Tutta l'Italia... tutta l'Italia contro la Commissione europea e il nuovo documento di lavoro in vista della revisione del Beating cancer plan (Beca), vera nota stonata di questi ultimi anni per il mondo degli alcolici. Prendendo a prestito il refrain sanremese, c'è un coro di associazioni di categoria che ha appena dichiarato guerra all'impostazione di Bruxelles, in materia di accise ed etichettatura. E si sta preparando a nuove dure battaglie per questo 2025 nelle aule dell'Europarlamento e nei tavoli del Consiglio Ue. Anche se il ministro Francesco Lollobrigida (Agricoltura) non si è ancora espresso, la linea italiana sembra essere chiara e tracciata: difesa a oltranza e fronte comune. L'obiettivo è uno: evitare che in un contesto di calo della domanda e di difficoltà di mercato per le imprese vitivinicole (non solo italiane ma anche europee), si possa mettere mano alla fiscalità e si intervenga sugli alert salutistici (Irlanda docet). Vino e spirit, infatti, il proprio compito lo hanno ampiamente svolto in questi anni, impegnandosi a promuovere il bere moderato e informando i consumatori su ingredienti e calorie. Mettere mano alle accise e riproporre gli alert salutistici sarebbe un danno per tutta l'industria, come ha denunciato l'Unione italiana vini. E, soprattutto, potrebbe non avere alcun effetto preventivo e non raggiungere gli obiettivi dell'esecutivo europeo, secondo cui - invece - le spese sanitarie possono essere finanziate anche tramite le tasse sugli alcolici.
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Il nodo accise il più urgente
Una chiave di lettura di questo momento delicato la fornisce al settimanale Tre bicchieri il Ceev, sigla che rappresenta gli industriali europei del vino e pesa per il 90% sull'export di vino made in Ue. Il tema dell'etichettatura e degli alert salutistici esiste e viaggia in parallelo in questo nuovo capitolo della vicenda, ma le preoccupazioni più importanti nel breve termine, come sottolinea il segretario generale Ignacio Sánchez Recarte, sono rappresentate da una possibile revisione del sistema delle accise sul vino (oggi pari a zero euro). La Dg Salute insiste nel voler aprire la discussione ma si ha l'impressione che la revisione del Beca sia usata come pretesto. «Il documento di lavoro della Dg Salute - spiega Sanchez Recarte - dovrebbe fornire una panoramica della situazione, presentando una revisione del Piano contro il cancro dal 2021 al 2024, esaminando i risultati ottenuti e lo stato di attuazione delle varie azioni previste. Però, guardando alle misure inizialmente previste per combattere l'abuso di alcol, oltre alla modifica delle leggi sui vini e sui prodotti a base di vino aromatizzati, che impongono la comunicazione di ingredienti e la dichiarazione nutrizionale, è stato fatto ben poco».
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Le anomalie del documento della Dg Salute
Nelle carte di Bruxelles, pubblicate il 4 febbraio scorso, ci sono alcuni elementi che non tornano. Se è vero che l'obiettivo dichiarato nel documento è la raccolta di informazioni da tutti i dipartimenti della Commissione coinvolti nell'attuazione del Beca, non solo dalla Dg Salute, «un primo problema - rileva Sánchez Recarte - è il fatto che la raccolta delle evidenze è basata sull'opinione di un profilo molto specifico di stakeholder». Un profilo costituito, a ben guardare, dalle rispettive società nazionali contro il cancro, da enti non profit che forniscono assistenza ai malati, da organizzazioni ombrello che lavorano su diversi tipi di cancro, su cure, ricerca, educazione e formazione. Il gruppo include università e rappresentanti degli istituti nazionali di salute pubblica e società di consulenza che rappresentano interessi in ambito salutistico. Insomma, un campione troppo sbilanciato. E, pertanto, di parte.
