Ponza è un’idea. Un’idea di godimento mediterraneo concentrato in uno scoglio di tufo, in ogni vicolo il dialetto campano antico mischiato ai fantasmi di Pertini e degli altri antifascisti, calette irraggiungibili, da guadagnare arrampicandosi tra mirto, more e fichi: ognuna di esse un mondo a sé, isolata nell’isola e dal resto del mondo. Tra queste Cala Feola è quella che si offre più ammiccante: la si scorge dall’alto, percorrendo la strada accecante de Le Forna, accende di desiderio quell’acqua azzurra, un tratto ameno di sabbia, che rarità in quest’isola di pietra.
Cala Feola
Il paradiso deve essere più o meno così. Ci si affianca alle case grotta - quelle antiche, imbiancate a calce, sono intagliate nella roccia con cupole arabeggianti - ed ecco l’unica via, con tanti scalini, cento o duecento, che differenza fa, è discesa. Alla salita ci si pensa dopo. Su queste scogliere fino agli anni ’40 venivano a svernare le foche monache, oggi, gradino dopo gradino, ci si avvicina a una nuotata strepitosa e a un ristorantino incastonato nella roccia bianca che pare esso stesso un’idea. La Marina è una veranda che guarda le onde, tende di legno che suonano al vento, ceramiche colorate e lanterne a incorniciare una vista degna di un quadro.
La Marina e la sua parmigiana
Potremmo essere su una nave, è quasi più facile arrivare via mare; quelli che si muovono qui dentro, cuochi, camerieri, sembrano i mozzi dell’Isola del Tesoro, sguardi guasconi, pelle di sole, risate piene. Nei piatti spaghetti alle vongole, murena fritta, scampi sontuosi. E poi c’è lei, la parmigiana di pale di fichi d’India: ricetta povera, nata dalla necessità e dalla creatività dettate da isolamento e bisogno di sussistenza. Al primo giro sembra uno scherzo in menu e, poi, una volta assaggiata non si può fare a meno di innamorarsene. La tecnica è ortodossa, potrebbe essere la parmigiana di nonna, ma no, quella punta di acidità, la carnosità quasi gelatinosa, tutto riporta a Cala Feola. Questo è il piatto del qui e ora, non potresti essere altrove che nell’isola che non c’è.