Quando il sacro e il profano si incontrano. È proprio il caso di dirlo. Siamo ad Agnone, in Molise, in un paese che non conta nemmeno cinquemila abitanti. Eppure, qui si produce un dolce natalizio famoso anche fra i turisti. Le ostie ripiene.
Ostie di Agnone, una tradizione di famiglia
«Non possiamo definirlo propriamente dolce, le ostie ripiene si avvicinano molto di più a un torrone», racconta Germano Labate, titolare della pasticceria Gerri di Agnone. Sì, perché a comporre questo «sfizio goloso» sono proprio le ostie farcite con noci, mandorle, zucchero e miele.
In questo paesino preparare le ostie è una tradizione “sacra” di famiglia.
«Chi fa le ostie in casa ha il suo ferro personale, composto da due parti (superiore e inferiore), va immaginato come se fosse una pinza. Quello è lo stampo», continua Labate. Ogni ferro è come se fosse un timbro di famiglia, e tutti marchiano le loro ostie con il proprio stemma, con l’anno di produzione del ferro, con il nome di avi o di tutto quello che ritengono opportuno tramandare.
Come nascono le ostie di Agnone, la storia
La storia delle ostie ripiene nasce in un convento delle suore Clarisse (probabilmente quello di Santa Chiara) di Agnone. «Era circa il 1300 e le suore non avevano altri ingredienti che ostie o noci, mandorle o miele per fare delle preparazioni», racconta Labate. Ed è da lì che nasce la tradizione del dolce molisano: delle ostie – magari pure benedette! – da farcire e mangiare in compagnia e da offrire ai viandanti.
«A quei tempi non si aveva la possibilità di utilizzare ingredienti come cacao, ad esempio, e ci si arrangiava come si poteva», spiega ancora Labate.
Tutto è partito da Agnone, però c’è da precisare che anche in altre zone d’Italia esistono le ostie ripiene, come racconta il titolare della pasticceria Gerri: «Abbiamo fatto uno studio e scoperto che esistono almeno altre otto tipologie di ostie in altre regioni italiane, ad esempio in Sicilia si fanno con i pistacchi, in Puglia solo con mandorle e miele, ma si producono anche in Emilia-Romagna o in Toscana».
Come si fanno le ostie di Agnone, una tradizione di famiglia
La procedura per realizzare le ostie ripiene è certosina: bisogna avere cura perché si tratta un prodotto molto delicato, ma anche accortezza nel manovrare un ferro rovente che raggiunge circa 200° su una fiamma a metano.
La preparazione delle ostie
Da pasticceria Gerri, si prepara innanzitutto un impasto con acqua e farina, molto liquido. Dopodiché, come racconta Labate: «si procede come se fossero dei pancake: si mette una goccia di impasto nel ferro, di chiude pressando e si attende un minuto per avere un’ostia perfetta». Il lavoro si perfeziona estraendo l’ostia con una pinza, e con delle forbici si eliminano i bordi in eccesso per ottenere una forma perfetta. Nel passaggio successivo, le ostie prodotte si lasciano raffreddare per circa otto ore su una teglia o un vassoio, ponendoci sopra un ulteriore vassoio per pressarle al meglio e ottenere un prodotto fine ed equilibrato in forma e spessore.
La preparazione della farcia
In attesa che le ostie si raffreddino, si procede con la preparazione della farcia. In una pentola si mettono zucchero, miele, noci e mandorle tostate, e si scalda fino a quando la parte liquida non assume quasi l’aspetto di un caramello. Una volta pronto, il composto viene tenuto in caldo a bagnomaria per evitare che si indurisca.
Quando le ostie sono fredde e pronte, si procede alla composizione per strati.
Tradizione vuole che le cialde siano due, una sopra e una sotto, a racchiudere il composto di frutta secca come se fosse un biscotto ripieno, ma si possono comporre anche più strati. Quindi si procede con: strato di cialda, composto di noci e mandorle riposto delicatamente con una forchetta, copertura con la seconda cialda. Si lascia riposare il tutto per una decina di ore, e il dolce molisano del Natale è pronto!