Sembra che il destino si sia divertito a scambiare i ruoli tra le due metà dell'Italia vitivinicola nel 2024. Lo scorso anno, in questo stesso periodo, al Centro-Sud si parlava di emergenza peronospora, la fitopatia che ha dilagato quasi indisturbata sul nostro territorio, colpendo migliaia di ettari di vigneto e favorendo le condizioni, assieme alla siccità estiva, per una tra le più scarse annate di sempre dal punto di vista quantitativo. Al contrario, il Centro-Nord viaggiava in relativa tranquillità, con una scarsa diffusione di fitopatie e diffusi episodi di maltempo nei mesi pre-raccolta, che non hanno impedito alle varie denominazioni di portare a casa un buon risultato. Oggi, come la sabbia in una clessidra, le parti si sono invertite. E se la peronospora è soltanto un brutto ricordo per Italia centrale e Meridione, malgrado i segni ancora visibili in alcune regioni, è soprattutto il Nord a essere chiamato agli straordinari per salvare la stagione, per una complessa combinazione di perduranti precipitazioni, con protagonista la grandine, e per l'aumento della diffusione delle malattie nei vigneti.
L'Italia insegue la Francia per il primato mondiale
A livello nazionale, la scarsità del raccolto 2023 in Italia (appena 38,3 milioni di ettolitri; dati Agea) consentì alla Francia (salita a 48 milioni di ettolitri) di effettuare il sorpasso come primo produttore mondiale di vino. Quest'anno, però, in considerazione della complicata situazione che i cugini transalpini stanno vivendo, per il maltempo e per la peronospora galoppante, il podio mondiale potrebbe nuovamente cambiare (anche se perderlo nel 2023 non è stato un male assoluto). Dalla Toscana scendendo verso sud, le grandi denominazioni possono guardare all'imminente stagione con discrete prospettive. Senza dubbio, è molto forte l'effetto siccità (che già ad aprile era evidente), che ha costretto la Regione Sicilia a dichiarare lo stato di calamità naturale a causa di una situazione che in agricoltura non si vede da oltre 50 anni. Allo stesso tempo, il quadro fitosanitario risulta nettamente migliorato. Non sarà una vendemmia da record mentre sarà un'annata in cui, alla luce della crisi dei consumi, l'Italia potrà provare a ridurre i volumi complessivi rispetto alle medie storiche per tentare quell'operazione di taglio delle quantità (auspicata sia da Unione italiana vini sia da Assoenologi) e valorizzazione dei prezzi. Ma qual è, allora, il quadro sui territori?
Incrementi per Brunello di Montalcino e Gallo Nero. Exploit del Chianti Docg
Partiamo da alcuni dei distretti più noti della Toscana, quelli del Brunello, del Chianti Docg e del Chianti Classico. A Montalcino, che nel 2023 aveva raccolto 115mila quintali di uve (nel 2022 furono 126mila), il clima tra i produttori è ottimistico: «La produzione dovrebbe essere maggiore rispetto all’anno precedente - fanno sapere dal Consorzio di tutela - grazie anche all’ottimo stato fitosanitario del vigneto. Dovrebbe essere un’annata più in linea col triennio 2020-22». Al momento, non si registrano pressioni significative delle principali fitopatologie, le uve sono in buono stato di salute e «c'è qualche insorgenza di peronospora a livello della foglia ma non nel grappolo, a conferma del buon lavoro di prevenzione dei produttori». La Docg toscana (che in 5 mesi ha sfornato oltre 3,7 milioni di bottiglie e 1,5 mln di Rosso Doc) sta puntando a una certificazione sostenibile per l'intera denominazione, però, non ancora operativa in questo 2024.
Exploit produttivo previsto per il Chianti Docg. Il Consorzio presieduto da Giovanni Busi, che nel 2023 ha prodotto appena 736mila quintali di uve rispetto al milione del 2022, potrebbe vedere i volumi di uve e di vino balzare del 33% in questa stagione, in cui l'andamento climatico risulta favorevole con focolai di peronospora presenti ma con «modesti danni». Data di inizio raccolta anticipata di una decina di giorni per il grande distretto toscano che, sul fronte imbottigliamenti, segnala un -3% nel primo semestre 2024.
