Il 19 luglio debutterà su Apple TV+, ma intanto come antipasto, è possibile gustarsi il trailer di Omnivore, la docuserie creata e narrata da René Redzepi guida del Noma, il ristorante di Copenhagen tre stelle Michelin e per cinque volte migliore del mondo. Tempio gastronomico che, peraltro, ha annunciato proprio lo chef, chiuderà a fine 2024 (ne avevamo parlato qui), notizia che ha allarmato profondamente il mondo del fine dining.
Ominovore, la docuserie dello chef René Redzepi
Omnivore porterà il telespettatore in un viaggio alla scoperta degli ingredienti fondamentali che hanno plasmato l'umanità e continuano a influenzare il modo in cui viviamo il mondo: «Sarà la testimonianza di ciò che rende il cibo davvero straordinario. È un sogno decennale che finalmente prende vita - ha spiegato Redzepi - Non sarà solo uno show culinario, ma qualcosa che ci ricordi che il cibo non è mai solo cibo: è una finestra sulle nostre vite, sulla nostra storia e sul nostro mondo».
Il cibo grande star
Peperoncino, tonno, sale, banana, maiale, riso, caffè e mais saranno le star assolute della serie e ogni episodio celebrerà la coltivazione, la trasformazione e il consumo di questi otto ingredienti tra i più essenziali al mondo, rivelando come essi costituiscano le pietre miliari del patrimonio culturale globale.
E di ingredienti, Redzepi è un cultore ossessionato: muschio, bacche, tuberi, radici, germogli, yogurt, alghe, bue muschiato danese, granchi d’alto mare, aghi di pino, sono solo alcuni degli ingredienti tipici dei suoi piatti per i quali è diventato l’emblema della creatività culinaria espressa al massimo livello: basti pensare al cervello fritto di germano reale, la tartare di cuore di renna con intingolo di uovo e formiche e agli asparagi preservati nella muffa.
Un viaggio nelle tradizioni culinarie
La serie porta gli spettatori nelle più disparate destinazioni di tutto il mondo, tra cui Danimarca, Serbia, Thailandia, Spagna, Giappone, Gibuti, Perù, Corea del Sud, Francia, Colombia, India, Bali, Ruanda e Messico, oltre a diverse località degli Stati Uniti. In ogni episodio, Redzepi e i collaboratori della serie offrono un'esplorazione intima delle tradizioni culinarie, mostrando gli sforzi locali per onorare, conservare e proteggere le offerte della Terra.
Attraversando i cinque continenti, trascorrendo del tempo con le persone e percorrendo i sentieri intricati e commoventi delle loro vite, si scopriranno innumerevoli storie e si rafforzerà, via via, una verità: che il cibo è tutto. E per scoprire cosa questi otto ingredienti potrebbero dirci su chi siamo, si verrà travolti dalla pura magia della cucina, insieme alle domande mozzafiato, gioiose e talvolta pericolose che circondano ciò che coltiviamo e come lo consumiamo.
Redzepi il guru del Noma, mecca gastronomica
«Il cibo è la cosa più importante che abbiamo. Ci rende ciò che siamo», afferma Redzepi. Una dichiarazione che non sorprende, dato che viene proferita del creatore di una mecca gastronomica che per 20 anni è stata in cima alle classifiche dei migliori ristoranti del mondo. E che, però, a fine anno chiuderà, come dichiarato dallo stesso chef al New York Time.
Dopo 20 anni, la trasformazione "sostenibile"
La notizia ha mandato in tilt migliaia ristoratori che si sono subito chiesti se l’inizio della chiusura di alcuni stellati fosse la fine del fine dining, l’esperienza gastronomica extralusso riservata a una piccola cerchia di privilegiati. Una cerchia, forse fin troppo esclusiva per essere “sostenibile” a livello economico, ma altrettanto a livello fisico, ha spiegato Redzepi motivando della chiusura del Noma.
La ristorazione, infatti, a questi livelli è un mestiere molto faticoso e stressante per tutti quelli che la fanno, dagli chef al personale al quale viene chiesto l’impossibile. Lo stesso Redzepi aveva fatto ammenda per i suoi errori nei confronti di stagisti tiranneggiati con richieste assurde e insulti.
Addio Stelle, il modello deve cambiare
Lo chef, però, come ha spiegato in un’intervista a Repubblica, non sembra aver perso del tutto le speranze, ma pare che, a differenza del collega Ferran Adrià che a quanto dichiarato ha chiuso per sempre, intenda dedicarsi solo a un modello diverso di ospitalità, più sostenibile, per l'appunto. L’idea è quella di lavorare con università e startup per creare una sorta di laboratorio della creatività culinaria e magari aprire ogni tanto qualche ristorante pop up per testare i frutti di quel lavoro. Senza doversi più, finalmente, preoccupare di quelle Stelle che lo hanno gratificato, ma quasi distrutto.