L'incubo della peste suina perseguita migliaia di allevatori italiani. Al momento, riassume il Resto del Carlino, sono 27 i focolai attivi, 19 dei quali in Lombardia, sette in Piemonte e uno in Emilia-Romagna, nel Piacentino. Una situazione preoccupante che va avanti da tempo, figlia anche di azioni di contrasto lente e inefficaci messe in campo negli anni scorsi (qui per saperne di più), con il nuovo commissario straordinario Giovanni Filippini, su cui molti ripongono fiducia, che non esita a parlare di epidemia. I danni, da quando il virus si è diffuso in Italia, non si contano: i blocchi all’export nel mercato asiatico hanno fatto segnare dai 20 ai 30 milioni di euro di perdite al mese, per un totale di mezzo miliardo, secondo i dati diffusi da Assica, l’Associazione industriali delle carni e dei salumi. Diverse aree del nord Italia sono in lockdown e 50mila capi sono stati già abbattuti. A peggiorare la situazione, anche il fatto che al momento non è disponibile un vaccino contro il virus che prolifera tra cinghiali e maiali (le percentuali di letalità del patogeno oscillano dal 100% al 60% a seconda della virulenza del ceppo), ma fortunatamente non colpisce le persone.
Lockdown zone caccia e trekking
L’assessore all’Agricoltura dell'Emilia-Romagna, Alessio Mammi, continua a chiedere «che venga dichiarato lo stato di calamità nazionale» per fare fronte alle spese per contenere il virus e risarcire gli allevatori danneggiati. Nelle aree colpite sono state istituite - riporta il Resto del Carlino - «zone di restrizione». Anche le misure di biosicurezza negli allevamenti di suini sono state potenziate. Ma non basta. Gli allevatori della Cia, incontrando il commissario Filippini, hanno chiesto indennizzi adeguati, il blocco degli oneri, il contenimento massiccio dei cinghiali, principali vettori della Psa, oltre allo stop temporaneo nelle zone rosse di caccia, raccolta funghi e trekking, per limitare al massimo la circolazione del virus.
«È chiaro che ora non si può più aspettare – lancia l’allarme presidente di Cia, Cristiano Fini - serve grande sinergia e lavoro di squadra per evitare il disastro». E chiede «più investimenti per aumentare la biosicurezza in azienda» e di «accelerare e intensificare le operazioni di contenimento dei cinghiali». Si teme un'aumento dei prezzi di prosciutti e salami: le restrizioni per il contenimento del virus, con abbattimenti di massa a fronte di una positività, ha scritto HuffPost, rendono il bestiame sempre più prezioso con la conseguente impennata dei prezzi. Il costo al chilo del suino vivo è cresciuto di circa 20 centesimi negli ultimi due anni, passando da circa 1 euro e 80 a 2 euro.