La tradizione è come un manto intessuto di ricordi familiari che ci riporta dritti a un tempo lontano, spesso l'infanzia, che oggi non c'è più e che tuttavia riesce a scaldarci ancora, magari grazie all'assaggio di un cibo evocativo, con la sua memoria importante. Per questo non stupisce più di tanto che gli occhi di Marta Boccanera, titolare insieme al marito Felice Venanzi della pasticceria Grué di Roma, tre torte per la guida delle Pasticcerie d'Italia del Gambero Rosso, siano diventati d'improvviso lucidi, quando insieme ci raccontano della loro ultima creazione per le feste: il Sole d'Inverno. In quella che è a tutti gli effetti un'interpretazione moderna e riuscita di un dolce della tradizione laziale, il Pangiallo, la memoria della pasticcera romana va dritta a nonna Maria e a nonno Mariano: «Insieme l'hanno preparato fin quando avevano 95 anni. E quando mio nonno è scomparso a 104 anni, dopo 60 anni di matrimonio, mia nonna ha semplicemente detto: "Te ne sei andato troppo presto". Ecco: per me il pangiallo è tutto questo».
Il Pangiallo un dolce noto già in epoca imperiale
Poi, certo, aggiungono i titolari di Grué, questo dolce assai antico (noto addirittura in epoca imperiale) e diffuso in tutto il Lazio con sfumature e accenti diversi, sconta oggi alcuni limiti: «Esteticamente è bruttino, e l'immagine oggi è sempre più importante - puntualizza Felice, originario di Leonessa (RI) e lui pure cresciuto con i pangialli natalizi delle nonne Ida e Pasqua -. Ed è anche un dolce piuttosto carico e pesante». La sfida, dunque, è consistita nel realizzare un dolce che fosse al passo con i tempi, vale a dire alleggerito del carico zuccherino, rimanendo però evocativo in tutto e per tutto di quello originale. A partire dagli ingredienti che lo compongono. Puntualizza Marta: «In casa nostra, del resto, la sua preparazione era accompagnata da un'importante ritualità: le noci arrivavano da una zia di Terni, prima si preparava la frutta secca che veniva tostata, poi i nonni mettevano a scaldare il miele (protagonista importante del pangiallo) per averlo più scioglievole e il giorno dopo lo impastavano. Tengo ancora con amore la loro madia, una sorta di cassetto con un coperchio in cui i nonni mettevano i pangialli per conservarli e regalarli a ogni persona che ritenevano importante. E ricordo ancora l'angoscia, di noi bambini, quando i pangialli sembravano finiti, ma non era così: ce n'erano trenta ma non si potevano toccare perché erano tutti da regalare. Per noi non era Natale senza pangiallo».
Un cake morbido a forma di ghirlanda
"Il Sole d'Inverno" di Grué è un cake molto morbido (l'originale invece è croccante fuori e morbido dentro) a forma di ghirlanda con della gianduia all'interno ed è composto di frutta candita, come l'arancia calabrese, il cedro ma anche con l'uvetta australiana. Viene ricoperto con una massa di cioccolato 70% e con della frutta sabbiata (mandorle, noci, nocciole e pistacchi). Non si trova il caffè - come nella sua versione laziale - perché, ci dicono i pasticceri, il caffè coprirebbe gli altri sapori. Importante, invece, la presenza ieri come oggi del miele (di acacia) in grado di donare morbidezza all'impasto.
Un dolce romano per il Giubileo
Ci salutano Marta e Felice: «In passato il pangiallo veniva preparato come segno di buon augurio prima del solstizio d'inverno per augurare una produzione ricca e feconda nei campi e per auspicare il ritorno del sole simboleggiato dal suo colore giallo. Nella forma di una ghirlanda con cui l'abbiamo ricreato, il nostro Sole d'Inverno non si sottrae a questa ritualità. Anzi, proprio come dolce benaugurante intendiamo continuare a prepararlo per tutto l'anno del Giubileo come dolce romano».