Il nome pittattasima di Luzzi potrebbe significare "pitta azzima". È un pane poco conosciuto, originario della provincia di Cosenza, precisamente di Luzzi. Richiama un altro tipo di preparazione che proviene, invece, dalla provincia di Catanzaro: la pitt’ajma. Entrambe nella ricetta originaria erano sicuramente senza lievito. La storia della pittattasima (che ha l'accento tonico sulla terza vocale) inizia nel periodo in cui Saraceni hanno invaso la Calabria, ma col passare dei secoli la regione ha smesso di prepararla. La sua reintroduzione risalirebbe solo a metà del Settecento.
La pittattasima di Luzzi
La pittattasima, al pari di altri pani dimenticati, è quindi una ricetta molto antica, tramandata oralmente. Le sue origine arabe trovano conferma anche grazie alle spezie che vengono utilizzate, come la cannella, l’anice e in alcuni casi anche i chiodi di garofano. La sua preparazione è molto lunga e include l'utilizzo dell’acqua di bollitura dei ceci. La forma è tipica di altre pitte calabresi: circolare con un buco centrale.
A Luzzi è tradizione consumarla all’inizio di settembre, per festeggiare Sant'Aurelia Marcia. Il legame della pittattasima e la giovane martire di origine romana, le cui spoglie sono custodite dal 1744 nella Chiesa di S. Giuseppe, è parte integrante della tradizione del borgo di Luzzi. In occasione della festa che si svolge la prima domenica di settembre, i forni e i panifici sfornano il pane per tutto il giorno. È sempre più raro, invece, che la pittattasima si prepari in casa. Il rischio concreto, dunque, è che si estingua nuovamente; e per questo il comune di Luzzi sta mettendo in campo una serie di politiche per evitare che alcuni prodotti tipici del territorio vengano dimenticati dai suoi stessi abitanti. Oltre la pittattasima, è a rischio estinsione anche la Grupariata, una pizza tipica del borgo.
Una ricetta laboriosa nel rispetto della tradizione
La preparazione tradizionale della pittattasima prevede che i ceci vengano messi in ammollo in acqua tiepida per tutta la notte. Successivamente, avviene la bollitura a fuoco lento dei ceci pestati e arricchiti da una foglia di alloro. La schiuma ottenuta viene impastata con la farina per ricavare il lievito madre (e che deve crescere per almeno un giorno). Il lievito ottenuto viene impastato con la farina restante, l’anice e la cannella; il panetto deve lievitare per un’altra notte per poi formare delle pitte che vengono infornate a 200° per 30 minuti. La ricetta originale vorrebbe che i ceci vengano cotti nel focolare nella pignatta di terracotta e le pitte nel forno a legna.