Esistono luoghi talmente remoti che difficilmente vedremo nella nostra vita e che a volte si possono raggiungere soltanto attraverso i sogni, ma anche con la mente non è poi così facile immaginarli. Uno di questi è la Polinesia francese, a 16mila chilometri dall’Italia (comodo il volo con Air Tahiti Nui da Parigi) e divisa in cinque arcipelaghi: quello della Società, il più importante, composto da nove isole alte e cinque atolli divisi in due gruppi, le Iles du Vent con Tahiti, Moorea, Maiao, Tetiaroa, Mehetia e le Iles sous le Vent a ovest con Huahine, Raiatea, Tahaa, Bora Bora, Maupiti, senza dimenticare gli isolotti disabitati di Tupai, Mopelia, Scilly e Bellinghausen. L'arcipelago di Tuamotu, spesso associato all'arcipelago di Gambier, che comprende isole basse e atolli come Rangiroa, Tikehau, Manihi, Fakarava e tanti altri che meritano la visita; l'arcipelago Australe con le sue cinque isole Rurutu, Tubuai, Raivavae, Rimatara e Rapa all’estremità meridionale dell'Oceano Pacifico e l’arcipelago Marchesi formato da dodici isole alte e senza laguna.
Qui si gode delle acque più spettacolari del mondo, arricchite da una cornice fatta di alte montagne, un paesaggio unico, per intenderci lo stesso che compare sulle cartellonistiche delle agenzie di viaggio e per il quale vale la pena affrontare un giorno di volo. Ma non solo, giungere in Polinesia Francese vuol dire anche immergersi in culture uniche e lontanissime dalle nostre. “Noi tahitiani abbiamo ereditato una ricca ed espressiva cultura dagli antenati Ma’ohi, da loro deriva la forza vitale, un mondo dove le vite degli dèi, dei guerrieri e degli uomini si incrociano in entusiasmanti leggende. Mana è il sacro potere che abbraccia le Isole di Tahiti e la loro gente: lo si può vedere, sentire, toccare e assaporare”, racconta l’anziano tassista che ci accompagna in hotel. Bisogna giungere fin quaggiù con uno spirito puro, per accogliere saggezza e armonia, per scoprire il Mana che dimora in ognuno di noi e per capire cos’è quest’entità superiore di cui i polinesiani spesso parlano. Benvenuti nel paradiso, si parte.
La Polinesia Francese gode di ottime condizioni climatiche ed è quindi davvero un paradiso di abbondanza. In questo paese perennemente al sole i contadini coltivano un’enorme varietà di frutti, spezie e vegetali con nomi evocativi che rimandano a luoghi esotici, molto apprezzati dai consumatori poiché uniscono le qualità aromatiche a quelle nutrizionali: il leggendario albero del pane (o uru), il cocco, le dozzine di varietà di banana tra le quali l’inimitabile fe’i, papaya, mango, ananas, angurie, pompelmi, lime e vaniglia, i numerosi vegetali come il taro, tarua, ufi o ‘umara sono la base della cucina delle isole. Ma cosa c’è da assaporare nelle Isole di Tahiti? Essendo un Paese d’Oltreoceano della Repubblica Francese, la sua gastronomia si basa principalmente sulla cucina francese, ma con una miscela di sapori asiatici e occidentali. Infatti, anche se non è molto noto, gli immigrati cinesi vantano una lunga storia nelle Isole di Tahiti, e gli Hakka che attualmente vi abitano sono considerati immigrati di terza e quarta generazione. Pertanto, l’influenza della cultura alimentare cinese è uno degli elementi essenziali della cucina polinesiana.
