Rispetto al lockdown di aprile, il consumatore sceglie anche etichette più costose, soprattutto Docg. Un fenomeno di ‘trading up’ che le insegne distributive provano a intercettare. E si afferma l’idea di creare nuovi spazi per quei prodotti finora esclusivo appannaggio dell’Horeca. Ma come e a quali condizioni? Il dibattito sui dati Iri gennaio-ottobre
Vini di fasce super premium da sempre destinati all’Horeca negli scaffali dei supermercati. Potrebbe sembrare “fanta-Gdo” ma questa crisi economica ci ha già abituati a importanti stravolgimenti. Uno di questi è, appunto, l’apertura del canale moderno alle grandi etichette della ristorazione. Un rimescolamento di carte – che agli occhi di molti è un po’ come mettere assieme il diavolo e l’acqua santa – nel segno di una multicanalità con cui il settore vitivinicolo, fiaccato da un Horeca che non riparte, dovrà inevitabilmente fare i conti da qui in avanti. Tutto merito di un andamento positivo delle vendite nella grande distribuzione organizzata italiana che, in un anno del tutto condizionato dalla pandemia da Covid-19, ha dimostrato solidità. La presenza del virus ha determinato un’altalena degli acquisti, facendo coincidere il segno più per il vino soprattutto nei periodi di chiusura delle attività del fuori casa.
Il mercato 2020: le vendite di vino nei mesi della pandemia
Secondo l’analisi Iri, illustrata nel corso della tavola rotonda di wine2wine - il forum internazionale della Wine Industry - dedicata al tema “Vino e grande distribuzione di fronte al cambiamento”, il vino ha mostrato dei picchi nel periodo marzo-maggio, un rallentamento nei mesi estivi e un nuovo rialzo tra ottobre e novembre. E c’è di più: coi vari stop alla ristorazione, i consumatori, oltre a premiare i vini comuni da tavola per il consumo quotidiano, hanno cercato nella Gdo anche quei prodotti di fascia più alta distribuiti in Horeca, provando a replicare a casa alcune abitudini di consumo del periodo pre-crisi, determinando un fenomeno di trading-up sui prezzi, registrato immediatamente dalle grandi insegne distributive, ora più che mai disposte a discutere con la filiera vitivinicola e valutare se e come allargare la propria gamma di top wine in spazi adeguati. Anche perché, già a marzo-aprile, l’emergenza aveva catalizzato sulla Gdo l’attenzione di molte cantine in difficoltà, che non hanno esitato a bussare a quelle porte dove finora non si erano mai volute affacciare.
In sintesi, secondo i numeri illustrati da Virgilio Romano, business insight director di Iri (che si occupa di ricerche e analisi di mercato), nella prima parte dell’anno le vendite sono state condizionate dal lockdown, nel periodo estivo si è tornati a una quasi normalità e, in autunno, si registra una nuova crescita, in coincidenza coi nuovi Dpcm anti-contagio del Governo. Nel complesso, da inizio anno all’8 novembre, la variazione positiva è pari a 5,3% a volume (di cui 3,1 punti imputabili al trimestre marzo-maggio) con una spesa a +6,9% (di cui 2,6 punti decisi dal trimestre marzo-maggio). Guardando ai singoli mesi, le performance sono migliori in quelli interessati dalle ondate di contagio e dalle chiusure delle attività: ottobre ha chiuso a +2,8% e novembre a +10,8%. I prezzi risultano in crescita dell’1,4% a fronte di un calo generalizzato (-3 punti) dei volumi in promozione.
