Ai fratelli Bisconte bisogna dare atto che sono stati i primi a credere che il Moscato di Saracena potesse affrontare lunghi periodi di maturazione in cantina prima di essere imbottigliato. L’intuizione nasce da un ritrovamento di vecchie bottiglie in cantina, datate tra gli anni Sessanta e Settanta che nonostante l’età e la conservazione non ottimale ancora avevano qualcosa da dire. Da qui l’inizio di una fase di studio e tante prove: micro-vinificazioni a partire da micro-produzioni (provate a immaginare cosa significhi in termini di tempo, fatica e costi, fare delle micro-vinificazioni) provando affinamenti e maturazioni differenti... per non parlare del lavoro in vigna per capire il momento migliore per vendemmiare le diverse varietà utilizzate.
Moscato di Saracena, in bottiglia dopo 8 anni
I Bisconte inoltre hanno lavorato anche su quella che chiamano scottatura, cioè la bollitura di parte del mosto, riducendo di molto i tempi. Ovviamente c’è sempre la variabile dell’annata, ma adesso normalmente il Moscato di Saracena dei Bisconte dopo due anni in acciaio sulle fecce, ne fa almeno altri cinque o sei in legni di rovere di vent’anni che vengono periodicamente ricolmati, prima di essere imbottigliato per un altro anno di affinamento in vetro, con dei risultati davvero straordinari, almeno da quello che abbiamo assaggiato negli ultimi anni.
La storia antichissima (e recente) del Moscato di Saracena
Il legame tra Saracena e il vino ha origini antichissime, secondo Strabone l’antica Sestio fu fondata nel 1744 a.C. dal popolo degli Enotri e fiorì sino al 900 d.C. quando fu conquistata dai Saraceni, a cui deve il nuovo nome. I primi documenti che attestano l’esistenza del Moscato di Saracena risalgono al 16° secolo. La fillossera prima e l’abbandono delle campagne dopo, fecero si che la produzione di questo storico vino sul finire del secolo scorso fosse relegata al solo consumo familiare dei pochi che ancora lo producevano. È sul finire degli anni Novanta che si ricomincia a parlare del Moscato di Saracena, quando un paio di piccole cantine artigianali ricominciarono ad imbottigliare questo vino antico e dal complicato metodo di produzione, tanto da diventare un Presidio Slow Food. Occorre precisare che il Moscato di Saracena non si ottiene solo dal moscatello, ma si utilizzano anche malvasia, guarnaccia e odoacra (o duraca: nomi dialettali che indicano lo zibibbo). Mentre il moscatello viene fatto appassire per due o tre settimane, parte del mosto della guarnaccia e della malvasia viene fatto sobbollire per concentrarlo, in genere riducendolo di un 30%. Infine gli acini del moscatello, diraspati e quindi pressati manualmente con leggerezza (una volta erano le donne a pressarli ad uno a uno con le dita) vengono aggiunti alla massa del mosto per innescare la fermentazione. L’azienda di Maurizio e Roberto Bisconte nasce nel 1998 e adesso conta su appena 5 ettari di vigna.
Il vino: moscato sì, ma non solo
Questo Moscato Passito al Governo di Saracena ’15 è un blend di moscatello di Saracena, malvasia e guarnaccia in percentuali simili e un saldo di odoacra, il Moscato Passito al Governo di Saracena ’15 si apre al naso con un caleidoscopio bouquet di straordinaria eleganza e complessità, fragranti aromi di agrumi e zenzero, poi frutta gialla candita, zafferano, fichi, miele, the verde e spezie. Dolce ma ben bilanciato dalla sapida acidità il sorso, fitto, vellutato e dalla lunghissima persistenza.
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