I rider verso un contratto di lavoro dipendente?
In Italia, la battaglia dei rider per ottenere un contratto dignitoso e le giuste tutele ha iniziato a fare passi in avanti sul finire di un 2020 che li ha visti protagonisti in un mondo costretto a ripensare le dinamiche di comunicazione e di scambio. Il percorso è scandito da tappe di avvicinamento al traguardo altalenanti, iniziando dal controverso accordo siglato dal sindacato UGL e Assodelivery lo scorso settembre, per approdare, più di recente, alla prima vera buona notizia per la categoria, dopo l’annuncio di Just Eat di voler regolarizzare le prestazioni dei suoi rider attraverso un contratto di lavoro dipendente, anziché proseguire sulla strada del pagamento a cottimo, contro cui anche il Ministero del Lavoro – solo nelle ultime settimane – si è schierato con una circolare. E in questa direzione va pure la sentenza del Tribunale di Palermo che negli ultimi giorni ha imposto a Glovo di assumere uno dei suoi fattorini come lavoratore indipendente, a tempo pieno e indeterminato. Una sentenza che farà scuola, anche per come è maturata e per le conclusioni che mette nero su bianco. Sperando che sia d’aiuto anche in sede di negoziato tra ministero, sindacati e piattaforme di delivery: la data di riferimento è quella del 9 dicembre, quando le parti si incontreranno per discutere su diritti e tutele dei rider (intanto, già sono nati progetti di delivery socialmente responsabili, come Consegne Etiche e Starbox).
La Maison des Coursiers a Parigi
Nel frattempo, a Parigi prende forma un progetto senza precedenti, che proprio sulla necessità di garantire una dignità professionale a rider e fattorini concentra i suoi sforzi. Nel XVIII arrondissement della capitale francese, sta per aprire battenti il primo “centro d’accoglienza” per rider. Un punto di incontro e ristoro per chi trascorre le sue giornate a percorrere in lungo e in largo la città, inseguendo il tempo per espletare quante più consegne possibile. E dunque, in senso simbolico, anche una presa di posizione contro la precarietà che caratterizza un lavoro in cui ognuno è solo, senza riferimenti, fatta eccezione per lo smartphone che registra – uno via l’altro – gli ordini in entrata, da recuperare e consegnare. La Maison des Coursiers, promossa dalla municipalità di Parigi attraverso le parole dell’assessore Barbara Gomes, invece, fornirà ai rider uno spazio dove incontrarsi e recuperare le forze. La struttura nasce all’interno di un edificio comunale nel quadrante nord di Parigi, e sarà “rifugio per ristorarsi, ripararsi dal freddo, scambiare due chiacchiere con i colleghi o indire riunioni di confronto su temi di interesse comune, dagli interventi per la sicurezza stradale alle rivendicazioni sindacali”, spiega l’assessore.
Restituire dignità al lavoro dei rider
Un luogo dotato anche di parcheggio per le biciclette e di servizi igienici e docce, per ovviare a uno dei problemi più sgradevoli evidenziati dal monitoraggio del sistema in cui si muovono i rider, cui spesso, durante il turno di lavoro, è negato l’accesso ai servizi igienici dei ristoranti da cui ritirano gli ordini. L’auspicio è che la prima struttura possa preludere all’apertura di altri punti ristoro in diversi quartieri di Parigi, e – perché no – essere d’esempio per altre città (fermo restando che una misura del genere non si sostituisce alla necessità di definire un contratto di lavoro equo per la categoria). A gestire la maison parigina sarà la cooperativa CoopCycle - che riunisce diverse realtà di consegna a domicilio su bici – finanziata dal Comune, ma per un periodo di tempo limitato. Poi, sarà proprio il Municipio a chiedere alle principali piattaforme di delivery di prendere in carico la gestione e la manutenzione dello spazio. O, in alternativa, ad assumere – finalmente – l’impegno a garantire tutele sociali e sanitarie ai propri rider.