Bene vini comuni e premium
In questo 2020, vanno sottolineati gli aumenti dei vini di categoria medio-alta con la crescita del 13,6% nella fascia di prezzo tra 7 e 10 euro e dell’8,7% nella fascia tra 5 e 7 euro. I vini fermi segnano +4,8%, mentre gli spumanti, nonostante il crollo di aprile, aumentano del 10,4%. Crescono il vino comune (+4,2% a volume) e il vino a marchio delle insegne distributive (Mdd) con valori a +8,7% nel comparto vino e +10,8% nel comparto spumante, in particolare grazie alla spinta dei formati di più alto valore. Il biologico, ancora categoria di nicchia, conferma la crescita del 2019: +12,5%, a volume. I trend registrati da Iri segnalano un incremento sia per i vini da tavola ma anche per i vini di qualità a denominazione d’origine, in particolare per le Docg. Una sorta di polarizzazione tra fasce basse e quelle più alte, che inizialmente hanno sofferto per poi riprendersi gli spazi consueti, ripristinando le gerarchie consolidate.
La rivincita del bottiglione
Da una decina d’anni in continuo calo, al punto da essere considerata una specie in via di estinzione al supermercato, il classico bottiglione di vino, da 1,5 litri, è cresciuto a volume tra marzo e aprile 2020 di quasi il 30%. “Alla luce di quanto sta accadendo, dobbiamo riflettere bene e interrogarci” ha osservato Virgilio Romano (Iri) “se possa essere considerato come un importante contenitore di servizio”.
Nuove abitudini: domina l’online
Il 2020 ha inevitabilmente modificato le abitudini di acquisto dei consumatori guidati da concetti come qualità, salutismo, gratificazione, sostenibilità e un forte ritorno dell’attenzione alla convenienza. La crisi ha anche favorito i dettaglianti di piccole dimensioni e il canale online, che in primavera ha realizzato un +200% per poi attestarsi a +122% nel periodo gennaio-ottobre, al punto da raddoppiare la sua quota sui fatturati della Gdo (discount inclusi): dallo 0,6% del 2019 (invariata da tre anni) all’1,1% dei primi dieci mesi 2020. Una crescita che ha ripreso vigore tra settembre e ottobre, in concomitanza col rientro dalle vacanze e la ripresa delle infezioni. “Sono dimensioni che iniziano a essere interessanti” ha sottolineato Romano “e il canale online è ora da tenere sotto stretta osservazione”.
Gli stessi consumatori, interpellati da Iri (assieme a RemLab, Università Cattolica), si dicono pronti a tornare solo in parte alle vecchie abitudini. Durante l’emergenza, l’11,8% ha fatto acquisti di alimentari online, la metà lo ha fatto per la prima volta e il 47% di questi nuovi acquirenti web del periodo Covid ha dichiarato che continuerà a utilizzare internet per fare la spesa abitualmente o meno frequentemente. Il messaggio è chiaro per distributori e produttori: non tutto tutto tornerà allo status quo e come sempre “chi per primo si organizzerà per intercettare queste tendenze beneficerà del vantaggio di cui godono i primi arrivati”.
Effetto trading up
C’è un fenomeno, in atto da qualche anno, che ha acquistato un diverso valore e ha cambiato velocità in periodo di pandemia, suscitando il forte interesse delle principali insegne del canale moderno. Ed è la propensione del consumatore ad acquistare vini di fasce pregiate. Lo ha fatto notare, durante la tavola rotonda, Gianmaria Polti, responsabile beverage di Carrefour: “Sembra che soprattutto per le Docg i clienti stiano facendo acquisti a prezzi superiori: un trade up che sta interessando i segmenti alti”. Il trading up si è sviluppato soprattutto nella marca privata, secondo Fabio Sordi, direttore commerciale del Gruppo Selex: “Stiamo lavorando su tutte le referenze dell’alto di gamma, premium e biologico, e questo potrebbe apparentemente contrastare con la probabile e attesa crisi del potere d’acquisto degli italiani, ma tutte le volte che abbassiamo il differenziale di prezzo il cliente reagisce con un trading up, che in futuro, va comunque ricordato, potrebbe essere condizionato dal ritorno di una maggiore pressione promozionale”.
