L’insicurezza è donna (a quanto pare). Antonella Boralevi nella puntata di Tg2 Post di qualche giorno fa rilascia delle dichiarazioni che continuano a fare discutere. «Molto spesso le donne bevono come prima si fumava una sigaretta. Per darsi un tono» o ancora «Non abbiamo bisogno del bicchiere di vino per sapere che siamo persone di valore». Un tentativo di spendere qualche parola positiva sulle donne e metterle in guardia sui lati negativi dell'alcol che cozza con il contenuto, inciampa sul modo in cui viene comunicato e lascia un po’ sbigottiti. Fa da eco a questo stridere di parole il sommelier Alessandro Scorsone: «Il vino è poesia. Uno straordinario mezzo per conoscere le persone e soprattutto per conquistarle, ecco perché alle donne piace sempre quando viene servito un calice di vino». Quindi le donne si danno un tono quando bevono vino? Perché non possono berlo da sole a casa? Sono contente di essere conquistate con un bicchiere di vino? Lo abbiamo chiesto a Cristina Mercuri, docente presso il wine club che porta il suo nome e aspirante Master of Wine.
Cosa ne pensa delle dichiarazioni di Antonella Boralevi?
Non ho visto il programma in questione. Trovo che siano affermazioni particolari e, soprattutto, personali, non ci si può permettere di generalizzare su questioni di insicurezza o tanto meno su bevande alcoliche o sigarette. Se quanto detto dalla scrittrice ha funzionato per lei, ben venga. Il vino è molto altro però: è convivialità, ma anche studio, approfondimento, indagine, marketing, non può essere ridotto a mero elemento di distrazione o di generalizzazione in cui le donne non sono capaci di tenere una conversazione sociale o di essere in grado di interfacciarsi se non attraverso un mezzo. Più che un commento lo trovo un punto di vista del tutto personale.
Moderazione e gender: le donne dovrebbero sempre bere metà di quello che bevono gli uomini?
Non ho i numeri precisi, ma ci sono dati del World Health Organization che evidenziano che per via di un metabolismo diverso, un minor numero di enzimi minore e, tendenzialmente, la corporatura più minuta, le donne dovrebbero assumere meno alcol. Detto questo, tutti dovremmo moderarne l’uso attraverso un consumo consapevole.
Esistono delle linee guide, ma vanno anche contestualizzate rispetto al luogo per cui sono state scritte. In Europa il consumo del vino è associato a cibo, ma esistono anche fenomeni come il binge drinking. Nell’ambito della nostra unicità, poi, va sottolineato che alcune donne possono bere più degli uomini. Non so se volesse giustificare delle frasi di circostanza come “se l’è ha andata a cercare” pronunciate dopo eventi gravosi, spero non sia così. In definitiva penso che fare un’affermazione per spiegare una questione salutistica va bene, ma, ripeto, mai generalizzare.
Boralevi dice “mai bere da sole, mai bere da sole in casa”. Cosa pensa volesse dire?
Non ne ho proprio idea. Non vorrei interpretare male le parole. Per studio io degusto in casa e se la sera ho voglia bere un calice di vino non vedo perché non lo dovrei fare. E non capisco cosa ci sia di male nel farlo.
Trasmissioni del genere sono un deterrente anche solo per godersi un paio di bicchieri a cena?
Finché si fa informazione sono contenta che ci siano diversi punti di vista, ma deve esserci un contraddittorio. Con una posizione così netta serve qualcuno che sappia bilanciare.
Anche Alessandro Scorsone, ospite della puntata, ha fatto un bello scivolone…
La battuta è un po’ infelice perché parla da sommelier e di conseguenza ha una visione molto romantica del vino. Sì, il vino è poesia, ma parla di un genere che non conosce perché è un uomo. Trovo che questo bisogno di parlare per le donne da parte degli uomini sia un po’ spiacevole. Quello che mi sento di dire è che non necessariamente una donna è contenta perché a quel punto si sente “conquistata”. Il vino siccome è buono può far sorridere di gioia le persone, che siano uomini e donne. E non perché se si è donne allora si è contente perché ci si può innamorare di una bevanda. Sminuire di nuovo il ruolo della donna a colei che è delicata, indifesa, e ha bisogno di un calice di vino per ammorbidirsi è un po’ anacronistica come visione.
Qual è il suo punto di vista sul mondo femminile in rapporto con il vino?
Dai numeri dell’Associazione Donne del Vino si osserva un aumento della presenza femminile nel business. Questo mondo si sta aprendo sempre di più alla meritocrazia; tuttavia, se si guardano le posizioni apicali, la percentuale è inferiore alla parità. Le tante donne che ci lavorano spesso si occupano del marketing, della comunicazione e ci sono molte meno enologhe, o personalità femminili che ricoprono ruoli chiavi nella produzione e nel management. C’è ancora da lavorare, ma vedo una luce alla fine del tunnel grazie alle nuove generazioni, più sensibili alla competenza, piuttosto che il genere o il colore della pelle. È un dato positivo che dona speranza.