Che sapore ha avuto il 2024? Ce lo siamo chiesti ripensando a tutto quello che abbiamo assaggiato negli ultimi 12 mesi, tra moltissimi ristoranti, bistrot e trattorie visitati in lungo e in largo per l’Italia. Non è stato facile scegliere, ma alcuni piatti – che fossero menu degustazione o semplici piatti della tradizione preparati alla perfezione – hanno lasciato il segno nei nostri ricordi. È stato un anno pieno di novità, in cui sempre più ristoranti sono diventati bistrot, trattorie si sono fatte contemporanee, le enoteche si sono arricchite di piatti ricercati. Il panorama gastronomico italiano è in fermento, e il nostro modo di vivere la tavola cambia di conseguenza. Se da un lato i tempi stretti e la frenesia quotidiana impongono menu più essenziali e presentazioni meno elaborate, dall’altro emerge una ricerca di calore e autenticità: si cercano sapori che siano insieme rassicuranti e sorprendenti. Le categorie classiche di ristorazione – trattoria, ristorante, enoteca – si mescolano, dando vita a format ibridi dove la cucina di mercato torna protagonista.
I migliori piatti assaggiati dalla redazione del Gambero Rosso
Una panzanella indimenticabile
Era da tempo che un piatto non riusciva a darmi emozioni forti. Lo ha fatto una preparazione assolutamente semplice. Una proposta d’autore, ma pressoché cruda. Siamo all’Anantara Palazzo Naiadi per la cucina di Heros De Agostinis all’Ineo, il gourmet dell’hotel. Sì, una semplice panzanella, una rivisitazione in chiave marinara dell’antica tradizione contadina romana che ripropone l’essenza di quel gioco tra pane, pomodoro, olio, tonno e cetriolo: ne regala il distillato di sapore e non fa rimpiangere l’originale. Anzi. E – come disse già Ferran Adrià 25 anni fa – per una rivisitazione la cosa più importante è non far rimpiangere l’originale.
Ineo Restaurant - Piazza della Repubblica 46 - Roma
Un'insalata straordinaria
Può un'insalata di radici e carote conquistare gola e cuore? Il cuoco Tommaso Melilli è riuscito nel piccolo miracolo profano colmando qualsiasi tipo di aspettativa. Nel piccolo ristorante di Milano, in via Pichi, zona di case occupate a due passi dai Navigli, quotidianamente si celebra una cucina acuta e spigliata, di sacro c'è poco se non l'atmosfera rilassata. Da Gloria, l'insalata di radici amare di Soncino fa commuovere pure i più duri di cuore. Provengono dal piccolo comune lombardo in provincia Cremona. Spellate, sbollentate, ripassate in padella con l'aceto di moscato bianco, e poi un bel contrasto sotto il segno della dolcezza con le carotine di Polignano, servite bianche. Un piatto piacevole e intelligente, un piccolo viaggio tra dolcezza, amarezza, acidità e consistenze.
Gloria - Via Mario Pichi, 5 - Milano
Terrina di pelli di pesce
Questo piatto è la summa dell'approccio ecologico, etico e intelligente ai frutti del mare di Jacopo Ticchi. Una vera e propria terrina ottenuta stratificando le pelli di pesci miste essiccate, condite e cotte sottovuoto con spezie ed erbe. In bocca la scioglievolezza del collagene, sapore vivacissimo.
Da Lucio - Viale Amerigo Vespucci, 71 - Rimini
Tagliolini all'aglio nero
Il piatto più buono che ho mangiato quest'anno è stato i tagliolini all’aglio nero fermentato di Voghiera gustato per la prima volta una sera di fine aprile da Piatto Romano a Testaccio. Grazie al lento processo di fermentazione, l’aglio diventa dolce e cremoso. Perdendo quasi totalmente l’allicina – il principio attivo che lo rende indigesto e pungente – sprigiona invece un ricordo di liquirizia. Una sorpresa incredibile. Bravo Andrea!
