La Val d’Orcia si srotola dalle Crete senesi alle pendici settentrionali del monte Amiata, dai dolci colli di Buonconvento e Trequanda ai declivi di Radicofani e Castiglione d’Orcia; lungo la via Francigena, in un paesaggio modellato dalle onde quiete dei cereali e verticalizzato da cipressi e calanchi, boschi e borghi medievali che si stagliano tra vigneti e oliveti secolari. Siamo in quella Toscana che ammalia già vedendola scorrere dai finestrini dell’auto, ma se si ha la voglia di addentrarsi e ascoltare, annusare, assaggiare, si rischia il colpo del KO. E siamo, enologicamente parlando, stretti tra le denominazioni del Brunello di Montalcino e del Nobile di Montepulciano, due giganti, per blasone e identità, che potrebbero frustrare ogni ambizione del vicinato, specie se intessuta sulle trame del medesimo, toscanissimo Sangiovese. Eppure, qualcosa di grandioso sta accadendo in seno alla giovanissima Orcia DOC, nata il 14 febbraio del 2000 dagli sforzi di un tenace gruppo di produttori, che col tempo è andato rafforzandosi.
La denominazione Orcia DOC
Dodici sono i comuni compresi nella denominazione, i già citati Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Radicofani e Trequanda oltre a Pienza e San Quirico d’Orcia, con porzioni di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena; e quanto variegate sono queste campagne per suoli, cieli, colori, microclima, tanto lo è per provenienza, storia e carattere, l’umanità che le accudisce. Sfidandosi (ma anche facendo squadra) con l’obiettivo di produrre un vino che sia buono quanto bello, e che spesso tali differenze le accompagna fin dentro il bicchiere. “Non c’è cartolina liquida più efficace per un territorio di tanta bellezza. E la DOC nasce per preservare la sua matrice agricola, per trattenere i più giovani, per non svendere a chi ci trasformerebbe in una Disneyland contadina”. Donatella Cinelli Colombini, presidente del Consorzio del Vino Orcia, è nata in una famiglia di produttori di Brunello, si è laureata in Storia dell’arte medievale e su quella strada avrebbe continuato, se seguire il marito Carlo in giro per l’Italia non le avesse rivelato quant’era difficile studiare da itinerante.
Donatella e le donne di fattoria del colle
Così Donatella tornò a lavorare nell’azienda di famiglia, con sguardo attento a marketing e comunicazione, fondò il Movimento del Turismo del Vino e inventò Cantine Aperte; quando nel 1998 ereditò Fattoria del Colle, a Trequanda, ebbe la sensazione “che questo posto mi aspettasse”. E dunque vi rimase, riconducendo qui la famiglia (la figlia Violante calca impavida le sue stesse ambizioni) e dividendo una squadra tutta al femminile con il Casato Prime Donne, l’altra metà dell’azienda, a Montalcino. “Là tutti vini in purezza, con una tradizione da consolidare, qui tutti blend, con una storia che va creata quotidianamente”. È una persona da incontrare, Donatella. Ha occhi consapevoli, il tono mite di chi ha camminato molto ma non si stanca di vedere oltre. Anche quando infuria la tempesta. “Qua non c’era niente, il bosco si stava mangiando tutto. Costruimmo in fretta la cantina – poi ampliata, e tuttora in ampliamento – pensammo a una sussistenza attraverso l’ospitalità, un agriturismo che riscoprisse i caratteri delle antiche dimore toscane”. Adesso Fattoria del Colle comprende ristorante e area benessere, spazi per eventi, camere arredate con cura e panorami mozzafiato, che planano oltre i 336 ettari di proprietà, di cui 17 a vigneto.
Cenerentola e Leone Rosso Doc Orcia
“In un periodo come questo, senza turismo, tutto grava sulle spalle del vino. Il Sangiovese resta il nostro alfiere, ma anche per smarcarsi dal Brunello sentivo che andava affiancato da un’altra varietà, che lo aiutasse a esprimere questo territorio”. Studi ed esperimenti hanno condotto al Foglia Tonda, “un vitigno autoctono, problematico, abbandonato da un secolo; un bullo forzuto, che ben si sposa all’aristocratico Sangiovese”. Nasce così il Cenerentola, Doc Orcia, “l’emblema della sfida”, equilibrato nella sua potenza, naso di piccoli frutti rossi e spezie, grande fascino e struttura, mentre nel Leone Rosso (Doc Orcia) il Sangiovese è supportato dal più morbido Merlot. È Valerie Lavigne, docente all’università di Bordeaux, la consulente enologica aziendale: “una super tradizionalista, tutto in biologico e niente barrique”; un’altra donna, un altro assioma sul quale Donatella non transige nel dare voce alla sua amatissima Orcia Doc.
