La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti con dedizione questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista a Chiara Rossetto, Amministratore Delegato, insieme al fratello Paolo, di Molino Rossetto.
Intervista a Chiara Rossetto
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna? In quale modo è riuscita a superarli e a raggiungere il suo attuale incarico?
Quello del mugnaio è un lavoro storicamente maschile, dove alle donne solitamente non veniva lasciato molto spazio. Tuttavia fortunatamente nella mia famiglia anche mia madre ha da sempre avuto un ruolo molto attivo in azienda, per cui io fin da piccola ho potuto osservare da vicino sia il suo lavoro, dedicato per lo più alla parte amministrativa, sia quello di mio padre, concentrato prevalentemente sugli aspetti produttivi. Da entrambi ho imparato moltissimo e ho capito che nella differenza si cela la forza: ognuno può portare il suo contributo e la sua visione e ogni punto di vista rappresenta ricchezza. Mio padre, in particolare, si è sempre fidato delle mie intuizioni e mi ha lasciato percorrere la mia strada e costruire, giorno dopo giorno, quello che oggi è un brand fortemente riconosciuto nel settore.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Innanzitutto è importante offrire loro la possibilità di esprimersi nel lavoro. Io ho sempre creduto nei giovani, tanto che l’età media del personale dei nostri uffici è infatti intorno ai 35 anni, e nelle donne, che mi accompagnano quotidianamente nelle scelte aziendali.
In tema di leve, credo che la prima regola da applicare sia trattare uomini e donne nello stesso identico modo. Sembra una banalità ma purtroppo molto spesso questo ancora non accade. Da noi, a parità di competenze e mansioni, il trattamento, anche economico, è il medesimo. Alle colleghe con figli piccoli, ove richiesto, è stato concesso il part time e la possibilità di lavorare in smartworking quando necessario, ma se la richiesta arrivasse da uomini sarebbe presa altrettanto in considerazione.
La speranza, in questo senso, è che avvenga anche un cambio culturale. Anche se sono stati fatti grandi passi avanti in questo senso, tendenzialmente gli uomini sono ancora “sollevati” dagli impegni familiari e, di conseguenza, più agevolati a dedicare maggior tempo al lavoro e, dunque, a fare carriera. Non è un caso, infatti, che spesso le donne che ricoprono importanti posizioni si trovino in qualche modo a “sacrificare” il tempo dedicato alla famiglia. Se invece fosse socialmente accettato che entrambi i genitori si trovano sullo stesso piano e hanno lo stesso diritto di dedicarsi alla vita professionale, come a quella familiare, ci sarebbe un maggiore equilibrio a vantaggio di tutte e le donne non sarebbero penalizzate come accade oggi nella ricerca del lavoro.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Sarebbe importante rivedere tutta la normativa di congedo parentale per cercare di renderlo il più possibile equo tra madre e padre.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Come detto sopra, va intrapreso un percorso di cambiamento culturale, che fortunatamente è già in atto nelle giovani generazioni. Sicuramente contenitori di informazione che sensibilizzano su questo fronte possono essere molto utili, così come messaggi da parte del mondo degli influencer. Molto lavoro, tuttavia, va fatto fin dall’infanzia, sia all’interno delle mura domestiche che nelle scuole. Bisogna educare i bambini fin da piccoli all’assoluta parità tra generi: tutti devono crescere nella consapevolezza di poter intraprendere qualsiasi strada professionale rifletta le loro passioni e le loro attitudini e che nella vita familiare tutti hanno gli stessi diritti e doveri.
Quale messaggio o consiglio si sente di dare alle donne che hanno capacità e desiderio di emergere, in particolare a quelle che stanno ancora lottando e alle giovani generazioni?
Studiare, crearsi un’indipendenza economica, seguire le proprie passioni, cercare di non rinunciare alle opportunità che la vita ti presenta. Ma soprattutto, come ho detto all’incontro di TEDx Padova a cui sono stata invitata lo scorso dicembre, è importante “continuare ad allenarsi”: non pensare mai di essere arrivati ma cercare di porsi sempre nuovi e stimolanti obiettivi. Altrettanto importante, però, è rispettare la propria vita privata e cercare di mantenere il giusto equilibrio con quella professionale.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Sono sempre stata una donna indipendente ma un’esperienza che sicuramente mi ha lasciato una grande consapevolezza è il viaggio che ho fatto alcuni anni fa in Ecuador tramite Oxfam, un’associazione umanitaria internazionale che lavora con le donne per combattere la fame. Lì ho conosciuto donne che, grazie al lavoro – nello specifico alla coltivazione di quinoa e amaranto – sono riuscite a raggiungere una propria indipendenza economica e a mantenere le loro famiglie anche senza il supporto dei loro uomini, spesso lontani proprio per motivi di lavoro. Avere un lavoro significa avere una dignità, potere essere autonomi e avere maggiori opportunità di liberarsi anche da situazioni negative, quando si verificano.
illustrazione di Ilenia Tiberti
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