La nuova vita dei vini da dessert: è finita l'èra in cui venivano serviti solo a fine pasto

22 Feb 2025, 10:53 | a cura di
I vini dolci italiani rappresentano un vero unicum a livello mondiale figli di un clima ideale e di una cultura secolare che rischiamo di perdere se non li sdoganiamo dagli abbinamenti classici

Il nostro Paese possiede una quantità incredibile di vitigni aromatici. Il clima permette vendemmie tardive e appassimenti, la nostra tradizione è antichissima. Da diversi anni, però, la crisi dei consumi mette a rischio questi vini, relegati spesso a fine pasto o alle festività. Eppure, proprio nelle possibilità di abbinamenti diversi è rinchiusa la loro vitalità: uniti a cibi salati stimolano esperienze nuove e particolari, a partire dall’aperitivo...

Muffa nobile con cacio e pepe, Moscato per il bollito...

Prendiamo mandorle salate e olive, salumi tradizionali; proseguiamo con una cacio e pepe e ancora avanti col bollito misto. Arriviamo ai formaggi per concludere un pasto classico di una trattoria italiana o della domenica in famiglia. Cosa manca? Un pizzico di divertimento: per esempio provare in apertura un fresco Moscato d’Asti, un calice da 5 gradi alcolici con effervescenza leggera e un bouquet fresco e profumato, ecco, può essere una bella esperienza. Che con le mandorle salate poi arriva a essere una vera delizia. Ma potremmo spiazzare tutti con una Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, rossa, non troppo dolce, con una bella acidità, da abbinare a salami, mortadelle o a un bel prosciutto crudo stagionato: una scelta che sarebbe vincente. Ma non si deve avere paura ad osare di più: con la cacio e pepe proviamo un Orvieto Muffa Nobile, col bollito il prestigioso e raro Moscato di Scanzo. Finiamo con i formaggi? Qui, si sa, c’è l’imbarazzo della scelta.

La crisi dei vini dolci: il mondo è cambiato

Piccolo passo indietro. Come mai questi vini non si bevono più? È una questione di gusto o di diverse modalità di fruizione? In passato i vini più prestigiosi erano dolci: basta pensare ai Vin Santi, ai diversi Moscati o Malvasie presenti su e giù per lo stivale. Erano i vini serviti nelle occasioni importanti, di rappresentanza, per onorare culti religiosi, per celebrare rituali familiari o, più semplicemente, da offrire agli amici nei momenti di incontro, magari da assaporare davanti al camino. Cambiano le mode, cambiano le tendenze e ora i ritmi di vita più veloci rendono difficile vivere quei momenti... Inoltre, cala anche il consumo di alcolici a fine pasto: c’è l’auto da guidare, meglio evitare gli zuccheri, il dessert basta e avanza. Perché allora non cambiare prospettiva? Niente fine pasto, partiamo proprio dai vini dolci.

Dalla Francia all'Italia, nuove visioni e abbinamenti

Un’idea ce la dà Gianni Doglia, vignaiolo di razza e specialista del Moscato d’Asti: «In Francia si bevono vini dolci all’aperitivo (ma anche col pollo arrosto) e spesso li abbinano ai formaggi. In Asia si abbinano vini dolci con pietanze piccanti. Svedesi e norvegesi li accompagnano con la frutta, in particolare con le fragole. Negli Usa... beh li fanno un mix di tutto. Questo per dire che il mio figliolo prediletto (il Moscato d’Asti, ndr) grazie alla sua balsamicità e al suo innato equilibrio trova la sua massima espressione con i formaggi, dalla mozzarella di bufala ai formaggi di media stagionatura e strizza l’occhio a qualche blu di capra. Se poi hai con te un Moscato di 4 o 5 anni, beh.. allora ci si diverte veramente. Però uno dei miei preferiti è pane burro, acciughe e Moscato... sublime! Qualche anno fa – prosegue Doglia – con degli amici abbiamo giocato ad abbinarlo con la frittura di pesce: i gamberoni, con quella loro vena dolce, erano magnifici. A proposito di giochi. Noi a Canelli – ci dice – con la nuova associazione della recente Docg Canelli, organizziamo serate a tema in cui abbiniamo a tutto solo Moscato d’Asti dei diversi produttori e il divertimento è assicurato!»

Esperimento ben riuscito a Bagno di Romagna, da Gorini

Un altro esempio, divertente e di grande fascinazione, ci arriva da Mauro Mattei, grande degustatore e Fine Wines Specialist Ceretto/Terroirs. «Durante una recente visita a Gianluca Gorini a San Piero in Bagno, ho provato un piatto incredibile, un vero manifesto di cucina avanguardistica e territoriale: una preparazione essenziale e ricca di elementi di rottura. Gianluca raccoglie le prugne selvatiche e le utilizza per realizzare un sugo “all’arrabbiata” con acciughe e prezzemolo. La salsa che ne ricava è dolce, acida e piccante, il prezzemolo bollito aggiunge un ulteriore nota aromatica, intensa e verde, l’acciuga dona sapidità. Una vera altalena di sensazioni e una sfida ardua per il sommelier. Ho immaginato un vino in abbinamento e l’ho proposto allo chef: parlo del Vitriol di Olivier Pithon, uno degli interpreti più lucidi e talentuosi del territorio delle Côtes Catalanes, cuore dell’area pirenaica francese. In particolare, questo vino dolce naturale, è espressione caratterizzata della Grenache Noir: fermentazione lunga in legno, pressatura diretta, aggiunta di una piccola quantità di alcol per stabilizzare gli zuccheri residui, nessun segreto particolari. Nel bicchiere è un carnevale di frutta rossa e spezie, con una golosità e una profondità di sorso figlie della varietà che lo genera. Il risultato? È nelle parole di Gorini, che lo ha testato: “Il match c’è, eccome! La parte zuccherina amplifica l’acidità e allunga la piccantezza, imbrigliandole”».

Un Sauternes per le uova strapazzate al tartufo

Giacomo Serreli, talentuoso sommelier e direttore di sala presso la Terrazza Bistrot e Vineria di Capoterra (Cagliari), ricorda invece l’esultanza dei suoi ospiti quando propose un Sauternes in abbinamento per le uova strapazzate con tartufo: «È l’incontro che mi fa dire ogni volta wow! Un’altra cosa che ricordo molto bene accadde a Baja Sardinia, presso il ristorante Somu guidato da Salvatore Camedda. Lo chef, anticipando il dolce, fece una crêpe salata a base di casizolu e salsa di s’erbuzu di Gavoi (un misto di erbe di montagna molto amaro e balsamico, ndr). L’abbinammo a un Moscato di Saracena e fu un matrimonio perfetto con lo zucchero che andava a contrastare la sapidità del piatto e la parte leggermente ossidativa del vino ideale per sgrassare e lasciare la bocca pulita. Altro ricordo indelebile è legato a una vecchia Malvasia di Bosa Amabile del 1988, la Licoro di Zarelli, abbinata al maialino di Salvatore: un vero spettacolo. Ultimo, ma non ultimo, un abbinamento che con Michela Scarello proponemmo Agli Amici di Udine. Il pasticcere Leonardo Zanon fece un pre-dessert salato: cappero, limone, nero di seppia e meringa di cappero. Ci accostammo un Moscato d’Asti a cui aggiungemmo qualche cristallo di sale: i clienti all’inizio storcevano il naso, mai poi la goduria prendeva il sopravvento». Insomma, le possibilità sono tante perché, per usare le parole di Mauro Mattei, «non esiste sempre e solo un unico binario per raggiungere la destinazione desiderata».

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