Senza glutine, senza latte e derivati, senza glutammato aggiunto, senza zuccheri aggiunti, senza polifosfati aggiunti: la lunga lista dei “senza” che si trova scritta sulle vaschette di prosciutto cotto in vendita nei supermercati, dovrebbe rassicurare. Ma, come ormai i consumatori sanno bene, non è tutto oro quel che luccica: infatti, pur essendo tutte quelle citate caratteristiche positive per la salute, è vero anche che il “privo di” relativo agli alimenti, a livello di marketing ha sempre un forte appeal.
Le vaschette di prosciutto cotto, cosa contengono?
Pertanto, tornando al nostro prosciutto cotto, uno dei salumi più consumati in Italia, i motivi per sceglierlo con attenzione sono più di uno. In aiuto del cliente in fase di acquisto arriva però Il Salvagente, leader nei test di laboratorio contro le truffe ai consumatori: gli esperti dell’organizzazione questa volta hanno fatto i loro esperimenti proprio su questo cibo così amato, per capire se sia davvero un alimento buono da mangiare e adatto anche ai più piccoli. Per farlo hanno messo a confronto le etichette di otto marchi alta qualità fra i più noti: Beretta, Casa Modena, Citterio, Ferrarini, Negroni, Parmacotto, Rovagnati, Vismara.
Il prosciutto cotto non è tutto uguale
Facciamo un passo indietro. Il prosciutto cotto viene identificato dalla legge in tre categorie di qualità: quello di minore qualità è il prosciutto cotto, poi c'è il “prosciutto cotto scelto” e quindi quello di Alta Qualità. Si tratta di un parametro tecnico che deve essere certificato dalle aziende, che però non compare nella etichettatura della confezione, dove è sufficiente fornire la denominazione di vendita.
La differenza la fa il contenuto di acqua e gli ingredienti che possono essere utilizzati o meno. Per esempio, per il cotto Alta Qualità è vietato l’uso delle maltodestrine, delle proteine del latte e della soia.
Nei test del Salvagente gli ingredienti che sono stati confrontati sono stati: la coscia di suino, il sale (anche iodato), gli aromi e gli additivi, nitrito di sodio quale conservante e ascorbato di sodio come antiossidante. Interessante notare che fra gli ingredienti consentiti nell’alta qualità c'è anche lo zucchero, il destrosio, il fruttosio e il lattosio alla dose massima dell’1,5% sul prodotto finito. Altri ingredienti, sono stati spezie e piante aromatiche, acido ascorbico ed eritorbico e loro sali, come il glutammato monosodico, lattati, cloruro di potassio e altri sostitutivi del sodio.
«Il glutammato monosodico - spiega il nutrizionista Dario Vista interpellato dal Salvagente - è fonte di sodio e ci sono studi sulla sua potenziale tossicità, ma è approvato. Gli zuccheri sono il substrato energetico della fermentazione dei batteri lattici che abbassano il pH per la conservabilità. Non ci sono più, fortunatamente, i polifosfati, presenti in etichetta solo per rivendicarne l’assenza».
Cosa è stato scoperto
Mettendo a confronto gli 8 marchi di prosciutto cotto alta qualità è emerso che: solo due di loro usano cosce italiane, mentre gli altri le usano di origine Ue; nessuno utilizza polifosfati, due aggiungono glutammato e tutti usano i nitriti. Questo ultimo dato, va considerato sapendo che, chi in commercio sceglie di non usare i nitriti deve rinunciare alla denominazione “prosciutto cotto”, spiega sempre Il Salvagente.
La legge italiana, infatti, considera il nitrito un ingrediente del prosciutto cotto e per questo motivo finora non è stato possibile classificare il prodotto senza in una delle tre categorie previste, cotto, scelto e alta qualità. È in corso una revisione del decreto Salumi che dovrebbe aprire alla possibilità per i produttori di non usare i nitriti.
Additivi, grassi e glutammato
Il nitrito di sodio, prosegue Il Salvagente, viene usato come conservante per scongiurare la formazione del botulino, inoltre aggiunge sapore e colore e mantiene rosa la carne. Il disciplinare italiano ne prevede la presenza nel prosciutto cotto, il problema, però, è che combinandosi con composti organici presenti nella carne e nei salumi, diventa potenzialmente cancerogeno. Per quanto riguarda i glutammati, che vengono aggiunti a una vasta gamma di alimenti per migliorarne il gusto conferendo un sapore “salato” o “di carne”, il Salvagente li ha ritrovati in soli due marchi di prosciutti: il Ferrarini e i Vismarissimi Vismara. L'Efsa ha stabilito una dose giornaliera ammissibile di 30 mg/kg di peso corporeo. Zucchero, destrosio, fruttosio sono consentiti, ma non tutti i marchi li utilizzano: Rovagnati e Negroni, ne sono privi. Infine, la quantità di sale: essa varia da 1,6 grammi di Rovagnati a 2 grammi di Beretta e Casa Modena.
Ci dobbiamo fidare dei “senza”?
A rispondere a questa domanda, Gianfranco Trapani, pediatra ed esperto in nutrizione interpellato da Il Salvagente: «I senza sono chiaramente indicazioni di marketing. Senza glutine e senza lattosio vanno bene per chi è celiaco. Per chi non lo è non cambia nulla. Interessante è, invece, la dicitura “senza polifosfati”, sempre meglio evitarli».
I polifosfati sono additivi per mantenere o esaltare le qualità dei cibi: si tratta di addensanti, stabilizzanti, emulsionanti e gelificanti che rendono i prodotti più consistenti e compatti. Questi composti chimici aggiunti sono riportati in etichetta con quelle sigle di cui non si sa mai il significato: in questo caso si tratta di E450 (difosfato), E451 (trifosfato), E452 (polifosfati).
Trapani ritiene in ogni caso molto più importante, comunque, del privo di, la linea di produzione del prosciutto, ovvero come viene allevato l’animale e come viene prodotta la carne. Ma di questo, per chi volesse informarsi, c’è ormai una amplia letteratura. Va detto, per concludere, che nessuna delle otto marche di prosciutto prese in esame da Il Salvagente, raggiunge votazioni alte. Il massimo è un 6. A penalizzare il voto la presenza costante di nitriti, l’aggiunta di glutammato monosodico e il tenore dei grassi. Una nota di merito è andata a chi non impiega zucchero.