Gli orari del servizio, il ristorante come caserma, il “romitismo”. C’è tutto questo – e qualcos’altro – nella polemica scatenata da un articolo di Camillo Langone sul Foglio, che divide il web in due fazioni per la verità non di egual numero. Il giornalista – cattolico integralista e gastronomo controcorrente – nella sua rubrica dall’eloquente titolo di “Preghiera” parte dalle risposte a un sondaggio da me curato sul Giornale, in cui sollecito critici e food editor a fare un bilancio dell’anno appena passato e a immaginare tendenze per quello appena spacchettato.
Gli orari di Niko Romito
“Alla domanda sul pasto dell’anno – scrive Langone – molti hanno citato il Reale di Castel di Sangro. Che già si chiama Niko. Che già ha il vizio di buttarla in politica (“mangiare è un atto politico”, dice, molestando chi, come me, a tavola vorrebbe il piacere e non scontri di potere). Che già spinge un menù vegetariano da sospettarsi, come ogni forma di vegetarianesimo, animato da gnosticismo, anticristianesimo, antiumanesimo”.
Che Romito non stia simpatico al Langone appare evidente, ma non è questo il punto. Il punto è che “adesso leggo che al Reale bisogna obbligatoriamente presentarsi alle 12,30 per il pranzo e alle 19,30 per la cena, Orario anticipato e fisso come le caserme”. A Langone non vanno giù gli orari punitivi, ma soprattutto il fatto che Romito abbia spiegato l’innovazione con la ragione di consentire alla brigata di finire presto e di “godersi una serata in famiglia o con gli amici”.
“Ma la serata non dev’essere della brigata, dev’essere del cliente! Se il sabato sera vuoi uscire con gli amici non ci devi lavorare in un ristorante!”, aggiunge Langone, che così conclude, icastico: “Che un cuoco autoritario come Romito raccolga tanto consenso, sia di critica sia di pubblico, la dice lunga sul masochismo contemporaneo, sul crollo di interesse nei confronti della libertà. Sul mutamento del cliente pagante in pecora belante”.