Sono rimasti così in pochi che il loro lavoro rappresenta una sfida quotidiana: a quel buonsenso, quantomeno, che gli suggerirebbe scelte meno radicali nel nome di una vita ben più comoda. Sono gli ultimi pescatori professionisti del lago d'Iseo, di quello specchio d'acqua dolce di origine glaciale conosciuto anche come Sebino - il sesto per estensione tra i laghi italiani -, che si trova tra le province lombarde di Brescia e Bergamo e che ospita un'interessante biodiversità che lo abita e lo circonda.
Un lavoro faticoso e poco redditizio
«Siamo rimasti una trentina di pescatori professionisti perché questo è il numero delle licenze oggi attive. Alcuni di noi però sono già in pensione, altri per vivere fanno diversi mestieri che gli consentono di supplire alle carenze di un lavoro poco redditizio. Io ho due figli, ancora giovani, il ragazzo di tanto in tanto esce in barca con me; ma non so se augurargli di seguire la mia strada: questo è un lavoro difficile, faticoso, non sai mai quello che ti capita, le condizioni climatiche anche in estate non sono di certo così piacevoli». La sua è la voce di Andrea Soardi, 40 anni, "figlio d'arte" da generazioni: «Mio padre, mio nonno e anche il mio bisnonno erano pescatori. Già negli anni quaranta del secolo scorso commerciavano pesce e, dunque, a memoria la mia famiglia fa da sempre questo lavoro».
Custode delle tradizioni locali
Oltre che essere un pescatore di Monte Isola, Andrea Soardi è un vero e proprio custode delle tradizioni locali legate alla lavorazione del pesce, in particolare di quella sardina essiccata tradizionale, che è stata riconosciuta come Presidio Slow Food e che rappresenta una vera e propria prelibatezza del Sebino. Di un lago, questo d'Iseo, che solo pochi anni fa - eravamo nel 2016 - conobbe una straordinaria notorietà planetaria grazie alla passerella galleggiante realizzata dall'artista bulgaro Christo.
Gesti antichi
Sono invece assai lontani da ogni ribalta mediatica quei gesti lenti e pazienti di questi pescatori che hanno piuttosto un sapore antico: come se la pesca, che si è trasformata radicalmente nel tempo divenendo sempre più una minaccia, quando eccessiva e intensiva, per i delicati ecosistemi, qui invece ha saputo mantenere i tratti di quell'antichissimo mestiere che da sempre accompagna la storia dell'umanità. Con quel "gettare le reti" che cadenza la vita dei pescatori quasi ogni giorno, tanto nelle fredde giornate invernali che nei caldi pomeriggi estivi, quando a bordo dei loro naét - le barche di legno simili alle gondole - questi uomini escono al tramonto posizionando le loro reti di profondità, le sardenere, in mezzo al lago, ad almeno 200 metri dalla riva, ancorandole quindi alle apposite boe per poi ritornare all'alba e issarle.
Una pesca sostenibile
Anche la tematica, oggi fondamentale e così urgente, di una pesca sostenibile racchiude l'eco di una saggezza antica. Dice ancora Andrea: «La preservazione e la salvaguardia della fauna ittica sono da sempre una priorità. La stessa lavorazione del pesce - come nel caso della celebre sardina essiccata di Monte Isola - nasceva proprio dall'esigenza di sopperire a una pesca che a differenza di quella degli altri laghi non è mai stata così prospera. La trasformazione del pesce, con tutte le fasi che comporta, implica il rispetto dei periodi di fermo pesca. Bisogna essere coscienziosi quando si va in barca, perché una furbata oggi mette a rischio l'intero lavoro di un anno».
Un metodo dalla storia millenaria
È un metodo antichissimo, che risalirebbe a oltre mille anni fa, quello della conservazione della sardina essiccata del lago d'Iseo, che in realtà è un agone ma che viene così chiamata per la sua forma che rimanda a quella del pesce marino. Un metodo, questo, che coinvolge anche altri pesci: come il coregone, la trota e il cavedano. Sviscerato, lavato in acqua corrente e lasciato per almeno 48 ore sotto sale, il pesce non verrà mai a contatto con alcun componente chimico. L'essiccazione viene fatta quasi esclusivamente all'aria aperta, per circa trenta o quaranta giorni. Alla fine del processo il pesce verrà ricoperto con olio.
Rispetto della stagionalità e creatività in cucina
«È anche grazie a queste tecniche di trasformazione - conclude Andrea Soardi - che si sensibilizzano i clienti più esigenti, come gli chef importanti che apprezzano il nostro pesce, a rispettare la stagionalità, educandoli così all'attenzione verso quei periodi di riproduzione in cui la pesca non viene praticata. In quei periodi, dunque, non possiamo approvvigionarli con del pesce fresco. Combattiamo anche in questo modo l'eccessivo prelievo di pesce e la conseguente difficoltà al suo ripopolamento. È un'attesa che ci impegnamo a rispettare, ma che credo può diventare uno stimolo per sviluppare la fantasia e la creatività in cucina: se non restiamo legati sempre agli stessi pesci, impariamo anche ad apprezzarli nei loro periodi migliori».