In principio il successo delle bollicine. Poi quello dei vini rosati. Ma cosa succede se i due trend si incontrano? Ne nasce un terzo di successo? O nel mondo vitivinicolo sommare due fenomeni non ne dà necessariamente un terzo? Di sicuro sono tanti i territori a scommetterci e per molte grandi denominazioni della spumantistica gli sparkling rosé sono da tempo diventati una tipologia già consolidata. Ma adesso, con l’entrata del Prosecco nel pink business le cose potrebbero subire un’accelerata.
Di questo si è parlato al workshop “Le Bollicine e i Vini in Rosa: scenario, mercato, tendenze, prospettive”, durante la prima edizione di Acqui Wine Days, organizzato dal Consorzio Tutela Vini d’Acqui (che ha introdotto la tipologia bollicine rosa nel 2017).
Quanto valgono rosati e bollicine separatamente?
Per capire il fenomeno complessivo, partiamo dai due addendi. Secondo l’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini che ha presentato in anteprima la ricerca “Rosato & Spumante”, in questi anni il consumo di spumanti è cresciuto da 2 miliardi di bottiglie (del 2002) a 3 miliardi del 2019. Nello stesso arco temporale, quello di vini rosati è passato da 2,2 miliardi agli 2,8 miliardi di bottiglie. “Certo” ha osservato Carlo Flamini coordinatore tecnico dell’Osservatorio “c’è un’opportunità straordinaria di creare nuova categoria di prodotto che sia la sommatoria di due diversità, ma non è automatico che chi beve rosato beva anche spumante e viceversa. Crederlo sarebbe un errore. Tuttavia, si può spingere per creare nuovi consumatori di spumante rosato”.
Provenza e Prosecco, due casi di scuola
Se è, quindi, meglio evitare semplicistiche somme algebriche, di certo in questa fase, risulta interessante studiare il trend di rosati e bollicine, per ottenere dei key point, utili per prevedere quello che potrebbe accadere con i vini spumanti rosa, i cosiddetti sparkling rosé. Per entrambi, ad esempio, esistono dei casi di studio: la Provenza per il rosato e il Prosecco per le bollicine.
“La prima” spiega Flamini “ha creato un vero e proprio wine style imitato in tutto il mondo, superando il concetto di sottocategoria del rosso. Il Prosecco, invece, ha dato il via ad una democratizzazione nel consumo di bollicine, posizionandosi in una fascia di consumo in mezzo che non esisteva prima: tra lo Champagne e il Cava. Per cui, mettendo insieme i due fenomeni – rosati e bollicine - troviamo alcuni mercati tendenzialmente già ricettivi al loro consumo, come prodotti da mass market”.
Attenzione però: alcuni mercati, ma non tutti. E qui possiamo ritrovare un’altra caratteristica comune alle due tipologie di prodotto: “Al contrario dei vini rossi, che sono un fenomeno globale che ha attecchito anche nei Paesi asiatici, per rosati e bollicine possiamo parlare di fenomeni prettamente occidentali” sottolinea Flamini “I principali mercati di sbocco per entrambi sono, infatti, Stati Uniti, Germania e Regno Unito”. Se la platea dei consumatori è ancora ristretta (quindi con possibili margini di crescita in altri mercati), lo è anche quella dei Paesi produttori. E questo non può che essere un importante vantaggio competitivo per l’Italia che compare nella triade dei produttori ed esportatori, insieme a Francia e Spagna.
Produzione e consumo di sparkling rosé in Italia e nel mondo
Ma andiamo ai numeri – ancora esigui – degli sparkling rosé. Secondo l’Osservatorio di Unione Italiana Vini, l’Italia al momento produce 49 milioni di bottiglie della “nuova tipologia”, che nel 2021 dovrebbero superare i 60 milioni, rispetto a una produzione mondiale che dovrebbe attestarsi su 160 milioni di bottiglie. Se si guarda ai consumi nel mondo, le previsioni al 2021, dicono che si divideranno tra un 95% di bollicine bianche (3,1 miliardi di bottiglie) e un 5% di bollicine rosa (150 milioni di bottiglie).
Su questo 5% (dato che potrebbe subire una significativa crescita) pesano, però, tutte le incognite legate soprattutto al posizionamento. Fino a ora, infatti, c’è stata una vera e proprio polarizzazione: da una parte i prodottoti luxury (vedi alla voce Champagne rosé), dall’altra quelli popular (in particolare, spumanti americani e Cava). Interessante sarà vedere dove e come si inserirà il nuovo arrivato in casa Prosecco - la versione rosé che andrà in commercio dal prossimo gennaio – e quali spazi lascerà alle altre denominazione che stanno tentando di seguire la stessa strada.
Quale mercato per il Prosecco rosé?
