Un'ora sola ti vorrei. Sì, ma che ora. Parte dall'orologio la nuova sfida di Antonio Guida al Seta del Mandarin Oriental a Milano, a due passi dalla Scala. Proporre un pranzo, anzi una "colazione", per riprendere un termine old style e in fondo molto milanese, in sessanta minuti dal momento in cui il cliente si siede. Una colazione gourmet, sia chiaro. Due piatti e un dolce, e qualche amenità di benvenuto e di congedo, che lo chef salentino propone pescando dalla sua carta, magari con qualche modifica dettata dal mercato, dall'estro, dai gusti e dai disgusti del cliente, oltre che, naturalmente, dalle sue eventuali restrizioni alimentari. Piatti che non vengono "dichiarati" in anticipo ma che arrivano a sorpresa a rendere l'esperienza anche elettrizzante. Il costo è di 95 euro, che diventano 110 se si sceglie di aggiungere un generoso calice di vino scelto dal sommelier.
Un tema fatidico
Quello dei tempi della ristorazione fine dining è un tema. Le messe cantate, le liturgie interminabili, hanno stancato una buona parte dei clienti, a parte quelli che si concedono raramente l'investimento per un episodio gastronomico di alto bordo e magari non disdegnano un viaggio lungo che renda più apparentemente congrua l'avventura. Senza considerare che spesso i pranzi sono un intervallo rosa tra le parole "devo" e "lavorare".
Fissare quindi un termine ben preciso, in questo caso un'ora che, come dice il direttore di sala Manuel Tempesta "all'occorrenza possono diventare cinquanta minuti", è un atto di rispetto del cliente e di democratizzazione della cucina cosiddetta stellata, un atto di realismo tutt'altro che magico, un gesto di consapevolezza e di comprensione dello Zeitgeist. Naturalmente perché tutti fili liscio c'è bisogno di un menu più o meno fisso (al netto come detto di eventuali richieste specifiche), di una sala oliata ma anche intuitiva, che capisca con quale tavolo spingere sull'acceleratore e con quale sul freno, di una cucina che funzioni a orologeria. Insomma, qui si ha l'ardire di percorrere lo stretto percorso che si snoda tra la flemma e la fretta, tra la maratona e i cento metri, tra la kermesse sessuale e la sveltina.
Sfida vinta (o quasi)
Io mi sono seduto e ho fatto partire il cronometro dell'iPhone. Pochi minuti ed ecco cinque bocconcini di benvenuto. Chiedo: "Non saranno solo per me?". "Li portiamo a tutti", mi sento rispondere. bene. Trattasi di un Carpaccio di ricciola, daikon e gel di finocchio, di una Royale di patate, spuma allo yogurt, bergamotto e acciughe, di un Uovo di quaglia croccante con maionese al wasabi, alga wakame e zenzero, di una Tartelletta con salsa e carciofi fritti e di un Cannolo di segale con gorgonzola e lampone. Più tempo a scriverli che a mangiarli.
Dieci minuti ed ecco l'Animella con cavolo rosso fermentato, bernese alle erbe, salicornia, rognone e ostrica, una bella sfida le interiora a pranzo, ma si tratta di un piatto elegante e soave, "un piatto nuovo, anche se l'animella negli ultimi anni l'ho proposta in molti modi diversi". Poi un'altra attesa sotto il quarto d'ora ed ecco il Rombo avvolto nella spuma di tofu su patate e funghi e con un fondo che sembra di carne ma è di tofu anch'esso. Cambio di scenografia per il dolce alla mela in due consistenze, cotta con spezie con un pain perdu all'orzo tostato e chantilly pure all'orzo tostato e in sorbetto di cotogna con panna acida leggermente cagliata. Alla fine si sfora l'ora - ma di poco - solo se si ordina il caffè o se si fa un po' i perdigiorno con la piccola pasticceria.
Che tempi, signora mia.