È un Alex Britti sorridente e disteso quello che ci apre la porta della sua casa suburbana poco lontano dal mare in un soleggiato sabato mattina. È l’ora dell’aperitivo, e ci accomodiamo in giardino.
Intervista ad Alex Britti tra la cucina e il bbq
Dalla cucina arrivano profumi invitanti. Alex si scusa e torna un attimo in cucina per buttare un occhio ai fornelli. Cominciamo a parlare... di cibo!
Alex, quanto è importante il cibo nella sua vita?
È fondamentale. Dico spesso che ho scelto la carriera musicale per andare in giro a mangiare e a bere nei posti buoni… E il mio pubblico lo sa… (ride) Sono l’unico artista al quale le fan non lanciano oggetti personali sul palco ma lasciano una teglia di parmigiana alla security… E sono anche contento…
Le sue passioni vengono da lontano, amore per la cucina e amore per la musica…
Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia dove il cibo è una cosa importante. E sono cresciuto nella macelleria di papà, dove ho anche lavorato per un periodo. Da noi la tavola era un rito nel quale mentre si mangiavano cose buone si discutevano i dettagli dei prossimi pranzi e cene… Ho imparato in casa a cucinare e questa passione non mi ha mai lasciato. Se sono a casa cucino io, se sono in tour per me e i miei scelgo sempre posti buoni, autentici, che servono cibi genuini. E questo vale per i ristoranti sofisticati, che amo, come per le piccole trattorie a gestione familiare, che in questa fase della mia vita sento più vicine. Oggi mi divertono di più… Sai le verdure dell’orto, il pollame dell’aia, la mucca del vicino… quella roba lì insomma. A patto, ovviamente, che in cucina sia valorizzata.
Altro bicchiere, altra pausa, arriva qualche altro amico, il tavolo è completo. Si può iniziare.
Benvenuto della casa: assaggio di scarola pinoli e uvetta, gamberetti di Anzio marinati, poi minestrone asciutto “alla Russa” (invenzione di Alex). A seguire una piccola zuppa di frutti di mare.
Come l’ha fatta questa zuppa?
Ogni elemento è stato cotto separatamente. Poi ho unito i vari fondi e li ho ristretto sottoponendo il fumetto a una leggera affumicatura (Alex è un appassionato cultore del barbecue, ndr). Poi tutto di nuovo insieme. Mi piace davvero tanto questa zuppa. E lo Champagne, un Blanc de noirs della Montagne de Reims pure.
Ma adesso è il momento di stappare un bianco fermentato e maturato in anfora che viene da Orvieto, ha otto anni d’età, ma è tonico e fresco, con i riflessi ancora verdi.
Le piacciono i vini cosiddetti “naturali”?
Questi sono i vini che mi piacciono. Freschezza, mineralità, frutto… Si beve bene anche se è un vino “serio”, con tante sfumature. E accompagna bene il cibo… In questa fase della mia vita non cerco effetti speciali nel cibo, nel vino e nella musica. Ho già assaggiato di tutto, musicalmente ho dimostrato quello che dovevo come autore e come performer. Ho scalato le classifiche e ho fatto i dischi e la musica che volevo fare. Ora mi sento più libero che mai di fare come voglio, di decidere ogni giorno cosa mangiare, come cucinare e quale chitarra suonare… E mi sto divertendo tantissimo. Ho esplorato tanti generi, dal blues al pop al jazz e all’elettronica. Ora sono tornato alla chitarra elettrica e suono la Stratocaster. È stata la mia prima chitarra seria, e mi diverto come quando ero ragazzo…
Si alza e va in cucina. Si prosegue con spaghettoni Cavalieri con le alici di Anzio, pinoli, uvetta e “muddica atturrata”: al dente, cottura perfetta. Tre Gamberi, se fosse aperto al pubblico. Poi è barbecue: tranci di ricciola e tonnetto del litorale grigliati a mestiere che confermano il giudizio. Il tutto innaffiato da una magnum di Pinot Grigio Riserva del Collio di qualche anno fa.
Torniamo ai “naturali”…
Amo i vini naturali, ma solo se sono veramente buoni. Dopo l’entusiasmo dei primi anni e dopo aver bevuto tante bottiglie poco affascinanti, ora mi affido solo ai maestri. A uno soprattutto, che vive ad Oslavia. E poi ho sviluppato una vera passione per il Nebbiolo. Poco colorato, mai concentrato, con tannini sottili e finissimi, il legno che se c’è non si sente. E per fortuna è passata la fase dei vini iperconcentrati, iperlegnosi… Vini buoni, grazie a Dio, li trovo in tutta Italia, ma anche all’estero. E le mie tournée sono anche occasioni di visite e acquisti. Viaggio sempre in macchina e torno col bagagliaio pieno di cose buone da mangiare e da bere. Ho avuto grandi emozioni nei ristoranti gourmet, quelli premiati da voi e dalle altre guide, e con alcuni degli chef è nato un rapporto d’amicizia che dura da anni. Ma in questa fase della vita mi sento più intimista, ho bisogno di una cucina più essenziale, fatta soprattutto di grandi materie prime.