Sebbene non sia ancora in commercio – non col nome ufficiale di Prosecco per lo meno – è facile prevedere che anche la versione rosé dello spumante triveneto, non avrà difficoltà a sfruttare l’onda del successo della versione tradizionale. Secondo le proiezioni del Consorzio del Prosecco Doc, infatti, se oggi la produzione italiana di bollicine rosate si attesta sui 49 milioni di bottiglie, nei prossimi mesi arriverà ai 51 milioni, di cui 20 milioni ascrivibili allo stesso Prosecco. Ma i veri risultati sono attesi per il 2021, quando – sempre stando alle previsioni – il totale italiano ammonterà a 64 milioni di bottiglie, con il Prosecco più che raddoppiato: 50 milioni di bottiglie. Numeri che cambierebbero anche la mappa mondiale.
Secondo l’Osservatorio Uiv, infatti, la versione rosata dello spumante triveneto, supererebbe i principali competitor: Champagne (fermo a 31 milioni di bottiglie) e Cava (23 milioni). In mezzo ci sarebbero tutti gli altri rosati. Per l’Italia, si tratta di tutti quegli spumanti rosati, prodotti in territori diversi dal Veneto (che oggi vale il 78%): dalla Franciacorta (4%) al Trentino (2%), passando per il Piemonte. Sono sempre di più, infatti, le denominazioni che prevedono la tipologia, tra cui Brachetto d’Acqui Docg, Franciacorta, Alta Langa Docg, Trentodoc, Doc Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto Doc, Lambrusco, Puglia Igp, Etna Doc
“Per tutti loro” conclude Flamini “resta da decidere dove inserirsi: seguire la scia del successo del Prosecco Rosé, che però potrebbe essere già assorbita dalla denominazione stessa o trovare una propria strada? E in quest’ultimo caso, quale? Quella super premium, che si colloca tra Prosecco rosé e Champagne o, quella low cost, col rischio, però, di una deriva ribassista?”
Il caso dell’Acqui Docg Rosé
Tra i consorzi che hanno individuato nello spumante rosé - uno dei trend di crescita dei consumi internazionali - c’è quello dei Vini d’Acqui che, dalla vendemmia 2017, ha introdotto la nuova tipologia, a partire da uve Brachetto e ottenuta con Metodo Martinotti-Charmat.
“Per ora la produzione di Acqui docg Rosé si limita a cinque aziende sulle 60 consorziate, per un totale di 75mila bottiglie” ha detto il presidente del Consorzio Paolo Ricagno “ma tante altre stanno decidendo di iniziare su questa strada, convinte dal progetto che stiamo intraprendendo e dall’alta qualità che contraddistingue il prodotto”.
E se i consumi sono ancora molto legati al territorio e al mercato domestico, a tre anni dal debutto, i risultati si iniziano a vedere anche sui mercati internazionali. “I primi Paesi che hanno importato l’Acqui docg rosé” rivela il presidente “sono Danimarca, Texas e Arabia Saudita”. Non propriamente, quindi, le piazze di riferimento del Brachetto d’Acqui che, dopo l’Italia (60% del prodotto), viene consumato soprattutto negli Stati Uniti (30%). Gli Spumanti rosati, quindi, potrebbero essere anche una chiave per aprire altri mercati non ancora presidiati?
Il progetto dell’Osservatorio degli Sparkling Rosé
Intanto, il prossimo step potrebbe essere quello di un Osservatorio Italiano degli Sparkling Rosé. Questa è almeno la proposta lanciata proprio dal Consorzio Tutela Vini d’Acqui, per poter monitorare la crescita della “nuova” tipologia. “Si tratta di un progetto iniziato con questo workshop” ci dicono dal Consorzio “e che prevede in futuro altri incontri proprio su questo tema e con l’apporto di numeri sul fenomeno. La partecipazione e le prime reazioni ci sono sembrate positive e, quindi, ci sono tutti i presupposti per continuare”.
“L’iniziativa del Consorzio Tutela Vini d’Acqui è visionaria” ha affermato Giulio Somma, direttore del Corriere Vinicolo, intervenuto all’incontro “l’idea di creare un osservatorio delle Bollicine Rosa del Vino in Italia è una proposta innovativa che spicca nel contesto campanilistico e frammentato delle docg italiane. Abbiamo l’occasione di far riscoprire il valore delle diversità, che abbiamo finora vissuto spesso come una debolezza”.
“Quel 5% di consumo di bollicine rosé nel mondo può ancora sembrare poco” è il parere di Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc “ma non irrilevante. D’altronde basta andare a vedere le vetrine delle enoteche Usa che negli ultimi anni si sono riempite, prima di vino rosato, e a seguire di Champagne rosé. Questo ci dice che sta succedendo qualcosa di nuovo e in questo qualcosa l’Italia è presente. Presente prima di tutto con il Prosecco che, nonostante le tante critiche ricevute, sembra aver avuto ragione a portare avanti questa scommessa. E poi è presente con la proposta dell’Acqui Docg Rosé: un progetto coraggioso e di qualità, che ora va caratterizzato e raccontato correttamente”. A partire anche da un osservatorio di settore che sappia dare i giusti input ad una strada tutta da percorrere.
a cura di Loredana Sottile
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri dell’1 ottobre 2020
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