Le grandi Dop: “Pronti a tagliare le produzioni”
Se il mercato chiede meno vino, le grandi denominazioni si adeguano. Soluzione amara, dolorosa, ma necessaria, che molti non avrebbero preso senza aver visto e vissuto sulla propria pelle gli effetti di una crisi economica come quella indotta dalla pandemia da Coronavirus.
Le parole d’ordine per le imprese sono adeguamento e prudenza. Adeguamento alle nuove condizioni, a una congiuntura complessa il cui futuro è molto incerto; prudenza nei confronti delle aspettative di vendita e di quanto vino saranno capaci di assorbire i canali di commercializzazione, in primis l’Horeca che a oggi viaggia molto a rilento nonostante le riaperture. Qualche mese fa, appena il Covid-19 si stava diffondendo e i governi emanavano i primi provvedimenti di blocco degli spostamenti e fermo delle attività, le contromosse possibili i consorzi di tutela italiani le avevano già intraviste. Ora, quegli interventi ipotizzati sono realtà.
La maggior parte delle associazioni delle imprese vitivinicole ha messo mano alle regole produttive: blocco degli impianti, stoccaggio, tempi dilazionati per l’immissione in commercio e, soprattutto, riduzione delle rese. xe88
Riduzione delle rese e aiuti ai produttori. Il decreto Mipaaf
Una scelta, quella di tagliare le produzioni, che viaggia in parallelo con la misura che il Mipaaf sta predisponendo in un apposito Decreto attuativo del Dl Rilancio del 20 maggio scorso: la riduzione volontaria della produzione di uve per Dop e Igp, con cui si prova a contenere l’aumento degli stock di invenduto ed eventuali ripercussioni negative sul livello dei prezzi, con una vendemmia che si appresta a riempire botti e serbatoi tra luglio e agosto.
Il provvedimento sulla riduzione volontaria delle rese è in fase di elaborazione. Regioni e associazioni di categoria hanno avviato il confronto con Via XX Settembre che, per questa misura, ha a disposizione 100 milioni di euro attraverso il Dl Rilancio. La Conferenza Stato-Regioni dovrebbe approvare, entro il 10 luglio, il testo definitivo che consentirà ai produttori di vino Dop e Igp di chiedere un aiuto a fronte dell’impegno a ridurre di almeno il 15% la produzione nell’intera superficie vitata aziendale a Dop e Igp, rispetto a quella media degli ultimi cinque anni, secondo il fascicolo aziendale.
La bozza di testo che il Mipaaf sta discutendo con sindacati e Regioni, e che Tre Bicchieri ha potuto visionare, prevede aiuti ai produttori per 400 euro ettaro nel caso delle Igt, da 600 a 700 euro per le Doc e da 800 a 900 euro per le Docg. Intanto, da Soave ad Asti, dall’Abruzzo all’Alto Adige, passando per il Chianti e la Valpolicella, è chiaro a tutti che l’imperativo sarà il contenimento dei volumi. Come si stanno organizzando, allora, le grandi Dop dello Stivale?
Consorzio dell’Asti
In questo viaggio tra i territori delle più importanti Dop italiane, partiamo dal Piemonte e da una delle denominazioni che sta cercando di risalire la china, dopo un decennio movimentato, anche con l’aiuto di nuove figure come il neo direttore Giacomo Pondini (ex Brunello). Il vice presidente del Consorzio dell’Asti, Stefano Ricagno, parla di situazione di mercato “in equilibrio rispetto al 2019, sia sul fronte degli imbottigliamenti sia su quello delle vendite. Il segnale non è drammatico ma resta la grande incognita di un nuovo lockdown”. La Docg ha vissuto forti riduzioni di rese negli anni scorsi: basta ricordare i 72 quintali per ettaro del 2016. “Lo scorso anno siamo andati a 90 quintali” aggiunge “e valuteremo nelle prossime settimane l’opportunità di scendere ulteriormente di 5 quintali per ettaro. E, come facciamo da dieci anni, resterà attiva la riserva, da decidere tra 5 e 15 quintali”. Niente distillazione di crisi con fondi regionali per il Consorzio, ma sarà valutato lo stoccaggio dei mosti (con fondi regionali o nazionali) per circa 50 mila quintali. “Il nostro rilancio passa da una nuova comunicazione sul nostro territorio e i suoi grandi vini”, conclude Ricagno.
Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani
Per il re e per il principe dei vini piemontesi, Barolo e Barbaresco, dopo il blocco triennale dei nuovi impianti deciso un anno fa, il consorzio presieduto da Matteo Ascheri ha rafforzato le misure a tutela introducendo, per la campagna 2020, una riserva vendemmiale del 10%. In base all’andamento del mercato, si deciderà come destinare la riserva entro la prima data utile per l’immissione al consumo dei due vini (rispettivamente 1 gennaio 2024 e 1 gennaio 2023). Per tutte le dieci Dop tutelate dal Consorzio, che nel 2019 ha raccolto 650 mila quintali di uve, scatterà anche la modifica della destinazione degli esuberi di produzione non destinati alle Dop (tranne Dogliani e Verduno Pelaverga): la resa verrà ridotta dal 20% al 5%, con un 15% obbligatoriamente destinato a usi alternativi, come la distillazione. Dal mercato si punta a eliminare circa 70 mila ettolitri.
Consorzio vini Alto Adige
L’assemblea generale del Consorzio vini Alto Adige, con oltre il 70% dei voti a favore, ha approvato la proposta di abbassare le rese a partire dall’annata 2020 di una percentuale compresa tra 15% e 30% a seconda del vitigno considerato. Il direttore Eduard Bernhart spiega il senso di questa decisione: “Da un lato, le cantine scelgono di ottenere vini di maggiore qualità come già fanno moltissime cantine, dall’altro, ci attendiamo di poter dare respiro a tutte quelle realtà che a causa del Covid-19 hanno registrato un importante calo del mercato”. La filiera ha sofferto molto gli effetti del blocco del turismo, considerando che un terzo delle vendite di tutta la Doc è realizzato nella sola provincia di Bolzano, il 40% passa per il resto dell’Italia e un altro 30% viene esportato. “Non abbiamo atteso i sussidi statali”, aggiunge Bernhart, ricordando che per le aziende altoatesine la distillazione di crisi è un’ipotesi impraticabile e che anche i 100 milioni in arrivo col decreto Mipaaf sono poco allettanti. “Sarà importante, per il futuro, fare una buona comunicazione” conclude “anche sfruttando meglio i nuovi canali online sia per il B2B sia per il B2C”.
Consorzio di tutela del Soave
Riequilibrare i volumi e preservare il reddito delle imprese sono i due elementi principali della strategia condivisa dall’assemblea dei soci del Consorzio tutela Soave che, alla luce di un raccolto che si preannuncia positivo, hanno prudentemente scelto di diminuire le rese per la vendemmia 2020, passando da 150 qli/ettaro per la Doc a 130 qli/ettaro (-13%) e da 140 qli/ettaro a 130 qli/ettaro (-7%) per la zona Classica e dei Colli Scaligeri. Le deroghe a questa decisione verranno date alle aziende che negli ultimi due anni non hanno caricato il Soave oltre il limite previsto senza superi. Per le aziende biologiche certificate, invece, il limite rimane a 140 qli/ettaro: “Lo facciamo per dare un forte segnale a favore della sostenibilità in vigneto”, fa sapere il consorzio presieduto da Sandro Gini, che aggiunge: “Vogliamo tutelare le aziende del territorio e al contempo non creare tensione sul mercato, se il prodotto non sarà sufficiente a soddisfare le richieste nel 2021”.
Consorzio tutela vini Valpolicella
In Valpolicella, l’hanno chiamata “ricetta anti Covid” ed è stata largamente condivisa dalla filiera con l’obiettivo, come sottolinea Andrea Sartori, presidente del Consorzio Valpolicella, di “evitare speculazioni al ribasso sui prezzi della Doc”. Nel dettaglio, per il prossimo raccolto le rese dei vigneti vengono ridotte da 120 a 100 quintali per ettaro, con una cernita dell’uva destinata all’appassimento di Amarone e Recioto pari al 45%; inoltre, si prevede il blocco totale e senza deroghe degli impianti per altri 2 anni. “Cerchiamo di dare risposta a una situazione decisamente anomala” rileva il direttore Olga Bussinello “che ci chiederà di fare i conti col mercato nel medio termine e col contingentamento di un vigneto cresciuto del 26% in dieci anni”. E questo è molto importante per una Dop che dall’estero ottiene il 75% dei 600 milioni di euro di fatturato (di cui 360 dal solo Amarone). Nel 2019, le vendite di questo grande rosso sono cresciute del 6,8% in Italia e del 4% all’estero. “Se guardiamo agli imbottigliamenti nella prima parte dell’anno il trend è simile al 2019. A febbraio c’è stato un effetto scorte dall’estero; ad aprile si è imbottigliato di più per liberare i vasi vinari. Insomma, è riduttivo giudicare da questi dati. Vedremo cosa avverrà tra luglio e settembre. In ogni caso” osserva Bussinello “i mercati principali come Stati Uniti e Germania sono ancora fermi, a causa del segmento Horeca. E la nostra decisione di tagliare le rese vuole tenere in tensione il prezzo medio, in considerazione del minore assorbimento sui mercati che senza dubbio è atteso”.
