2022 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea n. C429, il periodo di stagionatura è stato allungato da 12 mesi a 14 mesi. Un dettaglio importante non solo legato alla qualità del salume, affinché raggiunga determinate caratteristiche organolettiche in termini di colore al taglio, aroma e sapore (anche tenendo conto dell'aumento del peso minimo della coscia fresca, previsto dalla stessa modifica). Sono significativi anche i risvolti di tipo sanitario.
Studi scientifici paralleli condotti dalle Autorità sanitarie americane e italiane – il Plum Island Animal Disease Center, Agricultural Research Service (Dipartimento dell'agricoltura degli Usa) e l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale Italiano (Brescia, Italia) – hanno dimostrato che una stagionatura minima di 400 giorni è in grado di inattivare le principali malattie infettive del suino (afta, malattia vescicolare, peste suina classica, peste suina africana) e di offrire quindi una totale sicurezza dal punto di vista sanitario, anche nell’ottica di possibili futuri focolai. Il problema, quindi, riguarda più i salumi con una stagionatura minore di 400 giorni e coinvolge interamente il settore suinicolo, che sta soffrendo moltissimo, soprattutto gli allevamenti di maiali tenuti all’aperto e di razze antiche rustiche dal mantello scuro, che per indole e genetica pascolano, sgambano, grufolano in prati e boschi, rischiando il contagio con cinghiali selvatici infetti. È da queste piccole realtà di nicchia che provengono specialità norcine gourmet.
A rischio non la salute ma l’economia
A rischio, piuttosto, è l’economia, dal momento che il prosciutto di Parma e più in generale i salumi sono una delle voci importanti del nostro export. Il Regolamento 594/2023 è la norma per attuare in Europa il principio della regionalizzazione, che consente agli Stati membri di limitare l’applicazione delle misure di restrizione per la peste suina solo a territori ben definiti. In virtù di questo principio uno Stato interessato dalla PSA può continuare a commercializzare liberamente suini e prodotti derivati dalle parti libere del proprio territorio. Ciò vale per gli scambi comunitari con gli altri Stati membri e per i commerci con i Paesi terzi che accettano il principio della regionalizzazione. Ma non tutti i Paesi terzi riconoscono questo principio, indipendentemente dalla presenza o meno di zone di restrizione.
A seguito della peste suina dal gennaio del 2022 Giappone, Cina, Messico e Corea del Sud – Paesi terzi che applicano misure più restrittive e protettive – hanno bloccato le importazioni di prosciutto di Parma e di altri salumi. La speranza è che nazioni come Canada, Usa e Australia, mercati importanti per il settore della salumeria – non chiudano le frontiere.