Annata difficile il 2023 per il Chianti Classico, con appena 198mila ettolitri, contro i 256mila del 2022. Ma per quest'anno, il Consorzio del Gallo nero (che proprio a maggio ha presentato il suo Manifesto della sostenibilità) stima un incremento tra 15% e 20% dei volumi. L'inverno ha registrato piogge regolari, non ci sono state gelate in primavera, maggio e giugno sono stati freschi e piovosi e le vigne hanno richiesto un monitoraggio attento da parte dei viticoltori. Il presidente Giovanni Manetti spiega che oggi, viste le copiose piogge primaverili, il territorio si presenta «ricco di riserve idriche, in grado di sostenere le temperature elevate del periodo estivo. Dal punto di vista quantitativo, si prevede un ritorno alle medie di produzione consuete per la denominazione, con un inizio di vendemmia leggermente anticipato. I grappoli - conclude - sono belli e sani».
In Abruzzo si fanno in conti con la siccità
Ricordiamo bene l'annata 2023 dell'Abruzzo: vendemmia letteralmente dimezzata dalla peronospora (1,34 mln di quintali tra Dop e Igp), stato di calamità e ristori (pochi) arrivati nel recente Dl Agricoltura. Quest'anno il vento è cambiato ma le ferite rimangono ancora aperte, con il dilemma della siccità. Dal punto di vista climatico, le piogge di marzo hanno mitigato un inverno asciutto e non ci sono stati problemi di grandine tra maggio e giugno. Le alte temperature primaverili (sopra le medie storiche 1991-2020) hanno determinato un anticipo di 20 giorni della fenologia della vite, poi rientrato dopo un giugno caldo. «Le aziende - fa sapere l'ente presieduto da Alessandro Nicodemi - hanno gestito la difesa con attenzione alla peronospora che diversamente dallo scorso anno non è un elemento di preoccupazione». Il buono stato di salute delle uve e la loro qualità fanno ritenere che la 2024 come l'annata di ritorno alla normalità». Resta il fattore siccità: caldo e scarsità d'acqua fanno stimare un calo produttivo del 15-20% sulla media del quinquennio. Allo stesso tempo, i volumi sono indicativamente sopra dell’80-90% sul 2023 (la più bassa vendemmia di sempre).
A Montefalco +50% e Dop Frascati a +38 per cento
Annata in condizioni «totalmente differenti dalla 2023» per il Consorzio Montefalco (mille ettari tra Sagrantino Docg, Montefalco Doc e Spoleto Doc), che registra l'assenza di attacchi di patogeni (peronospora, oidio) e di danni da grandine: «Stimiamo un considerevole aumento della produzione, intorno al 50% rispetto al 2023 e in linea o leggermente superiore sul triennio 2020-22. Caldo torrido e siccità, se proseguiranno - spiega il presidente Paolo Bartoloni - potrebbero costringere a un anticipo della raccolta di dieci giorni, per evitare eccessi zuccherini che porterebbero a gradazioni elevate, cosa che il mercato (stabili gli imbottigliamenti del 2024) oggi non recepisce bene».
Spostandoci nel Lazio, al giro di boa della vendemmia 2024, la Dop Frascati dovrebbe toccare quota 60mila quintali di uve, un poco sotto il 2022 (64,6mila) ma nettamente sopra i 37mila quintali del 2023, con una stima in crescita del 38 per cento. «Le uve si presentano sane e lo stato sanitario è perfetto - sottolinea il presidente Andrea Evangelisti - e i casi di oidio e tignola sono quasi non quantificabili». Oltre il 50% delle uve prodotte sull'areale vulcanico a sud di Roma proviene da aziende che hanno aderito ai protocolli Sqnpi e similari. La raccolta del distretto laziale dovrebbe partire ai primi di settembre.
Per l'Irpinia la peronospora è solo un ricordo
L'Irpinia vitivinicola (patria di tre Docg e una Doc) parla, attraverso il Consorzio di tutela, di stato fitosanitario assolutamente buono, con peronospora e oidio sotto controllo. Le piogge di maggio e giugno hanno determinato un buon sviluppo vegetativo con chiome esuberanti e assenza di fitopatie. La carica di uva in pianta è in linea con le annate pre-2023. In particolare, per l'aglianico la carica di uva è abbondante, soprattutto per gli allevamenti a potatura lunga; mentre per il fiano l'acinellatura fa pensare a un -5% sul 2022. «Il confronto con lo scorso anno penalizzato dalla peronospora - spiegano dal Consorzio presieduto da Teresa Bruno - non ha senso», considerando che i volumi prodotti un anno fa sono stati quasi dimezzati, mentre per il 2024 il raccolto sarà in linea col passato.
