Alla scoperta del Pot-au-feu, il bollito contadino che tanto piaceva a Paul Bocuse

7 Gen 2025, 12:59 | a cura di
Ci sono piatti che, per quanto semplici, rimangono impressi nella memoria. Uno in particolare ha conquistato generazioni di francesi, compresi illustri chef e gastronomi

«Formidable, c’est le meilleur plat pour moi». Sono le parole dell’ultimo Paul Bocuse, sincero e schietto nel palesare la sua debolezza verso la semplicità, quella del Pot-au-feu, considerato dal mostro sacro della cucina francese il miglior piatto nazionale. Apprezzato per la sua completezza, un piatto unico che ha “tutto” (dalla carne alle verdure), perfetto poi per essere mangiato in compagnia, un rendez-vous fra vecchi amici che potrebbe durare «una settimana intera». Perché, come dice lo chef, mangiare da soli è cosa triste. E, al di là dell’autorevolezza della figura, non potremmo essere più d’accordo.

Pot-au-feu: di che si tratta?

A sentire Bocuse, identifica in pieno l’essenza del comfort food conviviale. È infatti una preparazione casereccia, tipica della tradizione contadina francese. Nonostante una certa diffusione anche presso le famiglie borghesi, la vocazione popolare con cui nasce la ricetta viene tutto sommato preservata. In senso letterale significa “pentola sul fuoco”, a ricordare l’immagine della casseruola predisposta per una cottura lenta e prolungata. Tanto è vero che si tratta di un brodo ricco, fatto di carne bovina e tanti ortaggi, che richiede un po' di tempo — almeno alcune ore — per acquisire il “giusto” sapore. Nell’area settentrionale del paese si trova pure con carne di maiale, soprattutto in quelle regioni in cui i suoi allevamenti sono più diffusi. E sì, se pensate che ci sia una qualche connessione con il Pho Bo vietnamita, non siete lontani, tenuto peraltro conto del passato coloniale francese in Vietnam.

Origine e storia del Pot-au-feu

Già con le testimonianze di Maupassant e Brillat-Savarin, rappresentativi della cultura borghese dell’Ottocento, viene riportata l’esistenza del pot-au-feu. Eppure, la versione che ora conosciamo è diversa da quella originaria. D'altronde, viene concepito come rimedio alla scarsità di risorse e viveri con cui si dovevano confrontare i contadini, non di rado costretti a farne un bollito vegetale più che di altro. Non potevano certo contare sulle possibilità di scelta odierne, figuriamoci per la carne, privilegio di pochi signori benestanti. Stando comunque alle fonti, nel periodo della grande crisi, una sorta di pot-au-feu veniva offerto per le strade e con spirito caritatevole ai più bisognosi. Chiaramente, volendo tralasciare la conoscenza elementare delle tecniche di cucina adoperate, anche a livello gustativo le differenze con oggi risultano abissali. Adesso, il pot-au-feu è una ricetta quasi ‘espressa’, che a suo modo conserva un che di fresco e vegetale; mentre in passato, i sentori putridi e animali di carne vecchia, e l’intensità di ortaggi consumati dal tempo prolungato di cottura erano la norma (prima lo stufato stava sul fuoco numerosi giorni poiché veniva integrato continuamente con nuovi ingredienti che potessero sostituire quelli consumati). Le patate invece sono una recente integrazione: la loro distribuzione come alimento commestibile o salubre arriverà solo a fine Settecento grazie a Parmentier. Fino a quel momento viene usata la pastinaca.

Come si prepara il Pot-au-feu?

Per prima cosa, come faceva Paul Bocuse, si parte da un pentolone d’acqua fredda in cui mettere la carne di manzo — tagli poveri e non, che richiedono una lunga cottura (guancia, stinco, noce, ma anche ossobuco) — e si porta a ebollizione eliminando con l’aiuto di una schiumarola le impurità che affiorano piano piano in superficie. Dopo di che, si aggiungono tutte le légumes lavate e mondate: pezzi di rapa, carota/pastinaca, porro, cipolla e sedano rapa. Oltre al sale, non possono mancare spezie ed erbe aromatiche, fondamentali per conferire profumi e ‘struttura’: pepe, chiodi di garofano e un bouquet variegato, tra alloro, timo e prezzemolo. Quali che siano le verdure scelte, più o meno aderenti alla tradizione, la cottura deve proseguire quantomeno per 4 ore. Per chi volesse aggiungere delle patate, il suggerimento è quello di non inserirle nel pot-au-feu, ma di cucinarle a parte. Quando è pronto, si portano in tavola carne, ortaggi e brodo separatamente, proprio come dovrebbero essere serviti pure i cetriolini e le salse d'accompagnamento (tra cui la senape di Digione). Delle varie declinazioni, c’è chi sceglie il pollo (insieme o al posto del bovino), e chi aggiunge semplicemente della verza. Del resto, la cucina casalinga è anche questo, recupero degli avanzi e interpretazione a piacere.

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