«Lunedì 6 agosto, quattromila bottiglie di vino sono scomparse nelle profondità del Golfo di Napoli, calate a oltre 40 metri sotto il livello del mare». Così comincia la realizzazione dell'impresa di Francesco Lerro, imprenditore napoletano che ha trasformato il fondale marino in una cantina sottomarina. Un progetto che porta l’affinamento del vino, dell’olio e dell’aceto in un ambiente inaspettato: il mare. Sfruttare le particolari condizioni ambientali delle profondità marine è già stato testato negli anni da altre realtà in tutto il mondo, Italia inclusa (ne abbiamo parlato qui).
In Italia, l’affinamento sottomarino è stato adottato in vari contesti: la Cantina di Riva sul Lago di Garda utilizza le profondità lacustri per affinare bottiglie di Trentodoc a 40 metri, mentre Gianluca Grilli ha sperimentato con Albana e Sangiovese a 35 metri di profondità nell'area dell'ex piattaforma Paguro. Dal 2019, anche nel lago di Nemi, vicino Roma, un produttore di Roma Doc utilizza il fondo del lago per la maturazione del vino, approfittando della temperatura costante e dell'oscurità. Tornando al mare, esperimenti come quelli di Bisson a Chiavari, in Liguria, dimostrano che le condizioni subacquee, influenzano l’evoluzione del vino. Tuttavia, sul tema della sostenibilità di questa pratica di affinamento rimangono dei dubbi: sebbene possa ridurre il consumo energetico e di suolo, i trasporti e le operazioni aggiuntive sollevano preoccupazioni ambientali.
L’istallazione accanto a Castel dell’Ovo
«La prima calata è stata effettuata con 4mila bottiglie di vino. Presto ne seguiranno altre», racconta a Repubblica Francesco Lerro, 40 anni, ex ristoratore che tre anni fa ha iniziato a seguire «questo sogno» fino alla creazione della società Megaride cantine sommerse. La scelta della location, a un chilometro dalla costa, è stata il frutto di tre anni di studi e autorizzazioni, terminati con la concessione di una piana sottomarina. «La prima scelta, va detto, era nei fondali dei Campi Flegrei, scoraggiata però dai vincoli archeologici e da una sabbia vulcanica che fino a venti metri dalla costa continua a essere calda», spiega Lerro. Infine, la piana nel Golfo di Napoli, a poche centinaia di metri da Castel dell'Ovo - ad oggi chiuso per restauro - si è rivelata più idonea per l’affinamento.
Vino, olio e aceto sotto il mare
Le prime 4mila bottiglie calate sono di un vino orange, già affinato un anno in anfora. «Abbiamo anche immerso un Aglianico irpino bio naturale e non filtrato», precisa Lerro. Il prossimo obiettivo è l’immersione di altre 4mila bottiglie, intorno al 30 settembre, di una falanghina spumantizzata. Questa immersione servirà anche come test per valutare l'efficacia del metodo di affinamento subacqueo: «Se andrà bene, ne caleremo altre».
Mentre per il mese di ottobre, il progetto prevede l’immersione di 6mila bottiglie di olio toscano e aceto balsamico di Modena, già invecchiato per 30 anni. «Una novità assoluta», annuncia. Oltre all’aspetto enologico, il progetto punta a un'integrazione con il turismo. L'imprenditore sta pensando di pianificare visite subacquee guidate alla cantina sommersa. «La scelta del lungomare di Napoli è strategica», conclude l'imprenditore.