Di solito si arriva a Tahiti con i voli internazionali e ci sposta subito verso le più famose isole ma anche qui nella vivace capitale Papeete c’è da trascorrere del tempo prezioso. Di origine vulcanica, è incoronata da un cerchio di cime maestose tra cui Orohena (2.241 metri) e Mairenui (1.300 metri) che scendono verso una cornice di sabbia finissima e una barriera corallina immersa nel mare cristallino; l’isola di Tahiti è la più grande e più modernizzata. Il suo interno montuoso è adornato di valli dall’impatto mistico, limpidi ruscelli e alte cascate; la maggior parte della popolazione dell’isola risiede vicino alla costa, lasciando l’interno quasi incontaminato nonostante la vicinanza a Papeete (il cui significato è “cesto d'acqua”) un tempo luogo di ritrovo dove i tahitiani andavano a riempire le loro zucche con acqua fresca. Oggi Papeete, la pietra miliare di questa nazione insulare, vanta resort, hotel, spa, ristoranti e mercati.
Con chi scoprire la meraviglia che circonda la città? Il nostro viaggio alla scoperta di Tahiti inizia nel migliore dei modi: il primo incontro, quello dall’impronta indimenticabile, è con Olivier Lenoir, meglio conosciuto come Ti, grande conoscitore della propria terra che venera e rispetta come una seconda madre, e che permette di scoprire grazie a tour autentici con la sua organizzazione “Iaorana Tahiti Expeditions”. Non si può desiderare compagno di viaggio più autentico, saggio e selvaggio: Ti custodisce dentro e fuori la cultura polinesiana. Si parte, a piedi nudi, nel cuore di Papenoo Valeey per un tour in fuoristrada fino al centro di Tahiti, seguendo la via lungo la valle e il fiume Papenoo, attraversando le montagne e ammirando la vista sul lago Vaihiria, raggiungendo l’altro lato dell’isola per scoprire il cratere vulcanico estinto di questa zona.
Questa è un’area ricca di miti e leggende, nel cuore dell’isola i punti di interesse sono sparsi lungo il tragitto e numerose sono le soste effettuate da Ti per mostrarci la maestosità della sua terra, compreso il pranzo nel “bel mezzo del (meraviglioso) niente”, come ci dice poeticamente lui. Non si può però non visitare il mercato di Papeete, il cuore pulsante del Paese dove incontrare chi qui vive, assaggiandone i sapori più autentici. Il mercato comunale fondato più di 170 anni fa, chiamato Le Marché, è il luogo perfetto per fare acquisti tra centinaia di bancarelle riempite di oggetti tahitiani fatti a mano, oli, vaniglia, frutti, fiori e preparazioni istantanee. Il luogo perfetto dove trovare l’inimmaginabile proveniente da tutte le isole. Aperto ogni giorno, è particolarmente colorato e vivace la domenica mattina quando i residenti fanno rifornimento per le gite familiari: è situato a due caseggiati dal lungomare e facilmente raggiungibile in taxi da qualsiasi resort.
E i food truck? Di sera, ma soprattutto la domenica dopo il tramonto, si possono visitare le cosiddette roulotte. Quando ne avrete abbastanza di pesce crudo e cocco, non dovrete far altro che chiedere in giro dove poter trovare le famose e vivaci roulotte, la versione polinesiana dei food truck che animano la centrale Place Vaietè e richiamano visitatori e residenti per un boccone in compagnia. A partire dal crepuscolo numerosi taitiani e turisti qui si radunano e condividono gli odori e i sapori della piazza: il cibo cinese regna sovrano, la folta comunità asiatica fa sì che sia ormai quasi una cucina nazionale; ma si trovano anche qui poisson cru (pesce crudo, spesso marinato), hamburger e bistecche con patatine. Si assaggiano più specialità da una postazione all’altra e si chiacchiera in un contesto molto spartano, allegro e in totale convivialità nelle piazze, all’aperto, dove si sta sempre bene.