Piatto Romano - Via Giovanni Battista Bodoni, 62 - Roma
I piatti della cucina atipica marinara pescarese
Prodotto, mano, testa (tantissima), tecnica affinata continuamente con quella tenace ossessione che non conosce fermate né ostacoli. Effetto “wow” per il tonno frollato di Daniele Di Russo dell’Osteria del Mare di Spoltore (PE), che a voce bassa porta avanti già da qualche anno – e da questo, finalmente, in un locale più comfort – la sua “cucina atipica marinara pescarese”. Lavori eccellenti anche sul quinto quarto, detto che pure un convenzionale sauté di cozze qui è uno spettacolo. Lode dovuta a una “coccia tosta” impavida che ha rischiato parecchio su una piazza poco incline alle “stranezze” gastronomiche.
Osteria del Mare – Via Sangro, 1 – Spoltore (Pe) - fraz. Santa Teresa
Intestino di colombaccio
Il piatto più buono mangiato quest'anno? Partendo dall'assunto che non amo le assolutizzazioni – un piatto per me è buono qui e ora. Faccio fatica a considerarlo il “più buono” qui e ora, figuriamoci il più buono dell'anno – c'è un piatto che mi è rimasto scolpito nella memoria, è l'intestino del colombaccio ripieno di sake ossidato di Edoardo Tilli al Podere Belvedere Tuscany. Dattero, cioccolato e liquirizia al palato. Un posto d'onore nella mia memoria.
Podere Belvedere Tuscany - Via san piero a strada 23 - Pontassieve (Fi)
Spaghettone
Un anno di solo comfort food. Di trattorie nascoste, piccole enoteche, gastronomie asiatiche, piattini di lingua e salsa verde, risotti al midollo, ramen e poi... ho capitolato. Ho capitolato davanti allo spaghettone di Nicola Bonora - Motelombroso, Milano - che a prima vista sembra lambire la perfezione di una cacio e pepe ma poi destabilizza, con un gusto tagliente: il caglio di capretto, quasi scontroso, con una cremosità aspra e tagliente, lontana anni luce dal comfort del pecorino e il bergamotto nascosto, intenso, quasi piccante. Un piatto che non consola, ma conquista.
Motelombroso - Alzaia Naviglio Pavese 256 - Milano
Non un piatto, ma menu degustazione
Il piatto migliore dell'anno? Meglio ragionare in termini di pranzi o cene nel loro insieme. Un po' perché alcuni piatti hanno senso maggiore nel loro contesto, un po' perché l'esperienza complessiva è determinante. Quest'anno mi ha stregato il gioco delle temperature di Enigma di Albert Adrià, un viaggio tra perfette e inconsuete variazioni di tiepido (emblematica in questo contesto, la finta mozzarella, ma tutto il percorso era da capogiro: idee, sapori, percezioni densissime). Poi c'è stata la doppietta di Diego Guerrero (da DSTAgE e durantei Buonissima a Torino): uso narrativo di maturazione e fermentazione (come nell'origine del sushi o nella lingua di manzo), e una colonna sonora ti stende come ingrediente segreto: da una parte i gradi del rock, dall'altra la canzone italiana degli ultimi 50-60 anni. Che incredibile pazzia! Tra le esperienze memorabili l'audacia della pasta con cime di rapa e limone di Niko Romito che strattona (senza tradirla) la magnifica eleganza di ogni piatto del Reale, l'esperienza giocosa e spericolatissima del Mugariz dove Andoni ti incalza facendoti saltellare sul ciglio del precipizio, l'euforia da giorno di festa che regala il Lab di Uliassi di cui amo sempre di più l'uso delle spezie (la noce moscata con rognone di pecora e gambero freddissimo, la vaniglia quest'anno con il peperone e mandorle – lo scorso anno con l'agnello – il pepe di timiz con ventresca di tonno e mandarino). Ah ma davvero dovevo sceglierne solo uno?
