È giusto "vessare" il cliente per far vivere meglio cuochi e camerieri? Le critiche alla rigidità di Niko Romito accendono il dibattito

4 Gen 2024, 16:36 | a cura di
Una polemica lanciata sul Foglio dal giornalista Camillo Langone innesca una lunga discussione: è giusto che ai clienti vengano imposti orari rigidi dei pasti per far vivere meglio la brigata? La discussione è aperta

Gli argomenti messi sul tavolo (anzi sulla tavola) da Camillo Langone sul Foglio, in merito agli orari dei pasti del ristorante Reale di Niko Romito (a pranzo i clienti si siedono alle 12.30, a cena alle 19.30, per permettere alla brigata di cucina e ai camerieri si non allungare l'orario di lavoro), sono talmente tanti che è difficile capire da dove partire. Gli orari della ristorazione? L’attacco alla libertà? La critica all’adorazione di Romito?

Quest’ultimo tema in realtà si risolve nella tendenza di Camillo Langone (e non solo sua) a smontare i miti gastronomici e i loro zelanti corifei, che peraltro spesso infastidiscono anche me (più i secondi che i primi).

Preferenze a tavola: meglio Romito o Bottura?

Ma va aggiunto che Romito arriva da un 2023 in cui ha dovuto incassare parecchie critiche, prima tra tutte la recensione negativa fatta da Lorenzo Ruggeri proprio sul Gambero Rosso al suo nuovo locale romano al Bulgari. E che lo stesso Langone, rispondendo a un sondaggio da me curato sul Giornale, in cui sollecito critici e food editor a fare un bilancio dell’anno appena passato e a immaginare tendenze per quello appena spacchettato, ha citato come pasto dell’anno “il pranzo all’Osteria Francescana.

Al tavolo di cucina, servito e riverito da Massimo Bottura in persona. Più di un pranzo dell'anno: uno dei vertici della mia vita”. E Bottura non è certo un oste scovato in una oscura trattoria della Bassa, è mito a sua volta. Quindi per Langone ci sono miti intoccabili e miti toccabilissimi. Ma va bene, siamo nel campo dei gusti personali, che sono sacri.

Il web si scatena

Il punto vero è la riflessione sugli orari della ristorazione e su come imporre slot rigidi (e onestamente anche un po’ antelucani: io non ceno alle 19,30 da quando mi capitò di finire in ospedale per un intervento al ginocchio). Il j’accuse del Foglio scatena presto la Rete. “Langone confonde i gastrofighetti della ZTL con la maggioranza in una visione di popolo tutto peccatore. No, è un’infima minoranza quella che ama entrare in un ristorante come se fosse una caserma. Per questo gli stellati non sono sostenibili”, scrive Luciano Pignataro, critico gastronomico del Mattino.

Aggiunge Guido Barendson: “Langone tocca quello che da tempo è un mio cavallo di battaglia. Al di là dei meriti che Romito sta conquistando soprattutto nella ricerca, evito accuratamente i posti dove trovo limiti alla mia libertà” anche se poi nota che “siamo stai noi (i critici, ndr) a trasformare alcuni cucinieri in stelle: non meravigliamoci poi se qualcuno si allarga e qualcuno crede di essere un piccolo genio misconosciuto battendo i piedi perché non vede adeguatamente riconosciuto il proprio genio”.

Giulia Gavagnin, penna finissima della Verità, nota per l’appunto come Langone abbia indicato Bottura come suo idolo, ed “essendo un cattolico strutturalista, appare evidente che affermi la supremazia del Papa su Benedetto da Norcia, anzi, Rivisondoli”. Lo chef Arcangelo Dandini interviene per stigmatizzare come Langone descrive il cliente, “siamo alla lesa maestà della sacralità del servizio, sono d’accordo con Romito".

Pietro Caroli, socio di Diego Rossi e direttore di sala di Trippa, la celebre trattoria milanese che impone due turni a cena a causa delle troppe richieste di prenotazione, ammette che “nel nostro lavoro non bisogna piacere a tutti per forza. Se hai il ristorante pieno ogni giorno e un team felice e affiatato, stai facendo bene”. Mentre Andrea Gori, sommelier di Burde, altra grande trattoria a Firenze, riflette sul fatto che “se per avere i massimo della qualità a tavola bisogna sacrificare così tanto della libertà del cliente dobbiamo chiederci alcune cose…”.

L'alta cucina e le sue spine

Che in Italia si debba riflettere sugli orari della ristorazione, sulla sostenibilità sociale dei ristoranti, sullo stretto sentiero tra soddisfare il cliente e garantire alla brigata una vita decente, sulla agiografia spesso sdraiata dei grandi chef, è chiaro a tutti. Non serve Langone a ricordarcelo.

Resta il fatto che andare a mangiare da Romito a Castel di Sangro è un’esperienza unica, per la quale può anche valere la pena di adattarsi - una tantum - a orari poco graditi, così come quando si cerca un tavolo in buona parte degli stellati (anche e soprattutto da Bottura) si soggiace a mesi di sold out, capricciose file di attesa, programmazioni semestrali, meccanismi a orario da biglietteria di un concerto rock, ciò che fa apparire l'altissima ristorazione inaccessibile non solo economicamente.

Insomma, ovunque nell'empireo dei grandi chef ci si adatta ad andare quando si trova posto, magari vuoi la cena e ti accontenti di un pranzo. Langone da Bottura magari ha trovato posto perché amico o perché critico noto, ma se fosse stato il signor Rossi sarebbe ancora in lista d'attesa per un tavolo ad aprile. Insomma, l’alta ristorazione ha le sue regole rigide. Sono una bolla? Se è così esploderà. E al cliente, che ha sempre ragione salvo quando a torto, resterà sempre la libertà più grande: quella di non andare in un certo ristorante.

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