Così tra una chiacchiera e l’altra siamo al dessert. Che, come la famosa isola cantata da Edoardo, non c’è. C’è invece un vassoio di mandorle glassate, pistacchi, cioccolati artigianali di Modica e croccantini, bottino delle ultime esibizioni. E tra le sue mani compare una vecchia National (la chitarra di metallo col risonatore), un collo di bottiglia al mignolo e per un po’ è puro blues del Delta. Poi, tra un racconto e l’altro arriviamo a suon di slide a Chicago. Alex ha avuto una folgorazione con il blues nella primavera del 1984. E questa passione non è mai tramontata.
Come è successo?
Lo ricordo come se fosse oggi. Avevo 16 anni ed ero a casa. Mia madre stava stirando, io mi esercitavo con la chitarra. C’era la tv accesa e su Videomusic va un video di Stevie Ray Vaughn. Non lo conoscevo, nelle serate suonavo Santana e le hit del momento. Rimasi folgorato da quel suono. Il brano era Cold Shot, era appena uscito il suo secondo disco. Mi ha cambiato la vita. Pochi minuti dopo ero in un negozio a viale Trastevere che accettava permute. Per quattro dischi “sacrificabili” (non avevo una lira…) ho preso “Couldn’t stand the Weather” appena distribuito. E per sei mesi non sono più uscito io di casa. Finché non ho imparato a memoria ogni singola nota, anche i sospiri e le risate di Stevie. Lo stesso poi ho fatto con il primo disco, Texas Flood. E poi… È stata tutta un’altra musica. Ho conosciuto Roberto Ciotti e ho cominciato ad andare in tour e collaborare con lui, poi a girare per l’Europa con artisti blues, soprattutto con Louisiana Red, che avevo conosciuto a Roma, al Big Mama, il ritrovo degli amanti del blues.
Il successo, quello vero, i dischi, la vittoria a Sanremo e le e le hit arriveranno però dopo tanta gavetta alla fine degli anni Novanta. Musicista blues dall’anima latina, Alex ha condiviso il palco e collaborato con grandi nomi, da Buddy Miles a Billy Preston, a Rosa King, Ray Charles, Joe Cocker, Darryl Jones e persino Luciano Pavarotti. La sua amicizia e la collaborazione con Edoardo Bennato è ormai storica, per non parlare di Mina che ha voluto reinterpretare “Oggi sono io”. È ormai il momento dei caffè… Che non sono 7.000 ma che dalle note della sua chitarra vengono introdotti. Parliamo di musica a 360°…
Qual è oggi il suo rapporto con la musica?
Sentirsi liberi vuol dire andare in studio e suonare quello che ti senti, con la chitarra che ti ispira. E registrare, produrre, campionare, sperimentare. Oggi siamo alla Strato e alla Roland 808 (una delle prime, storiche, drum-machine programmabili, quella che usavano J.J. Cale e Sly Stone, n.d.r.), come sai amo fare tutto da solo. Ma sto lavorando con i ragazzi romani del collettivo 126, quelli della Scalea del Tamburino a Trastevere (che, appunto, ha 126 scalini). Il genere si chiama Trap (ride) la prossima volta ti spiego che cos’è… Insomma un’evoluzione del Rap… Ma poi ogni giorno ho idee nuove, è un bel periodo. Una cosa che odio sono le etichette: questo è pop, questo è jazz, questo è blues. Sono un musicista, un autore, mi sento – e devo sentirmi – libero di spaziare tra generi, creare contaminazioni… e divertirmi. Come in cucina.
È così, ce l’ha detto con la sua ultima canzone, Uomini, che abbiamo sentito quest’estate. Dove oltre la musica, come sempre nei pezzi di Alex, contano tanto le parole.
"Ormai ci siamo liberati / I generi non sono più classificati / Che ne so, riderò, cambierò ma però / Sbaglierò perché in fondo siamo / Uomini / Figli delle donne / Ma siamo differenti"
Ma insomma, chi è Alex Britti?
Sono un cantautore, un chitarrista, amo la chitarra acustica e quella elettrica, ho un’anima rock e blues ma sono mediterraneo. Insomma mi sento “fluido”. Con buona pace del generale Vannacci!