Il viaggio nell’enorme Polinesia Francese continua… e bisogna fare delle scelte oculate a meno che non si abbiano a disposizione mesi per girarla in lungo e largo. Destinazione Moorea, poco distante dalla capitale, che si erge magicamente dall’oceano come una cattedrale. Alta e dalle guglie verdi, incoronata da nuvole chiare e impreziosita dai mari del sud, case color pastello circondate da giardini di ibisco e uccelli colorati che donano un senso di pace. La bellezza di Moorea è indimenticabile: le valli fertili ospitano piantagioni di canna da zucchero e ananas (dove è possibile organizzare una visita, anche in bicicletta), una delle principali esportazioni del paese, considerata da molti come la più dolce qualità di ananas esistente. I prodotti di queste coltivazioni si possono assaporare nelle botteghe dei villaggi, nelle bancarelle lungo la strada o nei punti di degustazione dei produttori di succhi di frutta. Qui il punto di riferimento è Maui Ciucci, polinesiano di padre italiano, del Corallina Tours, (il cui payoff è “esplora, sogna, scopri”) da scegliere per dedicarsi all’esplorazione della vita marina e della laguna, nonché per scoprire le poche e autentiche abitudini della popolazione come la sosta quotidiana a base dei popolari Casse-croûte chowmen, i panini che solo qui si trovano a base di noodles cinesi, baguette francesi e il genio tahitiano che li ha uniti creando il saporita combo di carboidrati su carboidrati.
Compaiono poi le isole di Raiatea e Taha’a che, come abbiamo già accennato, sono spesso associate per la vicinanza tra loro, circondate dalla stessa barriera e dalla stessa laguna. Con un volo di 45 minuti da Tahiti si raggiunge Raiatea e da qui Taha’a è collegata con una traversata in barca di 30 minuti. La prima possiede “il battito del cuore delle Isole di Tahiti” che le proviene da un luogo speciale, il sacro Taputapuatea Marae: è proprio da qui, da questo sito di Raiatea, che ebbe inizio l’espansione dei Polinesiani in tutto il Pacifico. Dopo aver offerto benedizioni attraverso cerimonie e celebrazioni sacre, si avventurarono a nord verso le Hawaii e a ovest in Nuova Zelanda.
Raiatea, che significa “paradiso lontano” e “cielo di luce soffusa”, fu inizialmente chiamata Havai'i poiché considerata la patria degli antichi Polinesiani. Riconosciuta come l’isola più sacra della regione, ci accoglie con le sue montagne coperte di alberi e piante verdi che arrivano fino alle cime più alte come il Monte Temehani. Sull’isola di Taha’a la vita rallenta (ancor di più): affascinante e tranquilla, ci catapulta nell’esistenza pacata della Polinesia, fatta di minuscoli motu e luminose spiagge di sabbia bianca che circondano l’isola a forma di fiore. L’aria profuma della vaniglia che i venti trasportano lungo strade e villaggi partendo dalle fattorie che qui coltivano la tanto apprezzata pianta: ci si rende conto di aver raggiunto Taha’a per l’odore che la spezia dolce diffonde, ancor prima di vederne il profilo all’orizzonte.
Ma anche la canna da zucchero da queste parti arrivò ben prima che nei Caraibi e non è difficile trovare sugli scaffali etichette di rum locale: una delle migliori distillerie è proprio qui, la Pari Pari nella baia di Tapuamu. Ogni anno fornisce più di 6.000 bottiglie: la produzione è nelle mani di una squadra tutta femminile e i rum, soprattutto il bianco, sono degni di nota. Non solo qualità, ma anche una piccola storia che prende forma da quando, 16 anni fa, partì la scommessa di mettere in moto una distilleria nella calma piatta di Taha’a: sono stati creati posti di lavoro e il nome dell’isola ha avuto modo di fare il giro del mondo grazie alla personalità dei suoi di distillati. Affidatevi al giovane Hiti di Tahaa Tour Excursion per scoprire questo territorio nel modo più genuino che ci sia, con tanto di pranzo in famiglia e frutto del pane abbrustolito sui carboni.