Il sogno agricolo di Podere Forte
Ci godiamo i colori e i contorni del paesaggio scendendo fino al comune di Castiglione d’Orcia per incontrare Podere Forte, un sogno agricolo ormai realizzato, tangibile, eppure sempre in divenire come è in divenire il mondo che si apre oltre i cancelli della bellissima azienda, fusione perfetta tra gli atavici concetti della biodinamica e l’applicazione della più moderna tecnologia. “Vogliamo contribuire allo sviluppo di un ecosistema in armonia e in equilibrio con gli elementi che ci vivono”. Pasquale Forte viene raccontato come caparbio, scrupoloso, curioso, illuminato, tenace, ambizioso. Di certo il suo carisma è magnetico. È nato in Calabria e ha un vivido ricordo della sua campagna, della madre che “ci accompagnava al pranzo portando un cesto sopra la testa; quel cesto lo conservo ancora, e ancora ricordo il profumo di origano selvatico che si sprigionava camminando”.
Per lui arrivarono la Lombardia, gli studi, la passione per l’elettronica e il successo imprenditoriale nel settore automotive. All’apice, quando l’agricoltura sembrava una pagina voltata da tempo, giunse “il passaggio di testimone, che dal passato mio padre riconduceva nelle mie mani”. Oggi, in questo intimo angolo tra Ripa e Rocca d’Orcia, col fiume a valle e il monte Amiata alle spalle (ecco i primi elementi a incidere sul microclima), Podere Forte è divenuto un “giardino agricolo” dove il compost è prodotto internamente, gli allevamenti bradi si alimentano coi frutti del bosco, i cereali si ritrovano nel pane messo in tavola.
Gli Orcia DOC di Podere Forte
I vigneti si estendono a piccoli passi, poiché si impianta soltanto laddove si esprime una vocazione assoluta (terreno calcareo, diversi livelli di argilla presenti), mentre la cantina è un nobile esempio di integrazione paesaggistica: uno spazio incantevole e funzionale, articolato su più livelli affinché nessuna forza estranea alla gravità interferisca nei passaggi della materia, dalla raccolta dell’uva all’affinamento dei vini. “Il vino è un prodotto vivo, il principe delle tavole, della terra. E il luogo in cui nasce è il primo marcatore del gusto”.
Gli Orcia DOC di Podere Forte sono puliti, materici, esemplari, specchio delle stagioni e della terra; il nome Petrucci, in omaggio alla storica proprietà, dà vita a due suadenti cru, Melo e Anfiteatro, mentre il Petruccino, nato da vigne più giovani, consolida il suo carattere e diviene a sua volta un primattore. Assieme, restituiscono al meglio il caleidoscopio di peculiarità che questo lembo di terra può esprimere attraverso il Sangiovese, mentre Guardiavigna 2016, che vale Tre Bicchieri per Vini d’Italia 2021, è un Cabernet Franc in purezza, setoso e raffinato, con finale lungo e avvolgente.
Podere Forte - Castiglione d’Orcia (SI) – loc. podere Petrucci, 13 –Tel. 05778885100 – www.podereforte.it
Fattoria del Colle - Donatella Cinelli Colombini – Trequanda (SI) – loc. Il Colle – Tel. 0577662108 – www.cinellicolombini.it
QUESTO È NULLA...
Nel mensile di febbraio del Gambero Rosso trovate le testimonianze di molti altri produttori -da Elena Salviucci dell’Azienda Agricola Campotondo a Luca Zamperini di Poggio Grande- insieme alla lista dei migliori indirizzi per mangiare in Val d’Orcia e i consigli sul wine pairing degli esperti del settore, come la sommelier Daria Cappelli. E poi, la mappa completa di tutte le aziende vinicole della zona. Cosa aspettate?
Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store. Abbonamento qui
parole di Emiliano Gucci