Anguria alla brace con basilico, pecorino e mandorle
Non è carpaccio, ma a prima vista mi sembra che nel piatto mi stiano aspettando gustose e sottilissime fettine di carne. La testa è pronta, il palato un po’ meno. Perché se ti spiegano che quello che stai per mangiare è anguria, le aspettative gustative possono essere fuorvianti. L’emblematico frutto estivo ha perso la sua tipica consistenza, ma ha guadagnato in profondità di sapore. Nel piatto c’è tutto dell’estate: la sensazione fumé della carne alla brace, una fruttata dolcezza, la sapidità e un pizzico di sorpresa e spensieratezza.
Arieddas (ristorante della cantina Su’Entu) - Strada provinciale 48 km 1,8 - Sanluri (Su)
Cartellata salata con pancotto, uovo marinato, pomodorini secchi e caciocavallo
Le cartellate sono uno di quei dolci che in Puglia segnano l'arrivo delle festività natalizie. Il merito dei fratelli Martella del ristorante Donlù di Vieste è stato quello di trasformare questo "contenitore" in una versione salata ed estiva. Ecco, quindi, la loro accattivante proposta della la cartellata salata con pancotto, uovo marinato, pomodorini secchi e caciocavallo: un inno ai sapori pugliesi più veraci che Donato Martella ha saputo equilibrare con ottima tecnica in un bel gioco di consistenze e sapidità.
Ristorante Donlù - Largo Seggio, 8 - Vieste (Fg)
Baccalà, arancia, olive e dragoncello
Un assemblaggio che diventa vero e proprio piatto grazie al complesso gustativo che riesce a esprimere. Tanto eloquente da valergli la menzione. Con audacia lo chef Federico Del Monte si muove qui su masticazione e aromatiche spinte, giocando sul filo del limite, quanto basta per arrotondare gli estremi spigolosi della portata. Note ora agrumate, ora erbacee, balsamiche e pungenti tengono in piedi un equilibrio di fondo nonostante la spiccata sapidità. Con ingresso aggressivo e finale di bocca curiosamente armonico, ecco il baccalà con olive, arancia, limone sciroppato, verza sottaceto e dragoncello del ristorante Acciuga.
Ristorante Acciuga - Via Vodice 25 - Roma
Un quadro a tavola
Seppia, lenticchia, patate e acciuga. Quando è arrivato il piatto durante il pranzo ci siamo guardati per cercarne il senso. Poi è calato il silenzio, una volta vuotaro abbiamo riso come bambini per un paio di minuti. Ridevamo di felicità. L'Omaggio al pittore Ansel Kiefer provato ad Alba è goduria sotto tutti i punti di vista: ispirazione, gioco, gusto. I sapori si legano in una maneria magistrale e il finale è lunghissimo. La seppia diventa una pasta, le salse ricordano una materia lattica. Accompagna una ciotola di polenta bianca con una salsa nera di tentacoli di seppia, colorata con il nero delle sue sacche. Come fosse il calamaio dell’artista tedesco. Quel geniaccio di Enrico Crippa ci ha fregato una volta ancora.
Piazza Duomo - Piazza Risorgimento, 4 - Alba
Coda alla vaccinara
Amo stravolgere di anno in anno i miei gusti, cambiare, perdermi in sapori molto diversi tra loro e ossessionarmi ogni mese di una pietanza (fino quasi a non farmela piacere più). Ma questo 2024 ha portato così tanti cambiamenti, che mi voglio sentire a casa. Ecco perché il sapore che non dimentico è quello della coda alla vaccinara, rigorosamente con cacao amaro – come vuole la tradizione romana – e sedano rapa, ma elegantemente avvolta (e un po’ nascosta) in croccante pasta fillo. Burrosa, croccante, fresca. Verace e delicata al tempo stesso. È quella che prepara Fabio Dalla Lana da Epos bistrot ai Castelli Romani, a pochi chilometri da dove sono cresciuta.
Epos bistrot - Via Fontana Candida, 3 - Monte Porzio Catone (Rm)