Sulla siccità, il Governo va a rilento. La Cabina di regia istituita un anno fa sotto la guida del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha portato risultati ancora non tangibili rispetto alle attese. Lo testimoniano gli inviti e gli appelli che piovono da più parti ad affrontare con serietà e rapidità il problema, lo conferma il fatto che il Piano nazionale per le infrastrutture e sicurezza nel settore idrico aspetta ancora di essere messo a terra, così come appare lento l'iter dell'attuazione del Piano di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), approvato a dicembre 2023 dopo sei anni ma ampiamente criticato per essere già vecchio. Del resto, il rapporto dell'Italia con la risorsa acqua è conflittuale e, a tratti, paradossale. Siamo il terzo paese in Europa per disponibilità di risorse idriche e, allo stesso tempo, il 42% dell'acqua immessa finisce disperso in una rete colabrodo, come certificato dall'Istat il 22 marzo per la Giornata mondiale dell'acqua.
Le incognite sulla vendemmia 2024
Ma le campagne italiane, e il vigneto italiano, non attendono. E nonostante le piogge di queste settimane anche per l'estate 2024 e in vista della raccolta delle uve emergono già le prime preoccupazioni e le incognite. Lo scorso anno fu la peronospora a decimare i raccolti del Centro-Sud. Ora, la maggiore incidenza di una variabile sempre più decisiva come la carenza idrica, capace di ridurre sensibilmente le rese in pianta, costringe a prendere sul serio il problema, se è vero che ad asciugarsi con più frequenza e in modo preoccupante assieme alle uve sulle piante sono anche i bilanci delle imprese.
In Piemonte è stato di emergenza
Lo sanno bene Piemonte e Sicilia, due regioni ai poli opposti dello stivale che si sono viste costrette a chiedere entrambe l'aiuto statale. In Piemonte, dopo due anni di difficoltà con condizioni eccezionali di mancanza d'acqua, a metà febbraio la filiera vino (Vignaioli Piemontesi, Piemonte land of wine, l'Associazione dei Comuni del Moscato e diverse cantine sociali) è stata convocata in Regione. La riunione ha certificato le criticità del comparto, con conseguente richiesta al Masaf dello stato di calamità per le imprese vitivinicole. Due annate consecutive come la 2022 e la 2023 hanno costretto tutti a interrogarsi sull'urgenza di un adattamento delle Dop a climi più estremi. Nel ricco e blasonato territorio delle Langhe, ad esempio, si è rivitalizzato lo storico dibattito sull'estensione della coltivazione nei versanti nord (considerati inadatti alla qualità) dei vigneti atti a Barolo e Barbaresco. Proposta contenuta nel nuovo disciplinare del Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani.
«Di fronte al clima che cambia, non possiamo fare altro che adattarci. C'è chi pensa a fare invasi e a introdurre l'irrigazione di soccorso – è il parere del presidente Matteo Ascheri – io credo che l'ampliamento delle posizioni abbia un impatto ambientale assai minore, che va provato senza pregiudizi. Se la siccità imperversa e le temperature salgono, rimaniamo seduti nel nostro vigneto ad aspettare che arrivi la pioggia? O ci diamo da fare?».
Sicilia in chiaro affanno. E l'Assovini punta i piedi
Regione già in chiaro affanno idrico, la Sicilia. E con l'acqua razionata, nota l'Osservatorio sulle risorse idriche dell'Anbi (l'associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica e irrigazione). I dati dell'Autorità di distretto siciliana (secondo il bollettino Anbi del 21 marzo 2024) parlano di 299 milioni di metri cubi d'acqua invasata, cioè il 30% della potenzialità, ovvero il valore più basso dal 2010. A inizio febbraio, la Sicilia aveva già inoltrato al Masaf la richiesta di stato di «calamità severa», su proposta dell’assessore regionale all’Agricoltura. Per l'Assovini Sicilia, il problema della siccità «impone una nuova visione e un approccio che si avvalga di tecniche sostenibili di gestione del suolo nei vigneti – osserva la presidente Mariangela Cambria – ma occorre anche una strategia unitaria a supporto delle imprese, per favorire investimenti sull'agricoltura di precisione». Al netto della nota capacità di adattamento dei vari autoctoni, c'è bisogno di una «gestione più virtuosa ed efficace delle risorse idriche e delle dighe, rafforzando il ruolo dei Consorzi di bonifica e migliorando le reti idriche infrastrutturali».
La miopia delle istituzioni e l'appello della Federdoc
A denunciare una certa superficialità nell'affrontare il tema della carenza idrica per il vino italiano è Federdoc. Nell'ultimo anno, come ricorda il presidente Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, il settore ha vissuto un momento di grave difficoltà causato, oltre che per la crisi economica legata all'aumento del costo di materie prime ed energia, dal susseguirsi di una lunga serie di calamità. «Il cambiamento climatico sta creando molte problematiche, dannose per il settore come la proliferazione di patologie della vite (flavescenza dorata e peronospora). Il legislatore – sottolinea – con gli interventi normativi dell'ultimo anno, come il decreto per i danni da peronospora, non sta considerando la situazione in cui versa il settore vino nel suo insieme». Se, pertanto, la matrice dei problemi è il cambiamento climatico, il Governo e le istituzioni devono, secondo la Federdoc, adottare strategie di medio e lungo termine «per fronteggiare le conseguenze generate dal mutare delle condizioni ambientali, come la siccità».
La prima volta di un Piano nazionale
Sulle tempistiche del Piano nazionale per le infrastrutture idriche, è lo stesso Luigi D'Eramo, sottosegretario Masaf con specifiche deleghe in materia, a rispondere al settimanale Tre Bicchieri: «È la prima volta che si sta lavorando a un Piano del genere. Finora al Mit sono arrivate oltre 500 domande di richieste di intervento sulla rete idrica nazionale, soprattutto dal Nord Italia. Nelle regioni del Centro e del Sud sono previsti 182 interventi per circa 2,2 miliardi di euro di risorse. L’obiettivo adesso è accelerare l’investimento dei fondi stanziati».
I rimedi in viticoltura e le buone pratiche
Se i climi estremi dovessero intensificarsi da qui al 2050, a rischio ci sarebbe la sopravvivenza di buona parte del vigneto italiano, secondo uno studio francese (Inrae) di qualche anno fa. Ed entro fine secolo, secondo l'Università di Bordeaux, fino al 70% delle aree viticole globali, Italia compresa, rischiano di non poter produrre più vino a causa di siccità e ondate di calore. Difficile, ovviamente, pensare di irrigare l'intero vigneto Italia. Se, poi, si guarda ai vini Dop e Igp, la quasi totalità dei disciplinari non prevede l’irrigazione in vigna. E per molti produttori, soprattutto di aree di prestigio, questo è ancora un tabù. Il settore è alla costante ricerca di soluzioni. Alberto Tasca, produttore vitivinicolo e presidente di Fondazione Sostain Sicilia, individua nelle tecniche agronomiche il rimedio più immediato.
La versione completa di questo articolo è stato pubblicata sul Settimanale Tre Bicchieri del 28 marzo 2024
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