Usciti fuori dalla stazione di Venezia lo spettacolo è servito, a cominciare dalla maestosità della Chiesa di San Simeon Piccolo. Tra queste bellezze noterete – noi lo abbiamo notato – anche un proliferare di cannoli siciliani, o meglio di cannoli dai ripieni colorati e sgargianti che poco hanno a che fare con quelli autentici.
Perché? «Perché vanno, perché ce li chiedono, perché sono buoni», rispondono le pasticcerie interpellate. Ma è proprio necessario?
La pasticceria a Venezia
Quando si tratta di tradizioni alimentari sembrerebbe scontato pensarla come appartenenza a un territorio: i prodotti, le ricette di un determinato luogo. A maggior ragione se questo luogo è assiduamente frequentato da turisti stranieri, come Venezia, che di fatto avallano la “identità veneziana” in rapporto/confronto alla loro.
Nello specifico cosa caratterizza la pasticceria veneziana agli occhi dello straniero? Bastano una ricetta, un ingrediente, un nome veneziano, per trasformare una pasticceria in una pasticceria veneziana? Crediamo di no. Innanzitutto, perché non è detto che il turista statunitense, solo per fare un esempio, sappia quale siano i dolci tipici della città lagunare; e poi perché la pasticceria, così come la cucina, è frutto di scambio e di contaminazione con altre culture e identità. È un discorso che si può generalizzare e ampliare in molti ambiti della cucina italiana.
Citando lo storico Massimo Montanari, «le identità – alimentari e di qualsiasi altra natura – non sono iscritte nei geni di un popolo o nella storia arcaica delle sue origini, ma si costruiscono storicamente nella dinamica quotidiana del colloquio tra uomini, esperienze, culture differenti».
I cannoli siciliani non autentici
Diciamolo: è molto fastidioso vedere così tanti cannoli siciliani a Venezia. Essere “versatili” e compiacenti anche nei confronti di cliché ormai fossilizzati è diventata la normalità, come se Venezia, essendo rappresentante indiscussa delle bellezze italiane (e quindi dell'Italia?), sia obbligata a piegarsi e a proporre i prodotti simbolo del Paese e più conosciuti all'estero. In questo caso, i cannoli siciliani.
Fossero almeno autentici, anche non riempiti al momento, ma quanto meno preparati con ricotta, meglio se di pecora. Invece neppure questo: nelle vetrine è un susseguirsi piramidale di cannoli dai ripieni colorati, in questo periodo affiancati alle classiche frittelle (c'è da dire che i due dolci una cosa in comune ce l'hanno: pure i cannoli in origine venivano preparati in occasione del carnevale).
Ecco, forse a “infastidirci” non è l'invasione di cannoli siciliani a Venezia ma la conquista di dolci brutti e, ipotizziamo (non abbiamo avuto il coraggio di assaggiarli), neppure buoni. Auspichiamo una tradizione ricettiva e capace di assorbire e metabolizzare ogni genere di influsso senza però snaturarsi. Anzi, guadagnandone in rigore e motivazione.