Un vitigno autoctono dimenticato rinasce a pochi chilometri da Roma. La storia dell'uva Giulia

9 Nov 2024, 13:43 | a cura di
L’uva Giulia, originaria della ciociaria, trova nuova vita grazie alla cantina Colle Picchioni dei Castelli Romani, che la trasforma in un sorprendente spumante metodo classico

Quando Valerio Di Mauro, enologo e proprietario dell'azienda vinicola Colle Picchioni, ha deciso di dare una seconda vita all’uva Giulia, il vitigno sembrava destinato all’oblio. Era il 2020 e questa varietà a bacca rossa, dalla buccia spessissima e dal ph molto basso, non era mai stata vinificata con successo, molti la consideravano poco adatta alla vinificazione. Ma il giovane Valerio, nella storica cantina dei Castelli Romani, ha sfidato la cattiva nomea dell’uva. «Abbiamo voluto provarci e, con un po’ di incoscienza, ci siamo messi in gioco», racconta con gioia al Gambero Rosso. Una scommessa che ha dato vita a uno spumante rosato che, con le sue prime due annate, la 2021 e la 2022, ha catturato la nostra attenzione per la sua freschezza e la sua grande bevibilità.

La riscoperta del vitigno Giulia

Era il 2020 quando il vitigno Giulia venne finalmente registrato al Masaf (Ministero dell’agricoltura e sovranità alimentare) come varietà ufficiale del Lazio. Pochi lo conoscevano, se non alcuni appassionati che avevano sentito parlare di questa rara uva coltivata a Pescosolido, un piccolo comune della provincia di Frosinone (di poco più di mille abitanti). Tra questi c’era Valerio di Mauro, giovane erede della cantina Colle Picchioni, a Marino. La storia del Giulia è quella di un vitigno resistente ma difficile da coltivare (e lavorare in cantina), le cui uve venivano tradizionalmente lasciate appassire. «È un’uva ostica, che sembrava più un relitto che un’opportunità», racconta Valerio, ma la sua intuizione è stata quella di vederne il potenziale in un contesto diverso, quello della spumantizzazione. Non era mai stato realizzato un metodo classico con quest’uva, nelle cantine delle campagne laziale continuava ad essere vinificata in rosso. Ma l’entusiasmo del giovane enologo, unito alla collaborazione con Luigi, l’agricoltore che da tempo cercava di recuperare il vitigno di meno di un ettaro di sua proprietà, ha trasformato questa scommessa in una realtà.

Ed è proprio Luigi, un uomo dal viso dolce e timido, che ci racconta le origini della sua uva Giulia. Da bambino, infatti, era usanza prendere i pochi grappoli da questa vigna, metterli in cantina ad appassire e, «durante l’inverno scendere di tanto in tanto e staccare gli acini che intanto si erano appassiti, e mangiarli come caramelle, nulla di più». Solo dopo una prima prova nel 2021, insieme a Valerio, rimase stupito per l’elevata acidità e per i profumi di fragolina di bosco già presenti nel mosto. Oggi, dai vigneti terrazzati di Pescosolido situati a 650 metri sul livello del mare, il vitigno Giulia è tornato a produrre, seppur in quantità limitate (sono circa mille le bottiglie annuali, ma contano ad arrivare sulle 4mila nei prossimi anni), un vino che si distingue per freschezza, carattere e buona - buonissima - bevibilità.

Colle Picchioni e la passione per il territorio

Fondata nel 1974 da Paola Di Mauro, Colle Picchioni è una delle cantine storiche dei Castelli Romani. A venti minuti da Roma, sulla via Appia, l’azienda si trova in un’area privilegiata per la viticoltura e può contare su 15 ettari di terreno, di cui quattro di proprietà e altri dieci affittati nell'areale del Marino Doc. Con Paola alla guida fino al 2015, la cantina ha costruito una reputazione solida grazie a vini rossi di grande struttura, rifuggendo dalle convenzioni che, all’epoca, dominavano la produzione vinicola laziale, orientata principalmente ai bianchi. Oggi, la cantina è nelle mani di Valerio di Mauro, nipote di Paola, che dal 2020 ha assunto pienamente la gestione dell’azienda, dopo una lunga gavetta tra i filari con nonna Paola e papà Armando. «Sono cresciuto con mia nonna nelle vigne, e insieme abbiamo condiviso la stessa passione e dedizione», racconta.

