I vini dell'Etna in fondo al mare. Viaggio tra le prime bottiglie riemerse dopo l'affinamento

14 Giu 2024, 13:01 | a cura di
Il progetto della startup siciliana Orygini arriva alle prime conclusioni: 12 mesi in fondo al mare agiscono (eccome) sulla complessità del vino. Prossimo obiettivo, una pubblicazione che ne indichi l'evoluzione scientifica. Mentre si lavora già su un affinamento senza passaggi intermedi in cantina

Facile cedere alla suggestione aspettando di vedere emergere dal mare le bottiglie di vino adagiate sul fondale dodici mesi fa a quasi 50 metri di profondità. Ancora più facile se ci si trova di fronte ai faraglioni di Acitrezza, prime testimonianze del vulcano quando ancora l'Etna non svettava sulla Sicilia. E il rischio diventa ancora maggiore pensando a Ulisse che in quello stesso mare sfuggì all'ira di Polifemo che gli scagliò contro proprio quelle rocce magmatiche. Il canto delle sirene, in questo caso, è quello forte delle storytelling che si mischia alla leggenda. Ma superata la tentazione, subentra l'evidenza: il mare interviene eccome sull'evoluzione dei vini. La prova degustativa è inconfutabile. Niente mineralità o sapidità in più. Semplicemente un viaggio temporale nel futuro.  Ma andiamo con ordine.

Un acceleratore dei tempi di maturazione

Il progetto sperimentale nasce due anni fa con la start-up siciliana Orygini (creata da Giuseppe Leone, Riccardo Peligra e Luca Catania) in partnership con l’Università degli studi di Catania e l’Area Marina Protetta Isola dei Ciclopi. Due le cantine coinvolte per circa 2mila bottiglie portate a 48 metri di profondità: Benanti e Passopisciaro. L’obiettivo è capire gli effetti scientifici del mare sulle bottiglie, tant’è che la sperimentazione esamina l’evoluzione dei vini durante, e non dopo, la loro permanenza sott’acqua, attraverso l’analisi di campioni prelevati da sommozzatori specializzati mese dopo mese. «Fin qui gli studi a disposizione sui vini subacquei sono per lo più basati sull’analisi chimica pre e post immersione. Il nostro obiettivo è, invece, arrivare ad una pubblicazione scientifica che metta nero su bianco i risultati. Al momento, possiamo dire che il vino si evolve in modo diverso rispetto a quello affinato in mare, presentando caratteristiche che di solito si raggiungono dopo 3-4 anni. Ma ci piacerebbe poterlo dire con dati scientifici alla mano, per questo gli studi vanno avanti», spiega Luca Catania.

Se la strada è quella giusta - e le degustazioni al momento lo confermano - significherebbe avere un vino “pronto” e più complesso in soli 12 mesi, senza tuttavia che questo avvenga per un processo di ossidazione e, quindi, con la possibilità di avere un'ulteriore capacità di invecchiamento. Un risvolto di notevole impatto economico per il mercato dei vini etnei (o di altri vini in futuro) che hanno bisogno di molto tempo prima di essere immessi sul mercato mondiale. Poi è chiaro che su ogni vino l'azione del mare sia diversa: «Siamo molto curiosi di capire l'impatto sulle bollicine, considerato il remuage naturale e continuo cui sarebbero sottoposte h24 grazie al movimento del mare. A breve partiremo anche con quelle» conclude Catania.

Sostenibilità sì, ma senza ulteriori passaggi in cantina

L’altro vantaggio  - molto dibattuto lì dove si parla di vini subacquei - è quello di tagliare i costi dell’affinamento classico, trovando in mare il luogo ideale per un affinamento naturale. Il cosiddetto cantinamento in mare, infatti, favorisce il risparmio energetico perché crea un ambiente naturalmente refrigerato per le bottiglie senza bisogno di regolare la temperatura e l’umidità con climatizzatori, né creare cantine isolate termicamente, con un notevole risparmio energetico e logistico. Ma per fare questo è necessaria una condizione che al momento chi si occupa di affinamenti in acqua sembra aver trascurato: portare i vini direttamente in mare senza passaggi preliminari in cantina. «È in questa direzione che ci stiamo muovendo – dichiara Riccardo Peligra - I nuovi campioni sott’acqua non hanno fatto ulteriori passaggi in cantina: e questo è un valore aggiunto in tema di sostenibilità». Secondo uno studio di Life Cycle Engineering, nella fase di cantinamento per ogni bottiglia da 0,75cl vengono consumati circa 0,68 kg di CO2.
Grazie alle temperature ideali e costanti dei fondali a 50 metri sotto il livello del mare, si risparmierebbero quindi circa 680 Kg di CO2 per 1000 bottiglie immerse.

Il fattore tempo

Al momento i primi vini affinati per 12 mesi in mare si possono assaggiare al ristorante Brizza del Belnmond Villa Sant’Andrea di Taormina, grazie alla special edition Orygini per Brizza, realizzata per due bianchi e un rosso etneo: Contrada Rinazzo 2021 Benanti, Passobianco 2019 Passopisciaro, Etna bianco 22 Benanti e Passorosso 2021 Passopisciaro. «L'assenza di luce, i silenzi primordiali, la pressione e la temperatura costanti, il tutto cullato dalle maree, rendono questi vini ancora più unici. A tutto ciò si aggiunge il brevetto di un tappo protettivo speciale che consente di controbilanciare la pressione del mare e di portare su un prodotto intatto senza sabbia aggiunta e soprattutto senza la cera lacca che di solito sigilla (e sporca) le bottiglie affinate in acqua», rivela il wine manager del ristorante Giuseppe Androne.

«La nostra adesione al progetto nasce dalla voglia di capire scientificamente cosa succede davvero sott’acqua ai nostri vini – racconta il produttore Salvino Benanti – Ci serve anche a conoscere ed esplorare meglio il carricante e capire se c’è davvero la possibilità di un’evoluzione diversa rispetto alla norma. In qualche modo è come se regalassimo a noi stessi e ai nostri consumatori il tempo: e questo credo abbia un valore inestimabile».

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