Il futuro della grande Doc veronese, a cui vendemmia verde e distillazione non interessano, è legato a una comunicazione mirata: “Con 2 mila ettari su 8.200 sostenibili e tanti produttori che stanno abbracciando questa filosofia” conclude il direttore “dovremo puntare anche a un marketing intelligente e mirato ai consumatori del futuro”.
Consorzio delle Venezie
La grande Doc del Triveneto ha adottato le sue decisioni per il 2020, prevedendo una resa per ettaro a 18 tonnellate e una resa certificabile a 15 t/ha. Il gruppo dei produttori guidato da Albino Armani ha stabilito anche lo stoccaggio amministrativo per i vini atti a Pinot grigio da uve eccedenti le 13 tonnellate/ettaro fino al massimo di 18 t/ha; inoltre, ha escluso da queste misure le uve certificate a biologico e ha stabilito lo sblocco di tutto o di parte dei volumi dal 1 marzo 2021. Il mercato del Pinot grigio, che ha trovato nella Gdo un grande alleato nel periodo di lockdown, finora è stabile “frutto di un trend consolidato nei mesi scorsi”, ha detto il presidente Armani. La raccolta 2020 è prevista in calo del 15%. Un segno non negativo, considerata la necessità di mantenere in equilibrio la domanda e l’offerta internazionale.
Consorzio di tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore Docg
Si avvicina anche per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore Docg il momento delle decisioni. All’assemblea del 30 giugno, il Cda presieduto da Innocente Nardi è orientato a proporre, da un lato, una riduzione di resa da 135 a 120 quintali per ettaro (poco oltre il 10%) e, dall’altro lato, lo stoccaggio a seconda delle tipologie: nessuna misura per il Cartizze, dieci quintali/ettaro per Rive e biologici, venti quintali/ettaro per la Dop base. “Non consideriamo appetibile la misura nazionale della riduzione delle rese” dice Nardi che, grazie al Cirve (Centro Interdipartimentale per la Ricerca in Viticoltura ed Enologia), ha in mano un’indagine sugli effetti del Covid-19 sulle imprese: “Tra aprile e maggio, più della metà dei nostri associati ha segnalato una riduzione del fatturato di oltre il 50%. A giugno, si nota una ripresa positiva in Italia, anche se non siamo a livello del 2019, e c’è una significativa ripresa in Europa, soprattutto Germania, Austria e Svizzera. Bene anche il blocco dei Paesi dell’Est Europa. Ancora al palo Stati Uniti e Regno Unito”. Nel complesso, il Prosecco superiore Docg dovrebbe perdere tra 10% e 15% da qui al 2021, considerato che l’Horeca è il canale principale: “Non sappiamo quale sarà il futuro ma vogliamo essere prudenti”.
Consorzio di tutela del Prosecco Doc
Stefano Zanette, presidente della Doc Prosecco, e il direttore Luca Giavi, da tempo avevano insistito sulla necessità di dare equilibrio alla più grande Dop italiana. La crisi economica ha confermato l’importanza di questa strategia. Per i produttori è confermato il blocco degli impianti atti a produrre Prosecco per i prossimi tre anni; le produzioni ottenute nei vigneti della Dop serviranno a produrre solo Prosecco ed eventuali esuberi saranno destinati a prodotti diversi dal vino; resta in piedi lo stoccaggio e da subito viene bloccata l’intera produzione 2020 che verrà in parte liberata a una data prefissata (14 dicembre 2020) e in parte rimarrà vincolata e resa disponibile solo se il mercato lo richiederà.
Consorzio del vino Brunello di Montalcino
Da sempre il percorso di miglioramento qualitativo ha caratterizzato questa eccellenza italiana. E il Covid-19 non sembra scalfire i piani del distretto ilcinese. Lo spiega il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci, che ha fatto in tempo a festeggiare il suo evento-anteprima di febbraio poco prima del lockdown: “I produttori hanno deciso anche quest’anno, come già accaduto altre volte, di abbassare da 8 mila a 7 mila kg per ettaro la resa in vigna. La scelta non è in relazione al Covid-19, bensì con l’obiettivo di raggiungere la massima qualità possibile”. Il mercato dei primi mesi 2020 è positivo anche grazie alla messa in commercio dell’annata 2015 (considerata eccezionale): “Non ci possiamo lamentare” aggiunge Bindocci, soddisfatto anche perché “a Montalcino si cominciano a rivedere i turisti italiani e stranieri, tedeschi in particolare. Un bel segnale che ci fa essere moderatamente ottimisti”. In vigna, poi, le uve sono “belle e sane, senza attacchi di peronospora e oidio”. E i provvedimenti del governo sulla vendemmia verde? “Non sono di nostro interesse”.
