La roccia bianca che affonda nel blu del mare interrompe d’improvviso il quieto profilo sabbioso della costa. Una prua di calcare s’innalza isolata nell’Adriatico avvolta da pini marittimi, corbezzoli e dagli intensi profumi della macchia mediterranea. Il promontorio del Conero è un luogo unico e particolare, un microcosmo che segna una discontinuità orografica e microclimatica con il resto del litorale. I migliori vini del Conero si distinguono per un volto elegante e un frutto fragrante e succoso. Sono la pura espressione di un terroir che fonde un carattere solare con la freschezza e le sfumature iodate del mare. Rossi scorrevoli, dal sorso piacevolmente armonioso ed equilibrato. Se queste caratteristiche si ritrovano soprattutto nelle versioni di Rosso Conero affinate in acciaio, cemento o botte grande, le Riserve rimangono spesso legate a una visione di rossi potenti e concentrati, frutto di vendemmie al limite della surmaturazione e con estrazioni intense. Tuttavia alcune cantine hanno cambiato anche lo stile delle Riserve, alleggerendone il profilo e puntando su una maggior finezza. Ma è l’imminente revisione del disciplinare, che prevede l’introduzione nella Docg anche delle tipologie Rosato e Metodo Classico Rosé offre lo spunto per un momento di riflessione sui vini del territorio alla vigilia di quella che si annuncia come una vera rivoluzione per la denominazione.
Calcare, sole e mare: finezza e freschezza
La zona di produzione del Conero si estende nei territori comunali di Ancona, Offagna, Camerano, Sirolo, Numana e in parte di Castelfidardo e Osimo. Il disciplinare prevede l’utilizzo di montepulciano (minimo 85%) eventualmente integrato dal sangiovese (massimo 15%). Il clima è luminoso e ventilato, tipicamente mediterraneo, influenzato dalla presenza delle miti brezze dell’Adriatico. Le buone escursioni termiche favoriscono una maturazione graduale delle uve con lo sviluppo di aromi ricchi e la conservazione di una buona acidità. Sui suoli di matrice calcarea, le uve a bacca rossa si esprimono con un profilo di particolare finezza. La struttura del moltepulciano si assottiglia, perde potenza e irruenza tannica, per acquisire eleganza e uno slancio di limpida freschezza. Un rosso più rarefatto e delicato, che conserva l’esuberanza fruttata, rinunciando alla sua tipica densità espressiva. Con qualche anno d’affinamento in bottiglia, il vino acquisisce maggiore complessità e i tannini si sciolgono in una trama morbida e avvolgente.
Passato e futuro: due stili a confronto
È David Redondi, export manager della cantina Garofoli a raccontarci il cambiamento nello stile di questi rossi e la riscoperta di tradizioni antiche. «Negli anni ’90 andavano di moda i vini di stampo internazionale ricchi e concentrati. Il nostro Conero Riserva Docg Grosso Agontano riprende un po’ quello stile, frutto di un lungo affinamento in barrique. Il Rosso Conero Doc Piancarda, invece, è nato negli anni ’60 subito come single vineyard e con un affinamento in botte grande di rovere di Slavonia. Una scelta stilistica che si è rivelata vincente nel tempo e che oggi è anche molto attuale in quanto esalta il carattere fresco e sapido del montepulciano del Conero».
Rosato e Metodo Classico Rosé
Le caratteristiche di finezza e freschezza dei vini del Conero e in particolare l’elevata acidità dovuta al microclima e ai suoli calcarei, rendono il territorio molto vocato per la produzione di Rosati e di Metodo Classico Rosé. Un’opportunità interessante anche da un punto di vista commerciale, se si tiene conto della diminuzione a livello globale del consumo di vini rossi. Da diversi anni alcune cantine si sono già dedicate a queste tipologia di vini. Garofoli, Umani Ronchi e Fattoria le Terrazze producono un Metodo Classico Rosé con uve montepulciano che indica già la strada per il futuro. Per il Rosato, invece, la situazione è più variegata.