Le "distorsioni" della Commissione
Un altro problema è collegato all'atteggiamento della Commissione che, secondo il Ceev, «sta operando una distorsione del linguaggio e del proprio ambito d'azione». In che modo? Bruxelles sostiene che tra gli obiettivi del Beca in relazione al consumo di alcol c'è il sostegno agli Stati membri nel ridurre sensibilmente i danni alcol-correlati sulla popolazione. Tuttavia, questa espressione sembra indicare che la riduzione del danno alcol-correlato sia solo un passaggio intermedio nella lotta globale contro il consumo di alcol. «Invece, l'obiettivo originario del Piano europeo contro il cancro - rimarca Sánchez Recarte - non è mai stato combattere il consumo di alcol. semmai combattere l'uso dannoso dell'alcol. Si tratta di una differenza sostanziale». In questo senso, quella della Commissione appare una sorta di fuga in avanti.
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Semplificazioni "inaccettabili"
Non è finita. Analizzando sempre il documento di lavoro della Dg Salute, la Commissione ha modificato il suo approccio al tema dell'accessibilità dei prodotti a base alcolica. Infatti, sta lavorando a misure che comprendono diversi aspetti, come i prezzi, gli acquisti transfrontalieri e la tassazione. «Però - si chiede Sánchez Recarte - quand'è che la Commissione ha deciso di lavorare sull'accessibilità dei nostri prodotti? Il Beca non lo menziona, piuttosto richiede di "rivedere la legislazione dell'Ue sulla tassazione dell'alcol e sugli acquisti transfrontalieri di alcol da parte di privati, garantendo che rimanga adeguata allo scopo, bilanciando gli obiettivi di entrate pubbliche e protezione della salute"». Infine - e qui sta la più grande preoccupazione della filiera - il documento di lavoro della Dg Salute introduce alcune «semplificazioni inaccettabili». Viene introdotto il concetto «vago, indefinito e oscuro di "nuovo vino industrializzato"». Con un obiettivo: «Mettere in discussione l'aliquota minima di accisa sui vini, pari a zero euro, e il fatto che venga applicata in base al volume» e non al grado alcolico. Bingo.
I rimedi e le strategie
Con gli occhi di Bruxelles nuovamente puntati sul comparto alcolici, ci si domanda, allora, quali siano le strategie d'uscita. In primis, chiedere un approccio collegiale sul tema del Beca: «Gli altri servizi della Commissione, oltre alla Dg Salute, devono essere informati e consultati sulle future iniziative», sostiene il Ceev. Le speranze sono, poi, riposte sugli eurodeputati: «Sarà importante che il Parlamento europeo segua da vicino i lavori futuri. Non sorprende che, quando si parla del ruolo dell'informazione per i consumatori, il Documento di lavoro della Dg Salute si concentri sugli avvertimenti sanitari, dimenticando - evidenzia Sánchez Recarte - di menzionare la richiesta e la proposta del Parlamento europeo di includere informazioni sul consumo moderato e responsabile». Allo stesso tempo, la filiera vino dovrà continuare a fornire alla Commissione europea, lungo tutto l'iter politico futuro, un «feedback e un'expertise trasparenti, completi e basati sulla scienza», in modo che i co-legislatori possano sviluppare le migliori iniziative politiche possibili. «Non possiamo accettare - conclude il segretario generale del Ceev - che approcci dogmatici siano alla base della futura legislazione».
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Blocco unico contro "l'eurofollia"
Intanto, il fronte delle associazioni italiane si è compattato, anche perché già rodato dalla precedente esperienza sugli alert salutistici. Mirco Carloni, vice presidente della Comagri alla Camera dei Deputati, ha usato il termine «eurofollia» per definire il clima che si sta instaurando. La Coldiretti ha annunciato di essere pronta a scendere in piazza per difendere i 240mila viticoltori italiani e di aver scritto una lettera al presidente della Commissione Ue (Ursula von der Leyen), ai commissari alla Coesione e riforme (Raffaele Fitto), all’Agricoltura (Cristophe Hansen) e alla Salute (Olivér Várhelyi): «Prevedere misure come etichette allarmistiche e nuove tasse ingiustificate, significa colpire un settore strategico del made in Italy, che vale quasi 14 miliardi di euro», ha scritto il presidente Ettore Prandini.