Valerio ha fatto della sua missione quella di portare avanti l’eredità familiare con uno spirito innovativo, aiutato anche dalla sua compagna Laila, esplorando nuove varietà e tecniche enologiche. La collaborazione con Luigi, agricoltore di Pescosolido, è nata proprio dalla volontà di fare qualcosa di diverso, senza presunzione ma con curiosità. «Lui ci ha creduto sin dall’inizio, ed è stato il primo a dirmi: “Facciamo qualcosa che renda giustizia a quest’uva dimenticata”». Oggi Colle Picchioni è l’unica realtà nel Lazio a spumantizzare questa varietà a bacca rossa in purezza, una sfida che rappresenta un impegno a valorizzare le particolarità enologiche del Lazio. «Ricordo ancora l’emozione del primo assaggio, quattro anni fa, quando il tappo a corona della bottiglia è saltato fino al soffitto – in quel momento ho capito che ce l’avevamo fatta, la fermentazione era partita».

Degustazioni e prospettive per il Giulia

Il Giulia si presenta come un vino dalle molte sfumature, capace di sorprendere già al primo sorso. La sperimentazione ha portato a due annate di spumante rosé, il pas dosé 2021 e 2022, ognuna con un carattere diverso. Il 2021 ha un’acidità piacevole, sentori di crema pasticcera, un bel frutto rosso e una bella beva, mentre il 2022 è ancora giovane, ma con aromi di fragola e ribes e una sapidità interessante. Un’azzardo ben riuscito che, per Valerio, ha significato anche una riscoperta personale: «Ho studiato giurisprudenza, poi mi sono formato come enologo, ma questa è stata la sfida che mi ha spinto davvero a mettermi alla prova». L’etichetta del nuovo spumante sarà un omaggio alle radici storiche della famiglia e della comunità del paesino di Pescosolido, con rappresentati i terrazzamenti dove cresce da sempre quest'uva. Il vino si chiamerà Monsignor, come il soprannome del padre di Luigi, ma «L’annata ‘21 non uscirà prima della prossima primavera».

Valerio, Luigi e Laila

Ma perché dedicarsi a un vitigno come il Giulia, rischiando in un mercato in cui i consumatori tendono a preferire varietà più conosciute? Per Valerio, la risposta risiede nel desiderio di promuovere il territorio e le sue peculiarità. È un’eredità che porta avanti dalla nonna Paola, donna di grande carattere che ha sempre incarnato la passione per il vino, ma non solo. Il giovane Di Mauro la ricorda anche per la sua passione per la cucina, profonda quanto quella per il vino, che ha fatto di Colle Picchioni un punto di riferimento non solo per i vini ma anche per la sua arte gastronomica. Chiunque visitasse Colle, in quella stradina a metà della via Appia, dai nipoti agli amici ai grandi enologi e attori, era accolto da Paola in una grande cucina viva e sempre pronta a nuove creazioni. Il camino acceso, il profumo del pane appena sfornato e il grande tavolo di legno pieno di risate e piatti, erano la sua firma. Le ricette che preparava erano rigorosamente scritte a mano e perfezionate nel corso degli anni, fino a diventarne un libro: Le mie ricette, edito dal Gambero Rosso.

Paola Di Mauro ha saputo circondarsi di persone che condividevano la sua visione, come conferma Daniele Cernilli, che nella prefazione del libro di ricette sottolinea il carattere unico della cucina di Paola, fatta di autenticità e di tradizioni tramandate: «Ciò che Paola Di Mauro ci regala è una cucina bella e vera, come quella che solo le grandi signore di casa sanno mettere in tavola, una cucina nella quale ritroviamo le nostre radici». Non solo vino, dunque, ma anche un patrimonio gastronomico che Paola ha annotato per anni.

Con l’uva Giulia, Colle Picchioni ha intrapreso un percorso che mira a valorizzare il Lazio e le sue tradizioni senza scendere a compromessi: «Siamo solo all’inizio, ma credo che ci sia molto potenziale. Il Giulia è un’uva che richiede pazienza e dedizione, ma i risultati ci stanno dando ragione», conclude con un bel sorriso Valerio.

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