La vite è caratterizzata da una resilienza climatica elevata che gli ha consentito di attraversare la storia di tutte le grandi civiltà e di adattarsi per la sua variabilità genetica alle condizioni ambientali più disparate. Il global warming attuale sta mettendo a dura prova tutte le viticolture mondiali, soprattutto dal punto vista dei fabbisogni idrici. Oltre alle tecniche di ottimizzazione, risparmio, conservazione delle risorse idriche e di gestione dei suoli, è necessario progettare i nuovi vigneti, non per essere irrigati, ma per produrre uva di qualità con un minor consumo idrico.
L’utilizzo dell’irrigazione di soccorso nella storia
Uno sguardo al passato ci consente di ripensare al concetto di vocazionalità viticola, in funzione dei modelli produttivi che nel tempo si sono evoluti passando dalle forme di viticoltura estensiva a quelle intensive. Questo ha comportato un maggior sfruttamento del suolo con la coltivazione specializzata e un cambiamento varietale con impieghi più elevati di risorse idriche e nutrizionali. L’abbandono di tecniche di coltivazioni mediterranee (forme di allevamento con maggiori distanze d’impianto, talvolta in forma promiscua, vitigni tardivi, portinnesti molto vigorosi) e per contro l’adozione di modelli viticoli atlantici e continentali (alte densità d’impianto, basse produzioni per ceppo, vitigni precoci e portinnesti molto esigenti da un punto di vista dei fabbisogni idrici) è stato accompagnato anche dallo spostamento della viticoltura dalle zone fresche di pianura, alla collina, in zone asciutte, a bassa fertilità, dove spesso si è fatto ricorso all’irrigazione di soccorso.
Ripartire dal suolo
È necessario riscoprire l’importanza del suolo e ripartire dalle radici, il cervello della vite, per favorirne lo sviluppo in profondità. La conoscenza delle caratteristiche dei terreni, non solo da un punto di vista fisico-meccanico ma anche della biodiversità, è la condizione sine qua non per impostare un’arida viticoltura capace di produrre uva di qualità. È fondamentale partire da una adeguata preparazione dei suoli fin dall’ impianto senza lo sconvolgimento degli orizzonti anche per consentire la migliore espressione adattativa ai portinnesti di recente costituzione che si sono dimostrati più efficienti nell’impiego dell’acqua. Anche le distanze di impianto vanno riviste per consentire un maggior sviluppo radicale ed una migliore dispersione dell’infrarosso tra i filari. Non va trascurato l’impatto sui consumatori dei vini dai nuovi profili sensoriali che saranno prodotti in queste mutate condizioni ambientali e colturali, attraverso una comunicazione che metta in evidenza l’utilizzo delle risorse ambientali sostenibili, nei confronti di input esterni, quali l’irrigazione.