Nel 2023 gli italiani hanno consumato 92,372 tonnellate di pesce surgelato e l’incremento, rispetto all’anno precedente, è stato del 2,3%. A dirlo è l’IIAS, l’Istituto italiano alimenti surgelati che ha pubblicato uno studio nello scorso aprile di cui avevamo parlato qui. Che gli italiani fossero grandi “mangiatori di pesce”, lo dice anche l’ultimo studio del WWF quando lancia l’allarme sulla fine delle risorse ittiche del Mar Mediterraneo sottolineando che il consumo pro-capite l’anno è di 31 chili, rispetto ai 24 della media europea. Ma il pesce surgelato e quello fresco sono la stessa cosa? Il processo di surgelazione comporta l’alterazione delle proprietà organolettiche? Per chiarire le idee ci siamo rivolti alla famiglia Falaschetti dell'azienda Arpesca, da generazioni armatori di Anzio, in provincia di Roma che si occupano di lavorazione di prodotti ittici freschi e surgelati.
Pesce surgelato vs pesce fresco
Il processo di surgelazione non incide sulla qualità del pesce. Le proprietà organolettiche restano le stesse, come spiegano i Falaschetti: «Se pensiamo al fatto che oggi tutto il crudo che viene consumato deve essere abbattuto per prevenire l’Anisakis, questo ci fa capire che il pesce fresco non perde nulla con certi processi». Quello che conta in questi casi è «il tempo che passa dal momento della pesca all’abbattimento: meno è meglio è, se ho un prodotto locale pescato e mantenuto sotto ghiaccio, pescato la sera abbattuto la mattina a una temperatura di -30 gradi in un’ora, il prodotto rimane perfetto».
Pesce surgelato a bordo o a terra
Un pesce surgelato a bordo ha una qualità migliore rispetto a quello surgelato a terra. Come spiegano i Falaschetti: «La surgelazione è un processo diverso dal processo di congelamento - che avviene molto più lentamente e a temperature più alte - ed evita la formazione dei cristalli di ghiaccio». Il tempo è quello che contano: serve rapidità, condizione che è più facile rispettare a bordo delle cosiddette navi fattoria che hanno le attrezzature adatte: «Le barche ogni trenta giorni rientrano a terra in porti speciali, caricano tutto in contenitori a -20, e la catena del freddo non viene mai interrotta, tant’è che viene controllata con dei registratori appropriati».
Una volta che il pesce arriva nei vari porti del paese, «le aziende di distribuzione e lavorazione dei prodotti in questione, caricano e portano il pesce nelle celle frigorifere degli stabilimenti per etichettarli, tracciarli e confezionarli». Come conferma anche l’IIAS: «Lo scopo della catena del freddo è quello di conservare al meglio il prodotto, garantendone l’integrità, gli standard igienici e la sicurezza alimentare. Per quanto riguarda i surgelati, la temperatura massima consentita è di -18°». Il pesce surgelato a terra non subisce lo stesso processo, viene prima «scaricato, poi messo in ghiaccio, e abbattuto a terra, per l’appunto. Facciamo un esempio: se si pesca del pesce in Senegal con una canoa a 45 gradi e c’è una quantità limitata di ghiaccio, il prodotto sarà diverso».
Perché il pesce surgelato è spesso pescato all’estero?
«Il pesce locale che surgeliamo in Italia è una quantità infinitesimale, bassissima, non ha proprio valore sul mercato», dicono i Falaschetti con grande sorpresa, e poi spiegano: «Non conviene surgelare in Italia: se pesco una frittura locale e la vendo a 10 euro, perché congelarla se posso prendere una frittura d’importazione e pagarla 3 euro? Un calamaro tailandese costa meno che un calamaro locale». Questo cosa significa? Che nel mondo si surgela spesso per il mercato estero. «La surgelazione subentra quando la differenza di quantità tra quello che un paese pesca e quello che consuma è elevata, ad esempio all’estero mangiano poco pesce fresco rispetto a noi in Italia», commentano i Falaschetti e poi concludono: «In Italia si consuma più pesce fresco perché la quantità di pesce non è così elevata da poterlo surgelare».