L’interesse per le fasce top è confermato anche da Alessandra Corsi, direttore marketing dell’offerta e Mdd per Conad: “I consumatori sono più pronti a trovare in Gdo una certa qualità di vini e noi stiamo cercando di venire incontro a queste esigenze, aumentando il valore dello scaffale sia dell’assortimento sia della marca commerciale, inserendo etichette pregiate”. Da un lato, quindi, l’esigenza del consumatore e, dall’altro, l’esigenza di quelle cantine che nel lockdown hanno cercato nella Gdo “un polmone per respirare spostando i volumi destinati all’Horeca”, come ha osservato Francesco Scarcelli, responsabile vini, birre e bevande alcoliche per Coop Italia.
Un nuovo dialogo Gdo-produttori
La multicanalità che sta investendo anche il vino, spinta dal rapido sviluppo dell’online, sta determinando un allentamento dei vecchi confini tra i canali distributivi. Da un lato, la Gdo sembra avere in mano una nuova opportunità e, dall’altro, una parte della filiera produttiva è meno snob nei suoi confronti. Se dialogo sarà, dovrà essere impostato su basi molto serie e di lungo periodo. “L’Italia ha considerato quasi sempre la Gdo un canale di serie B rispetto all’Horeca” ha ricordato Enrico Gobino, rappresentante di Unione italiana vini e marketing director di Mondodelvino spa “ma se ci sarà un corretto posizionamento di prezzo la Gdo potrebbe dare vita a una situazione virtuosa per cui si riconosce al vino lo stesso valore del canale Horeca, evitando asimmetrie e il mancato rispetto di un valore creato in tanti anni di lavoro. In questo senso, si può prendere il buono che la distribuzione moderna può portare alla filiera vitivinicola, anche da parte di chi, tra i produttori, non l’ha mai considerata un canale fondamentale nelle strategie di vendita”.
Alla luce degli stravolgimenti attuali, non ci sono tabù nemmeno per Mirko Baggio, rappresentante di Federvini e responsabile vendite Gdo per Villa Sandi: “Estendere il prodotto Horeca sugli scaffali potrebbe creare qualche problema, ma non vedo perché un consumatore che oggi ordina con un clic qualsiasi prodotto non possa farlo entrando in un punto vendita della Gdo. Gli scenari sono mutati e ora c’è da capire come inserire questi prodotti di fascia alta”. Va da sé che occorrerà, in fase di negoziazione, scegliere dei partner capaci di valorizzare questi vini coi giusti abbinamenti e puntando sulla territorialità: “Soprattutto che non denigrino il prodotto con politiche commerciali aggressive o con accentuate promozioni. Scegliere di entrare in Gdo con vini Horeca” conclude Baggio “significherà incontrare le nuove esigenze dei consumatori”.
L’apertura delle grandi insegne
La Gdo è pronta a discutere, ma Francesco Scarcelli (Coop Italia) è stato molto chiaro: “Sarà fondamentale che ci siano le stesse etichette dell’Horeca, se vogliamo approfittare della fidelizzazione dei clienti con quei marchi. Abbiamo bisogno, insomma, di produttori che ci mettano la faccia, i quali devono sapere” ha avvertito “che chi entra oggi troverà uno scaffale già presidiato da altre aziende che da sempre hanno creduto nel nostro canale. Siamo disponibili a creare e studiare un nuovo assortimento, ma bisogna ragionare sul lungo periodo con le cantine italiane. Non è che una volta passata la pandemia si torni al passato”. Appello al dialogo che arriva anche da Gianmaria Polti (Carrefour): “La crescita delle Docg segna una tendenza, stiamo mettendo a catalogo molte più Docg che Doc. Una buona parte delle cantine si sta avvicinando a noi, ritenendoci un canale valido. Quindi, rinnovo l’invito ai produttori: avvicinatevi alla grande distribuzione, sigliamo delle partnership e non spaventatevi della negoziazione sui listini”
a cura di Gianluca Atzeni