Consorzio del Vino Chianti e Consorzio del Vino Chianti Classico
Il grande areale del Chianti ha vissuto l’effetto lockdown con forte preoccupazione, considerando il contributo dell’enoturismo ai ricavi delle cantine. E il calo delle vendite è stato all’origine della decisione del Consorzio del Vino Chianti di ridurre la produzione del 20%: “Una scelta indispensabile che ha provocato danni economici” rileva Giovanni Busi “ma che serve a mantenere in equilibrio la produzione e il mercato”.
Nessun provvedimento di taglio obbligatorio delle produzioni per il Gallo Nero, Docg che viaggia su rese medie già basse, a 60 quintali ettaro: “Abbiamo, invece, accolto con favore la misura del Governo che stanzia 100 milioni per la riduzione volontaria, speriamo” dice a Tre bicchieri il presidente Giovanni Manetti “che vi possa accedere il maggior numero di imprese e che la Regione Toscana preveda un aiuto ulteriore”. Da gennaio a giugno, gli imbottigliamenti del Chianti Classico (in assemblea il 9 luglio) segnano un -14%. “Marzo, aprile e maggio sono stati difficili, ma in questo mese di giugno” conclude “notiamo segnali di ripresa che dobbiamo saper intercettare”.
Consorzio di tutela vini d’Abruzzo
I Vini d’Abruzzo (Montepulciano in testa) sono in mezzo al guado. Il Consorzio guidato da Valentino di Campli non ha ancora preso una decisione ma con buona probabilità andrà ad allinearsi agli altri big italiani: “L’assemblea di martedì 30 giugno valuterà di diminuire le produzioni e sarebbe questa una prima volta per il sistema Abruzzo. Il nostro mercato ha registrato un calo in Horeca e un recupero in Gdo. Nel primo trimestre, siamo cresciuti oltre il 10% dopo un anno già positivo; aprile e maggio sono andati meno bene. Finora siamo in linea col 2019, anche se le proiezioni di fine anno segnano un calo”. Da valutare ancora l’adesione alla misure nazionali come distillazione e vendemmia verde. Si attende di conoscere se la Regione metterà contributi propri. “In ogni modo” secondo Di Campli “non bisognerà togliere in futuro risorse alla comunicazione: elemento fondamentale per il consolidamento e lo sviluppo nei mercati. In questo senso, per le piccole che stanno soffrendo di più, sfruttare la forza aggregatrice di un consorzio potrebbe essere una soluzione”
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Consorzio di Tutela Vini Sicilia Doc e Consorzio di Tutela dei Vini dell'Etna Catania.
La grande Dop isolana presieduta da Antonio Rallo non ha ancora messo all'ordine del giorno il tema del taglio delle produzioni. Mentre l'Etna si potrebbe muovere presto: il Cda del consorzio presieduto da Antonio Benanti ha deciso di proporre al voto della prossima assemblea di luglio una riduzione della resa 2020 del 22% per i rossi (a 70 quintali/ ettaro): “Vogliamo sostenere i prezzi dell'uva ed evitare di generare asimmetrie nelle giacenze”. Al voto anche l'ipotesi di stop di 3 anni ai nuovi impianti a Doc dal 2021.
Il commento della Federdoc
“Tagliare le rese è una scelta difficile, perché significa tagliare un’ipotetica redditività ma tale decisione è fatta per garantire la sostenibilità della filiera”, commenta Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc, l’associazione che raggruppa i consorzi delle denominazioni italiane. “Misure strategiche di contenimento come il blocco degli impianti e il controllo delle produzioni” aggiunge “sono in mano ai Consorzi delle Dop italiane da pochi anni. Ma, gradualmente, tutte le associazioni stanno prendendo confidenza con la loro utilità. E oggi che ci sono a disposizione dati puntuali e giornalieri, grazie ai moderni sistemi di cui dispongono gli organismi di certificazione, i Consorzi sono capaci di programmare il proprio futuro”. Secondo la Federdoc, i provvedimenti di riduzione della produzione annunciati da molti in vista della prossima campagna “rappresentano un grande segnale di maturità e senso di responsabilità da parte del mondo del vino italiano. E questo lo è ancora di più” chiosa il presidente Ricci Curbastro “in un momento complicatissimo come questo. Mi auguro che i provvedimenti del governo possano dare un aiuto economico. L’obiettivo è spendere rapidamente le risorse a disposizione ed evitare rischi per l’anello più in pericolo della filiera: i viticoltori”.
a cura di Gianluca Atzeni
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri del 25 giugno
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