Poteva mancare Bora Bora? L’isola più famosa della Polinesia, apprezzata dai romantici di tutto il mondo per i suoi lussureggianti pendii tropicali e le valli del Monte Otemanu che fioriscono di ibisco, si presenta con i motu ricoperti da palme, le perfette spiagge di sabbia bianca, le acque blu dove i pesci dai colori tropicali animano i giardini di corallo e le mante giganti scivolano leggiadre. Quest’isola del Pacifico meridionale potrebbe essere facilmente definita come il centro dell’universo romantico, dove resort e spa di lusso punteggiano l’isola con bungalow sull’acqua, ville con tetto di paglia e un ambiente da favola. In poche parole, Bora Bora è una delle isole più belle del mondo da scoprire attraverso leggende, suono di ukulele, giardini con alberi, pesca e piante endemiche come cocco, banano, bancoulier, pandanus. È qui che abbiamo avuto modo di provare uno dei sapori più ancestrali della Polinesia, il fafaru: tonno marinato con acqua di mare fermentata al sole insieme a gamberi e granchi per alcuni giorni… superando il primo impatto olfattivo si scopre un sapore unico e soprattutto locale.
Infine Rangiroa, la più estesa destinazione sub del mondo, con i suoi 240 isolotti allineati nell’oceano per più di 177 chilometri. È oltre ogni immaginazione, il secondo più grande atollo del mondo, un luogo dove terra e cielo formano un’inaspettata simbiosi. Il bellissimo cerchio di isole è circondato da diversi tipi di oceano, Moana-Tea (Oceano tranquillo) che definisce la laguna, e Moana-uri (Oceano selvaggio) dove balene, mante, delfini e squali sfilano tra i fortunati che esplorano il loro mondo. Lungo le poche strade che esistono si incontrano 58 chiese di coralli, centri di artigianato, ristoranti locali, panetterie e piccole botteghe.
Ma questa è anche terra di vino – si avete capito bene, vino su un atollo dell’Arcipelago della Tuamotu: la Dominique Auroy Estate è all’interno di una piantagione di cocco, dove la proprietà francese, con a capo l’enologo Sébastien Thépénier, produce i “Vin de Tahiti” utilizzando le varietà Carignano (di origine italiana), Moscato, Amburgo e Grenache, raccolte due volte l’anno a maggio e dicembre. Questo è l’unico posto al mondo dove si pianta la vite nel corallo e nei suoi detriti che rilasciano caratteristiche particolari con note minerali e di pietra focaia e profili gusto-olfattivi diversi da quelli a cui siamo abituati ma molto interessanti. Le etichette sono quattro, tre bianchi e un rosato, sono i vini realizzati da Jacqueline, responsabile del vigneto, da Landry e Lucien, da Rootoroa, Temarii e da Naomie: polinesiani che hanno portato un po’ di se stessi in questa avventura tra i filari. Ed è proprio da qui che finisce il nostro viaggio, nell’indimenticabile Rangiroa.
Lasciamo l’isola restituendo il contadino Ioanne sulla sua fetta di paradiso incontaminato che ci saluta mentre la barca prende distanza. Abita sul versante sud di Rangiroa il cui significato è “cieli infiniti”, qui vive insieme alla sua compagna e si occupa esclusivamente della produzione di coprah (polpa di cocco essiccata per l’industria agroalimentare e cosmetica) che una volta al mese qualcuno passa a ritirare. Magro, segnato dal sole, lontano dalla “civiltà”, una barchetta, un machete, migliaia di palme, zero elettricità, nessun rumore nè voci e un’opera d’arte che ogni giorno si presenta nuova ai suoi occhi, la maestosa bellezza della Polinesia Francese.
Abbiamo trascorso una mattinata insieme, ci ha mostrato il suo duro lavoro, abbiamo passeggiato e nuotato lungo un reef unico al mondo, raccolto grandi conchiglie che poi abbiamo mangiato, abbiamo intercettato un paio di antiche tombe ancora presenti sotto la fitta vegetazione, preparato il coconut bread e condiviso un ricco pranzo ridendo, nonostante capissimo ben poco delle sue battute in lingua tahitiana-francese. È forse questa l’esperienza più vera che portiamo con noi, il sorriso di un uomo un po’ suonato a cui sono rimasti solo due denti ma che vive davvero in un paradiso, ed è tutto per sé, chissà se se ne rende conto. Gli chiediamo come sia il cielo di notte, qui dove non esistono luci: mi risponde con un sorriso, un sorriso di cui si sentirà per sempre nostalgia.
a cura di Giovanni Angelucci