La Cia-Agricoltori Italiani ha stigmatizzato l'attacco della Commissione a un settore che dà lavoro a 1,3 milioni di persone: «Non ci sembra in discontinuità rispetto alle politiche precedenti, malgrado le tante assicurazioni sulla volontà di tutela del mondo agricolo», è il pensiero del presidente Cristiano Fini. «Per il settore vitivinicolo già alle prese con un periodo difficile per la minaccia dei dazi, il calo dei consumi e le forti incertezze sul futuro - afferma il presidente Fnp Vino di Confagricoltura, Christian Marchesini - un inasprimento delle misure è inaccettabile in questi termini». Anche il vice presidente del Senato ed ex ministro dell'Agricoltura, Gian Marco Centinaio, ha detto «no a una nuova crociata» contro il vino fatta di tasse ed etichette allarmistiche.
Sorpresa la Federvini che nota come il documento sulla revisione del Beca riprenda temi che sembravano ormai consolidati: «Stavolta - afferma Albiera Antinori, presidente del gruppo vino - il tono appare più rigido nelle parole, ma senza fornire obiettivi temporali precisi, senza indicazioni concrete su tempi e iter di attuazione, lasciando così spazio a future interpretazioni dei possibili sviluppi». Ecco perché sarà fondamentale comprendere «quale sarà l’orientamento politico del Parlamento Ue e quale direzione prenderanno le discussioni». Si deve puntare con forza, afferma la Federvini, a garantire una «chiara distinzione tra consumo responsabile e abuso, evitando approcci troppo restrittivi». Rabbia e stupore ai vertici di Wine in Moderation, nelle parole del presidente Sandro Sartor: «Ogni volta che si parla del problema dell'alcolismo e dell'abuso, l'Europa punta il dito contro il consumo, il quale tra l'altro sta scendendo. E lo dimostra il fatto che le misure sul tavolo riguardino pubblicità e accise. Evidentemente, non capiamo le motivazioni dell'abuso: è un po' come avere il mal di testa ma curare l'intestino. Probabilmente, il mal di testa non passerà. Insomma, soluzione tutta sbagliata».
Il controsenso dell'Ue per Assodistil
Ma non c'è solo il vino. Per Assodistil, il settore bevande spiritose sarebbe il più penalizzato da una tale revisione del Beca, perché l'eventuale innalzamento della tassazione (gli spirit hanno oggi l’accisa più alta rispetto agli altri alcolici) «graverebbe in maniera inesorabile su un comparto già in sofferenza e che rischia di scontare un drastico calo dei consumi a seguito del Decreto Salvini». Con un curioso quanto clamoroso controsenso: per Grappa e Brandy italiano l'incremento graverebbe su due Ig «protette dall’Ue e per le quali la stessa Commissione incentiva programmi di promozione nel mondo», afferma il direttore Sandro Cobror, che si augura non si arrivi a un «terrorismo psicologico dell’etichetta».
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Garanzie dagli eurodeputati
L'appello preoccupato delle associazioni di categoria a «fermare tutto» è stato accolto in Europa. Carlo Fidanza (vice presidente dell'Intergruppo vino al Parlamento europeo) ha garantito che non saranno accettate misure che penalizzino un prodotto simbolo come il vino. Rassicurazioni che arrivano anche da Stefano Cavedagna (Fdi-Ecr) che ha parlato in una nota ufficiale di «massimo impegno per bloccare queste misure penalizzanti» basate su regole «ideologiche scellerate e prive di fondamento scientifico». L'esercito, evidentemente, si è ricomposto. Anche perché la nuova guerra, come detto, è solo agli inizi.