Anche Silvano Strologo, titolare di una sua cantina a Camerano, ha una buona esperienza e idee chiare sulle due nuove tipologie: «Abbiamo cominciato a fare rosé negli anni ’80 con la tecnica del salasso. Ora invece vendemmio le uve per i rosa un paio di settimane prima rispetto a quelle che vanno a fare i rossi. Secondo me, il Rosato del Conero dovrebbe essere in stile provenzale, leggero e fresco. Per quanto riguarda il Metodo Classico, invece, da molti anni produco un Blanc de Noirs con uve montepulciano e credo continuerò a produrlo così anche dopo l’introduzione nel disciplinare del Metodo Classico Rosé».
La storica cantina Moroder ha una lunga esperienza nel campo del rosato, ne abbiamo parlato con Mattia Moroder: «Il rosato per il Conero è una buonissima opportunità. È una tipologia di vino che appartiene alla nostra zona da molto tempo, ma non è mai stato inquadrato in un disciplinare e ogni produttore ha seguito una propria strada. Il Conero è una zona a forte vocazione turistica e il rosato può trovare molti abbinamenti con la cucina di mare. Credo possa essere un ottimo veicolo per far conoscere di più il territorio. Secondo me il Rosato del Conero dovrebbe posizionarsi tra lo stile della Provenza e il Cerasuolo d’Abruzzo. Dovrebbe avere l’ambizione di essere un rosato importante, che punta a una qualità alta».
Vini per la tradizionale cucina marinara
Paolo Berluti titolare con la sorella Eleonora della tenuta La Calcinara ci racconta la sua, di esperienza, che inizia 10 anni fa. «Per noi il rosato è un vino importante. Abbiamo cominciato a produrre il Mun nel 2014, annata fredda e piovosa, e da allora a ogni vendemmia cerchiamo di realizzare un rosato con lo stesso stile, utilizzando sempre le uve di una vigna dal clima fresco esposta a nord-ovest che ci permette di non raccogliere troppo presto. Noi anconetani siamo un popolo di pescatori e la nostra cucina è di mare, tuttavia abbiamo un’uva rossa a bandiera del nostro territorio, il montepulciano, che ha tra l’altro una personalità decisa e forte. Siamo la zona più a nord di coltivazione di questo vitigno che matura bene grazie al sole, ai suoli bianchi di calcare e al clima mite. Nella vinificarlo bisognerebbe rispettare questa vocazione marina del Conero producendo rosati leggeri, freschi e sapidi, senza eccedere nell’estrazione di un frutto troppo ricco, che andrebbe a coprire la parte salina. Il Rosato del Conero dovrebbe mettere in evidenza e valorizzare il carattere del nostro terroir: minerale e salino. Il montepulciano, infatti, con la sua struttura non ci darà mai rosati frivoli, ma sempre espressivi e profondi anche senza eccedere in estrazioni e macerazioni. Il Rosato del Conero dovrebbe essere la sintesi del nostro territorio marino, calcareo e delle caratteristiche dell’uva».
E c'è chi punta al Cerasuolo d'Abruzzo
Eppure, c’è chi ha un punto di vista differente: lo espone il produttore Maurizio Marchetti. «Sono anni che lavoriamo sul Rosato. All’inizio producevano un Rosato da salasso, ora lavoriamo a freddo con pressatura soffice e un breve contatto con le bucce. Personalmente preferisco un Rosato in stile Cerasuolo d’Abruzzo, piuttosto carico e intenso, che non lo stile provenzale». Una lunghezza d’onda su cui si sintonizza anche un altro produttore come Oriano Mercante, titolare della cantina che porta il suo nome e che continua a realizzare un rosé da salasso ricco e molto fruttato. Chissà, probabimente proprio come diceva qualcuno, potrebbe essere la sintesi tra questi diversi punti di vista la carta vincente per il Conero.