Nel Vulture volumi triplicati. Risale il Salice Salentino
Sul suggestivo territorio del Vulture, in Basilicata, nel 2023 si è raccolto molto poco: 15mila quintali di uve rispetto ai 50mila del 2022. Anche per questo, l'ente di tutela dell'Aglianico Docg guarda con attenzione al raccolto d'autunno 2024: «Stimiamo quantitativi del 20% in meno sul 2022 ma superiori del triplo al 2023. Non ci sono problemi di peronospora, stante la grave siccità. E i casi di oidio non sono al momento segnalati», riferisce a Tre Bicchieri il presidente Francesco Perillo.
La raccolta 2023, al di sotto dei 100mila quintali di uve, potrebbe essere solo un brutto ricordo per i viticoltori della Doc Salice Salentino. L'areale pugliese (circa 1.500 ettari vitati) prevede una risalita delle quantità del 15-20 per cento. «L'andamento fitosanitario 2024 per la nostra Doc come anche per il resto della Puglia è completamente l'opposto del 2023: non abbiamo avuto forti precipitazioni in inverno e ancora meno in primavera», riferisce Damiano Reale, presidente del Consorzio di tutela. «I problemi riscontrati sono legati alla peronospora dell'anno precedente - spiega - in cui i vigneti colpiti dalla peronospora si presentano con una bassa produzione». Per ora, la qualità delle uve «è perfetta - conclude - ma se non piove subentra il problema siccità e si rischia di avere una maturazione in condizioni non ottimali».
In Calabria si fa sentire la siccità
La Calabria vitivinicola spera di riportare la lancetta indietro di due anni. A cominciare dalla Dop Terre di Cosenza che, per il 2024, prevede di tornare a 10mila quintali di uve raccolte, contro i 5mila del 2023. Demetrio Stancati, alla guida dell'ente di tutela, parla di «buon livello qualitativo e salubrità fitosanitaria, senza particolari rischi di fitopatie». La Doc Cirò e Melissa sta affrontando più il problema siccità che non quello della peronospora che aveva penalizzato l'annata 2023: «Ci attendiamo un raccolto di qualità elevate con vini ricchi e particolarmente carichi di profumi», afferma Raffaele Librandi, presidente del consorzio crotonese (che nel 2022 aveva toccato il record di 4 milioni di bottiglie prodotte), sottolineando l'ottima situazione fitosanitaria dei vigneti (dal 2019 l'ente è impegnato nel progetto Cirò denominazione sostenibile). Raccolta al via ad agosto con le varietà internazionali e intorno al 10 settembre per l'autoctono gaglioppo.
Sicilia schiacciata dalla crisi idrica
La produzione di uva per il 2024, in Sicilia, è prevista al di sotto della media, seguendo la tendenza dell'anno precedente con raccolti generalmente modesti e grappoli piccoli. Il Consorzio Doc Sicilia prevede una produzione particolarmente limitata nella provincia di Trapani, mentre le altre aree potrebbero mostrare un lieve incremento. L'ente presieduto da Antonio Rallo, tuttavia, fa notare come in questo 2024 molto complicato per tutta l'agricoltura isolana, alle prese con una siccità senza precedenti, i vigneti «mostrano una resilienza eccezionale alle condizioni meteo che si sono presentate sinora». Non si riscontrano problemi di fitopatie e la «diffusione di malattie come la peronospora è stata insignificante. Questo - afferma - contribuisce a mantenere ottime prospettive per la qualità dell'annata». La raccolta delle uve (che per molti sarà certificata Sostain) è prevista circa una settimana prima rispetto al 2023, quando partì il 3 agosto.
Spostandoci, infine, sul territorio della Doc Etna, che vanta il 59% di superficie biologica certificata, il Consorzio di tutela stima che la produzione del 2024 rientrerà nella normalità dopo il calo del 42% delle uve nel 2023. Nonostante le piogge ben al di sotto della media invernale e primaverile, le piante presentano un'ottima vigoria e un'allegagione soddisfacente, secondo l'ente presieduto da Francesco Cambria, che spiega: «Essendoci state soltanto delle leggere piogge a maggio e giugno, le infezioni primarie di peronospora sono state facilmente controllate dai trattamenti preventivi. Ad oggi non risultano danni». Considerata l’entrata in produzione di altri ettari impiantati negli anni precedenti, la Doc Etna potrebbe superare i 95mila quintali di uva nel 2024. Il condizionale è d'obbligo. Mancano, infatti, ancora due o tre mesi all'inizio vendemmia.